Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25395 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/10/2017, (ud. 26/09/2017, dep.25/10/2017),  n. 25395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27946-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORTIGARA 3,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE AURELI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANNA RITA DANZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1784/8/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 14/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/09/2017 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 1784/8/2014, depositata il 14 ottobre 2014, non notificata, la CTR dell’Emilia – Romagna dichiarò inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. V.A. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Ravenna, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per l’anno 2003 per IRPEF conseguente ad accertamento di maggiori redditi non dichiarati da società di persone, la V.P.M. Meccanica S.n.c., della quale il V. era stato socio e legale rappresentante sino al momento in cui la stessa società si era trasformata in impresa individuale, facente capo allo stesso V..

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il contribuente resiste con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la sentenza impugnata dichiarato l’appello proposto inammissibile, avendo ritenuto indeterminati l’oggetto dell’appello e le conclusioni del medesimo, avendo, secondo la CTR, l’appellante prospettato una qualsiasi decisione da parte del collegio.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ancora nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14e 29 e dell’art. 101 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del contraddittorio, non essendo stato integro il litisconsorzio necessario tra società di persone e soci della medesima in relazione ad accertamento derivante da quello espletato nei confronti della società, essendo stati determinati di conseguenza i maggiori redditi dei soci in ragione del disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, comma 1.

Entrambi i motivi sono manifestamente fondati.

Premesso che la verifica dell’integrità o meno del litisconsorzio necessario sul piano sostanziale avrebbe dovuto essere esaminata con priorità dal giudice d’appello, il primo motivo con il quale l’Amministrazione ricorrente ha censurato la pronuncia impugnata trova conforto nella consolidata giurisprudenza della Corte, secondo la quale, “nel processo tributario, ove l’amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legttimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere dell’impugnazione specifica (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 22 marzo 2017, n. 7369; Cass. sez. 6-5, 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass. sez. 5, 29 febbraio 2012, n. 3064).

Ciò, come comprovato dalla ricorrente nel trascrivere il contenuto del ricorso in appello in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, è quanto è avvenuto con riferimento al ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia di primo grado.

Ugualmente è manifestamente fondato il secondo motivo.

Dato atto preliminarmente che non è stata possibile la riunione dinanzi a questa Corte al presente giudizio di quello recante il n. RG 27657/15, in quanto già deciso da Cass. sez, 6-5, ord. 14 febbraio 2017, n. 3955, avente ad oggetto l’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sentenza ad essa sfavorevole resa dalla CTR dell’Emilia – Romagna nel giudizio originato dal ricorso proposto dal V. nella qualità di legale rappresentante pro – tempore avverso l’avviso di accertamento notificato alla società per lo stesso anno d’imposta, la sentenza impugnata è nulla, perchè resa in violazione del litisconsorzio necessario tra la società ed i soci, secondo quanto chiarito da Cass. sez. unite 4 giugno 2008, n. 14815 e successiva giurisprudenza conforme: tra le molte si vedano Cass. sez. 5, 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass. sez. 6-5, ord. 28 novembre 2014, n. 25300).

L’integrità del litisconsorzio richiedeva, infatti, che il processo si fosse svolto simultaneamente nei confronti della società e dei soci, oltre al V. stesso in proprio, la sig.ra P.M., titolare della quota del 25%, essendo la controversia, pur originata dalle separate impugnazioni, sostanzialmente una.

La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio al giudice di primo grado (CTP di Bologna).

Stante l’avvenuta cancellazione, nelle more, della società, nel relativo giudizio, a seguito di riassunzione, il contraddittorio dovrà essere instaurato tra il fisco e gli ex soci.

Avuto riguardo alla natura della presente decisione, possono essere compensate le spese dell’intero giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Bologna.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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