Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25389 del 12/12/2016
Cassazione civile sez. VI, 12/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep. 12/12/2016), n.25389
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9585/2015 proposto da:
C.N., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIOVANNI DE DONNO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in
persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI ed EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4187/2014 del TRIBUNALE di LECCE, emessa
l’8/40/2014 e depositata il 08/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
19/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Emanuela Capannolo, per il controricorrente, che si
riporta agli scritti.
Fatto
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
C.N. ha chiesto la cassazione della sentenza del Tribunale di Lecce che, esclusa la sussistenza dei requisiti sanitari per il riconoscimento della chiesta indennità di accompagnamento, aveva posto a carico della ricorrente le spese relative alla fase di accertamento tecnico preventivo e della successiva fase di opposizione che regolava secondo il principio della soccombenza avendo verificato che la dichiarazione sostitutiva resa non era idonea a consentire l’esonero ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., stante il generico riferimento al proprio reddito piuttosto che agli specifici redditi dei componenti della famiglia del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 76.
Ritiene la ricorrente che per tale aspetto la decisione sia viziata per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. n. 326 del 2003 e dell’art. 152 disp. att. c.p.c..
L’Inps ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
Il ricorso è manifestamente fondato.
In tema di esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei giudizi per prestazioni previdenziali ed in base all’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo risultante dopo la modifica apportata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326) – secondo il quale “L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente” – l’onere autocertificativo imposto alla parte ricorrente deve essere assolto con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, e l’adempimento di tale onere esplica efficacia anche nelle fasi successive, valendo, fino all’esito definitivo del processo, l’impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti.
L’interpretazione letterale e logico-finalistica della norma rende evidente che il legislatore non ha voluto prevedere alcuna rigida formula per il soddisfacimento del suddetto onere e soprattutto che si è limitato a subordinare l’esenzione esclusivamente alla tempestiva presentazione della dichiarazione suindicata, senza prevedere che, nell’ambito della dichiarazione stessa, debba essere contenuto anche l’impegno a comunicare le variazioni reddituali rilevanti.
Di ciò si trova ulteriore conferma nel fatto che il rinvio al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, è limitato ai commi 2 e 3 di tale articolo e non riguarda, quindi, il comma 1 ove – ai fini ivi previsti, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – è specificamente indicato il contenuto dell’istanza, stabilito a pena di inammissibilità e comprendente anche l’impegno ad effettuare la comunicazione delle variazioni reddituali rilevanti (peraltro, per una interpretazione non formalistica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, vedi, mutatis mutandis: Corte costituzionale, ordinanza n. 144 del 2004).
E’ questo un ulteriore sintomo della permanenza della originaria ratio di favorire la tutela di diritti costituzionalmente garantiti (come quelli che normalmente si fanno valere nelle controversie previdenziali o assistenziali): la nuova normativa, pur essendo diretta ad evitare e punire più efficacemente gli abusi, tuttavia, avuto riguardo anche ai peculiari connotati pubblicistici che caratterizzano le controversie in argomento, non impone all’interessalo di formulare la dichiarazione sostitutiva di certificazione in oggetto secondo uno schema rigido e predeterminato per legge, così come non gli richiede di rinnovare la suddetta dichiarazione in rutti i diversi gradi del processo: è sufficiente adempiere l’onere autocertificativo con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado salvo restando comunque, fino all’esito definitivo del processo, l’impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti (Cass. 12 maggio 2009 n. 10875; Cass. 21 luglio 2010. n. 17197).
Resta, ovviamente, salva l’applicabilità delle sanzioni penali indicate nel D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 76, ed – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 3, il giudice procedente può sempre richiedere all’interessato – a pena della inammissibilità dell’istanza – di produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto indicato.
Poichè al ricorso ex art. 445 bis c.p.c. e poi al ricorso in opposizione successivo è stata allegata dichiarazione sottoscritta dalla ricorrente di aver percepito nell’anno precedente l’introduzione del giudizio un reddito compatibile con l’esonero dal pagamento delle spese ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, è errata la decisione della Corte di appello che ha ritenuto insussistenti le condizioni per tenere il ricorrente soccombente indenne dall’obbligo di rifonderle.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata con decisione nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto e dichiarazione di non ripetibilità delle spese del giudizio ex artt. 445 bis e ter c.p.c..
Le spese del giudizio di legittimità vanno regolate secondo il criterio della soccombenza e poste a carico dell’Inps sono liquidate nella misura indicata in dispositivo e distratte in favore dell’avvocato che se ne è dichiarato antistatario.
P.Q.M.
La Corte,accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito dichiara non ripetibili le spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo e del giudizio di opposizione.
Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 350,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie ed accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016