Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 254 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 10/01/2017, (ud. 02/11/2016, dep.10/01/2017),  n. 254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21198/2013 proposto da:

D.A., (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato VITO PASSALACQUA, giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS) in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 492/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/11/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato VINCENZO RAGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- D.A., con atto di citazione notificato il 30 agosto 2004, convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Palermo, il Ministero della salute, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti al contagio con il virus HCV patito a seguito di una trasfusione con sangue infetto eseguita nel corso di un intervento chirurgico del (OMISSIS).

Si costituì in giudizio il Ministero della salute eccependo la prescrizione del diritto e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.

All’esito dell’istruttoria, il Tribunale accolse la domanda e condannò il Ministero della salute al pagamento della somma di Euro 120.913,719.

2.- La pronuncia è stata appellata dal Ministero della salute e la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 18 marzo 2013, in totale riforma di quella di primo grado, ha accolto l’appello ed ha rigettato integralmente la domanda risarcitoria, con compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che l’appellata, a seguito degli accertamenti eseguiti nel (OMISSIS) e della terapia praticata nel (OMISSIS), si era trovata “agevolmente nelle condizioni, adoperando l’ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche negli anni 1991-1992, di percepire la riconducibilità della patologia riscontrata alle emotrasfusioni alle quali si era sottoposta”. Perciò, ha considerato decorrente il termine di prescrizione quinquennale dal 1992 ed, accogliendo la corrispondente eccezione del Ministero appellante, ha reputato prescritto il diritto al risarcimento del danno al momento di presentazione della domanda giudiziale, senza che assumessero rilevanza pretesi atti interruttivi compiuti nel 2001.

3.- Contro la sentenza D.A. propone ricorso affidato a due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della salute.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2947 c.c..

Rileva la ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui ha ritenuto che il termine di prescrizione è iniziato a decorrere quando la danneggiata ha avuto la diagnosi della malattia ed ha iniziato le cure. Richiama, a sostegno del motivo, la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte dell’11 gennaio 2008, n. 581, nonchè le sentenze successive, sostenendo che vi si troverebbe l’affermazione secondo la quale il momento in cui la malattia viene percepita o può essere percepita quale danno ingiusto conseguente alle trasfusioni effettuate in passato coinciderebbe con la richiesta di indennizzo.

1.1.- Col secondo motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Si sostiene la contraddittorietà della motivazione, perchè la Corte territoriale, dopo aver condiviso la giurisprudenza secondo cui la decorrenza della prescrizione non coinciderebbe col momento nel quale la malattia si manifesta all’esterno, avrebbe contraddittoriamente affermato il contrario, individuando il dies a quo proprio nel momento in cui l’infezione era stata diagnosticata alla ricorrente. Si sostiene, inoltre, l’insufficienza della motivazione perchè la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che la ricorrente ha presentato in ritardo la domanda di indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992, a dimostrazione del fatto che non aveva avuto la consapevolezza della derivazione causale dell’infezione dalla trasfusione effettuata in passato.

2.- I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, non meritano di essere accolti.

La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto infezioni da virus HBV, HIV e HCV a causa di emotrasfusioni con sangue o emoderivati infetti è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.

E’ vero che, così come afferma la ricorrente, in diverse sentenze si è affermato che al fine di cui sopra la decorrenza è coincidente con la proposizione della relativa domanda amministrativa (Sezioni Unite, sentenza 11 gennaio 2008, n. 576 e numerose altre successive). Tuttavia, si è più volte precisato che la data della presentazione della domanda in via amministrativa assume la funzione discriminante in relazione al risarcimento dei danni patiti dalla vittima, in contrapposizione al responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, cui non può essere attribuita valenza di riconoscimento del diritto.

Ed invero, l’orientamento di cui sopra si completa con l’affermazione che, ai fini della configurazione dell’exordium praescriptionis, il termine di presentazione della domanda di indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992, è quello ultimo e più favorevole per il danneggiato, essendo evidente che, a quella data, si è conseguito un apprezzabile grado di consapevolezza (non essendo richiesta la certezza) sugli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria configurabile; però, la personalizzazione degli accertamenti di fatto sulla consapevolezza del danneggiato, già oggetto della citata giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, ben può rilevare in peius per il danneggiato, ove sia positivamente provato che egli abbia avuto od avrebbe potuto avere, usando l’ordinaria diligenza, consapevolezza del danno, del nesso causale con l’emotrasfusione e della colpa della controparte anche in tempo anteriore (cfr., tra le altre, alle cui motivazioni può qui bastare un mero richiamo: Cass. 14 giugno 2013, n. 14932; Cass. 30 agosto 2013, n. 19997; Cass. 22 gennaio 2014, n. 1228; Cass., ord. 25 febbraio 2014, n. 4503; Cass. 9 giugno 2014, n. 12927; Cass. 25 giugno 2014, n. 14378; Cass. 30 luglio 2014, n. 17403; Cass. 19 dicembre 2014, nn. 26917, 26918, 26919, 26920, 26922, 26923 e 26924).

2.1.- La Corte d’appello di Palermo si è attenuta ai principi di cui sopra, sicchè il primo motivo è infondato e va rigettato.

Quanto al secondo motivo, è sufficiente rilevare che la Corte ha svolto un accurato accertamento in punto di fatto, tenendo conto di tutti i dati riportati alla pagina 4 della sentenza (in sè, nemmeno contestati dalla ricorrente). La conseguenza che ne ha tratto circa l’idoneità dei medesimi fatti a rendere edotta la danneggiata del nesso di causalità tra l’infezione e la trasfusione è ben motivata. La motivazione non è per nulla contraddittoria, sol che si consideri che, alla stregua dell’oramai consolidato orientamento giurisprudenziale di cui sopra, non è certo necessaria la prova della conoscenza effettiva della derivazione causale della malattia dalle trasfusioni di sangue infetto, essendo sufficiente la prova della conoscibilità, adoperando l’ordinaria diligenza e tenuto conto delle conoscenze scientifiche negli anni di riferimento (nel caso di specie, 1991-1992).

2.2. – Ogni altra censura, ed in specie quella di insufficienza della motivazione, è inammissibile, poichè relativa al controllo da effettuarsi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il testo della norma è stato sostituito con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

A norma dell’art. 54, comma 3, del medesimo decreto, questa disposizione si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del predetto decreto (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11 agosto 2012): quindi si applica alla sentenza impugnata, che è stata pubblicata il 18 marzo 2013.

La ricorrente avrebbe potuto denunziare soltanto l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, ovvero la mancanza assoluta di motivazione, senza che rilevi l’insufficienza di questa nè la mancata od incompleta considerazione di elementi di prova (cfr. Cass. S.U. n. 8053/14)

Nella sentenza impugnata la motivazione non è mancante nè apparente e l’iter logico giuridico seguito dal giudice per pervenire alle conclusioni di cui sopra è corretto.

Il ricorso va perciò rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Avuto riguardo al fatto che il ricorso è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nell’importo complessivo di Euro 3.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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