Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25391 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 11/11/2020), n.25391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26264-2016 proposto da:

T.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BASENTO 37,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO PIZZUTI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

CLASS EDITORI S.P.A., MILANO FINANZA EDITORI S.P.A., in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

PAGNOTTA, che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati

CESARE POZZOLI, ANGELO GIUSEPPE CHIELLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7794/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/11/2015 R.G.N. 631/2012.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

T.R. proponeva appello avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva respinto la domanda da lei proposta nei confronti di Class Editori s.p.a. e di Milano Finanza Editori s.p.a. per sentirle condannare in solido al pagamento in suo favore della complessiva somma di Euro 5.741,69 a titolo di differenze retributive per il rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti dal’1.8.05 al 31.7.06, stante la simulazione del contratto di tirocinio stipulato tra le parti.

La ricorrente aveva eccepito la nullità del detto contratto di tirocinio, in ragione della difformità tra quanto indicato nel progetto formativo afferente il tirocinio e l’attività effettivamente svolta, e sostenuto la natura subordinata del rapporto, alla stregua delle concrete modalità con le quali si era svolto.

Il Tribunale evidenziava che la ricorrente era stata impegnata in uno Stage presso la società Milano Finanza in attuazione di una convenzione di tirocinio stipulata con l’università La Sapienza di Roma; che dalla prova era emersa la piena corrispondenza tra il detto tirocinio e l’attività svolta che comunque non aveva i caratteri della subordinazione.

L’appellante ha censurato l’omessa pronuncia sulla nullità del contratto di tirocinio per errata individuazione del progetto formativo.

Resistevano le società.

Con sentenza depositata il 9.11.15, la Corte d’appello di Roma respingeva il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la T., affidato ad unico motivo, cui resiste la Class Editori s.p.a. con controricorso, mentre la Milano Finanza Editori è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

La ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. e della L. n. 196 del 1997, art. 18 per avere la Corte di merito negato la subordinazione del rapporto di lavoro de quo sulla base di una inesatta ricognizione della fattispecie astratta recata dalla detta norma codicistica.

Il motivo è inammissibile.

Deve infatti premettersi che nella fattispecie non si tratta di contratto di fornitura lavoro e che dunque risulta inapplicabile la L. n. 196 del 1997, art. 10 che prevede l’eventuale conversione del contratto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sia in base alla L. n. 1369 del 1960 sia in base all’art. 1344 c.c.; che nella specie è stato accertato trattarsi di un tirocinio formativo ai sensi della L. n. 196 del 1997, art. 18 che non contiene specifica sanzione di conversione; che pertanto essa potrebbe solo conseguire all’accertamento, nel caso di specie esclusa dalla Corte di merito, dell’effettivo atteggiarsi del rapporto di lavoro come subordinato, in base delle prove fornite ed in generale dalle risultanze istruttorie; che la sentenza impugnata ciò ha escluso sulla base delle stesse emergenze istruttorie.

Occorre allora rimarcare che (cfr. di recente Cass.n. 13798/17, Cass. n. 21455/17) in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione (id est: del processo di sussunzione), sicchè quest’ultimo, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata (ipotesi non ricorrente nella fattispecie); al contrario, il sindacato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (oggetto della recente riformulazione interpretata quale riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione: Cass. sez.un. 7 aprile 2014, n. 8053), coinvolge un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti (ipotesi ricorrente nel caso in esame). Ne consegue che mentre la sussunzione del fatto incontroverso nell’ipotesi normativa è soggetta al controllo di legittimità, l’accertamento del fatto controverso e la sua valutazione (rimessi all’apprezzamento del giudice di merito: quanto alla proporzionalità della sanzione cfr. Cass. n. 8293/12, Cass. n. 144/08, Cass. n. 21965/07, Cass. n. 24349/06; quanto alla gravità dell’inadempimento, cfr. Cass. n. 1788/11, Cass. n. 7948/11) ineriscono ad un vizio motivo, pur qualificata la censura come violazione di norme di diritto, vizio limitato al generale controllo motivazionale (quanto alle sentenze impugnate depositate prima dell’11.9.12) e successivamente all’omesso esame di un fatto storico decisivo, in base al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Deve allora evidenziarsi che “..Il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 introduce nell’ordinamento un nuovo e diverso vizio specifico (non essendo più consentita la censura di insufficiente o contraddittoria motivazione, cfr. Cass. sez.un. 14477/15) che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e, la “decisività” del fatto stesso” (Cass. sez.un. 22 settembre 2014 n. 19881). Cfr. da ultimo Cass. ord. n. 27415 del 29/10/2018.

Ed ancora questa Corte ha esattamente affermato che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, come dedotto in ricorso (pagg. 12 e segg.), cfr. Cass. n. 195/16, Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in favore della Class Editori s.p.a., essendo la Milano Finanza Editori rimasta intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore della Class Editori s.p.a., che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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