Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 254 del 08/01/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 254 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al r.g. 28364/06, proposto da:

– Giovanni D’AMATO (
rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Maiello e con il medesimo elettivamente
domiciliato in Roma, via Della Giuliana. n. 85, presso lo studio dell’avv. Marco
Piancatelli, in forza di procura a margine del ricorso per cassazione
– ricorrente –

contro

– Comune di Napoli
in persona del Sindaco pro tempore orde Rosa lervohno Russo; rappresentato e difeso
dall’avv. I ‘Aloardo Barone e con il medesimo elettivamente domiciliato in Roma, via A.
Catalani n. 26, presso lo studio dell’avv. Knrico D’Annibale, giusta procura in calce al
controricorso

contro

&o/Tenie —

nonché nei confronti di

Presidenza del Consiglio dei Ministri; Consorzio EDILPARTENOPE

CeS— »

Data pubblicazione: 08/01/2013

avverso la sentenza n. 2294/2005 della Corte di Appello di Napoli, pubblicata il
13 luglio 2005
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 23/10/2012 dal

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Giovanni D’Amato convenne innanzi al Tribunale di Napoli il Comune di tale città
esponendo di esser stato nominato membro di una commissione giudicatrice delle
offerte formulate dalle imprese ammesse alla gara per l’affidamento in concessione dei
lavori di costruzione di edifici scolastici e che, approvato l’operato di detta convenzione,
era stato liquidato un compenso di lire 200.000 per seduta, ben al di sotto di ogni tariffa
professionale; dal momento che esso attore non disponeva di alcun’azione contrattuale
per far valere il proprio diritto ad un compenso adeguato — mancando delibere di
affidamento dell’incarico- instò affinchè Fosse determinata l’indennità di spettanza, in
relazione all’ingiustificato arricchimento che la propria opera aveva recato all’ente
territoriale, con riferimento ad una specifica circolare della ex Cassa per il Mezzogiorno.
Il Comune, nel costituirsi, eccepì la propria carenza di legittimazione che invece sarebbe
stata del Sindaco in qualità di Commissario Straordinario delegato dal Consiglio dei
Ministri; eccepì di essere comunque estraneo alla lite in quanto, con apposita delibera,
l’amministrazione comunale si era riservata di stabilire i criteri per la liquidazione dei
compensi dovuti ai membri delle Commissioni, ponendo il relativo onere a carico del
soggetto aggiudicatario dei lavori — il Consorzio Edilpartenope-. L’ente territoriale
contestò altresì la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina
dell’ingiustificato arricchimento e la misura delle somme richieste. Integrato il
contraddittorio con la Presidenza del Consiglio e con il Consorzio ( che non si costituì),
»tom-A-eiw-r-c

2-

Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

l’adito Tribunale

dichiarò la carenza di legittimazione dei due chiamati in causa e

l’inammissibilità della domanda nei confronti del Comune.

I,a Corte di Appello di Napoli, pronunziando sentenza n. 2294/2005 , respinse
l’impugnazione del D’Amato, ritenendo non ricorrente l’estremo della sussidiarietà della

sarebbe stato applicabile l’art. 23, IV comma, legge n. 144/1989 che consentiva al
creditore verso l’amministrazione pubblica — le cui richieste di pagamento per
prestazioni d’opera non potessero essere riconosciute in mancanza di copertura
finanziaria- di soddisfare le proprie pretese direttamente nei confronti del funzionari()
che aveva conferito l’incarico, rispetto al quale veniva operata una scissione del
rapporto di immedesimazione organica con la Pubblica Amministrazione e una
novazione soggettiva del contratto di mandato professionale intercorso tra il membro
della Commissione ed il Comune.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il D’Amato sulla base di tre
motivi; il Comune di Napoli ha resistito con controricorso, le altre parti non hanno
svolto difese

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denunzia l’omessa motivazione sul punto-

decisivo per la soluzione della controversia- della incidenza della mancanza di un
preventivo impegno di spesa, censurando l’omesso esame del motivo di impugnazione
con il quale erano stati richiamati i documenti dai quali si doveva trarre il
convincimento della sussistenza di tale adempimento contabile: in particolare si sarebbe
tralasciato di valutare la delibera di giunta del 9 maggio 1989 — poi trasfusa nella
convenzione tipo sottoscritta dai membri della Commissione e debitamente ratificata
dal Ragioniere Generale del Comune di Napoli- in forza della quale i compensi dei quali
si discute avrebbero fatto carico all’impresa aggiudicatrice.

—3

proposta azione ex art. 2041 cod. civ. , atteso che, ratione temporis , alla fattispecie

ta II motivo non è ammissibile in quanto non esamina la ratio decidendi posta a base del
rigetto dell’analogo motivo esposto in appello: con esso la Corte territoriale aveva
giudicato che la traslazione dell’onere di pagare il compenso a carico dell’impresa
aggiudicataria non potesse equipararsi ad una previsione di copertura di spese da parte

la correttezza di tale argomentazione in quanto è lo stesso ricorrente che, mettendo in
evidenza, sin dalla citazione introduttiva, l’impossibilità di agire direttamente contro il
Comune preponente, aveva con ciò ammesso che i due ordini di impegni — quello)
dell’ente territoriale verso i componenti la Commissione e quello dell’aggiudicatrice
verso il Comune — non potessero) essere messi sullo stesso piano al fine di ritener
soddisfatta l’obbligazione — propria — del Comune nei confronti dei professionisti
designati a far parte delle Commissioni.

ta.b — Da ciò discende l’erroneità dell’assunto che, così operando, pur sempre un
impegno di spesa sarebbe stato adottato: invero la norma in esame parte dall’intento
di moralizzare la spesa pubblica e quindi dispone che si possa commettere a terzi
l’esecuzione di opere o servizi solo se vi sia una copertura di spesa vale a dire, in
termini contabili, che sussistano i fondi per farvi fronte: nel caso che ne occupa traslare
a carico dell’impresa aggiudicatrice l’obbligo di pagamento) diretto non significava
consentire un’azione diretta verso l’ente territoriale da parte dei titolari di un credito per
prestazioni in favore. del Comune: seguendo la tesi esposta nel ricorso — e. prima ancora:
nell’appello- non vi sarebbero limiti di bilancio nell’assunzione di una spesa sol che si
avesse l’accortezza di imputarne l’onere, unilateralmente ( rispetto al creditore dell’ente
pubblico), a carico di terzi.

2 – Con secondo motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione delle norme
sulla figura del prestatore de’opera intellettuale — art. 2230 e segg. cod. eiv.- nonché un
vizio del ragionamento) giudiziale — lamentandone la lacunosità e la contraddittorietà del

– 4 –

dell’amministrazione comunale a’ sensi dell’art. 23, III comma, L. 144/1989 : va ribadita

suo svolgimento) argomentativo- laddove la Corte distrettuale avrebbe ricondotto
nell’ambito di un

/211/1111,5″

pubblico l’attività dei membri delle commissioni.

2.a — Tale mezzo deve dirsi assorbito dal rigetto del motivo che precede in quanto,
partendo dal presupposto) che negava la sussistenza di un impegno di spesa diretto in

l’obbligatorietà dell’impegno dell’ente territoriale potesse dipendere dal fatto che
l’attività clel membro delle Commissioni fosse o meno inquadrabile nell’ambito del
munfis pubblico
3 — Con il terzo motivo viene fatta valere la violazione e falsa applicazione del disposto
dei commi 111 e TV dell’art. 23 dl. n. 66/1989, ritenendo nella fattispecie non
individuabile una manifestazione di volontà, di natura nego.)ziale, da parte di alcun
funzionario o amministratore del Comune di Napoli che potesse aver dati) luogo
all’affidamento dell’incarico: il mezzo è però proposto per la prima volta in sede di
legittimità e quindi va dichiarato inammissibile.
4. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in forza dei nuovi criteri indicati
nel D.M. 140/2012

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità liquidandole in f’, 4.200,00 di cui f, 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese
generali
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2012, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

favore del creditore dell’amministrazione locale, veniva meno la rilevanza che

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