Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25386 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 11/11/2020), n.25386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4440-2018 proposto da:

SERVIZI AUSILIARI SICILIA società consortile per azioni, in persona

del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MASSIMILIANO MARINELLI;

– ricorrente –

contro

G.S., e D.F.G., domiciliati in ROMA presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato ANTONINO MARIA CREMONA;

– controricorrenti –

e contro

BIOSPHERA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 616/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 26/07/2017 R.G.N. 852/2015.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. D.F.G. e G.S. chiesero al Tribunale di Palermo di accertare la nullità delle clausole di apposizione del termine ai rapporti di lavoro intercorsi con Biosphera Spa (stipulati rispettivamente il 3.9.2007 ed il 20.6.2007) e, per l’effetto, dichiarare a tempo indeterminato sin dall’inizio i rapporti medesimi, nonchè, in forza della cessione di azienda intervenuta tra detta società e la Servizi Ausiliari Sicilia S.c.p.a. (d’ora in avanti, per brevità, SAS), attuato il loro passaggio alle dipendenze di quest’ultima ex art. 2112 c.c., con conseguente diritto alla riassunzione ed al pagamento dell’indennizzo previsto dalla L. n. 183 del 2010, art. 32;

2. la Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 26 luglio 2017, in riforma della pronuncia di primo grado che aveva accolto l’eccezione preliminare della società di risoluzione dei contratti per mutuo consenso, ha dichiarato a tempo indeterminato i rapporti di lavoro tra le parti, con diritto dei lavoratori ad essere riammessi in servizio presso la cessionaria d’azienda e condanna della medesima al pagamento di una indennità commisurata a quattro mensilità, oltre alle retribuzioni successive alla pronuncia;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la SAS con cinque motivi; G. e D.F. hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria; non ha svolto attività difensiva Biosphera Spa in liquidazione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia “nullità della sentenza per omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, lamentando che la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sull’eccezione preliminare, sollevata dalla società in primo grado e riproposta in appello, circa il fatto che le lettere di impugnativa dei contratti a termine indirizzate alla cessionaria Biosphera non recassero la prova dell’avvenuta ricezione, con conseguente intervenuta decadenza;

2. la doglianza non può trovare accoglimento perchè la sentenza impugnata ha espressamente affermato che “deve escludersi che i lavoratori fossero incorsi nell’eccepita decadenza, in quanto hanno impugnato i contratti a termine con istanze trasmesse a Biosphera il 29.2.2012 e successivamente hanno depositato 3.8.2012 (v. documenti in atti)”, pertanto, la Corte territoriale, quanto pronunciata sulla fattispecie integrativa infondata l’eccezione della società, anche esaminando i documenti depositati, con un accertamento di fatto in ordine alla prova della ricezione dell’impugnativa stragiudiziale da parte della cedente che non può essere sindacato in questa sede di legittimità;

3. con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis conv. nella L. n. 133 del 2008 introdotto dal D.L. n. 78 del 2009, art. 19 conv. nella L. n. 102 del 2009, in combinato disposto con la L. n. 183 del 2010, art. 32 per avere la Corte territoriale ritenuto non sussistente il divieto di assunzione previsto dalla norma in esame e comunque non applicabile lo stesso al caso in esame, nonostante la natura costitutiva e non dichiarativa della sentenza chiesta dai ricorrenti;

4. il motivo è infondato non essendo la norma applicabile nella fattispecie in esame, ratione temporis, trattandosi di costituzione del rapporto a tempo indeterminato in epoca anteriore alla entrata in vigore della norma stessa (v., tra le altre, Cass. n. 5990 del 2019, Cass. n. 13480 del 2018, Cass. n. 14521 del 2018) ed essendo stato oramai sancito l’effetto dichiarativo ex tunc della conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato operata a decorrere dalla illegittima stipulazione del contratto a termine, anche in seguito all’interpretazione autentica fornita dalla L. n. 92 del 2012, alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 (Cass. n. 8385 del 2019);

5. con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2112 c.c. e dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto la sussistenza di un trasferimento d’azienda, in caso di assunzione della maggior parte del personale assunto dal precedente appaltatore, senza che vi fosse la prova che l’attività aveva come elemento distintivo il personale impiegato;

con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 29, comma 3 e della L.R. n. 11 del 2010, art. 20 per non avere la Corte territoriale ritenuto che l’assunzione di personale, sulla base di una clausola sociale di salvaguardia dell’occupazione, escludesse l’applicazione dell’art. 2112 c.c.;

6. i motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto criticano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza di un trasferimento d’azienda, sono infondati perchè la gravata pronuncia è conforme ai principi di diritto enunciati in sede di legittimità (cfr. Cass. nn. 24803 e 24804 del 2Q15; Cass. n. 6693 del 2016) in fattispecie analoghe in fatto a quella in esame, principi a cui questa Corte ha dato ampio seguito (tra le recenti v. Cass. n. 1991 e 5990 del 2019);

in particolare, con le citate decisioni, si è affermato che tra la Multiservizi S.p.A. e la SAS è avvenuto un trasferimento di azienda, avendo la seconda società adoperato la quasi totalità della forza lavoro in precedenza addetta alla medesima attività e dipendente dalla Multiservizi stessa e che non ostava la circostanza che il fenomeno traslativo avesse riguardato soltanto il personale perchè la giurisprudenza comunitaria aveva configurato come entità economica organizzata anche il “complesso organizzato di lavoratori subordinati specificamente adibiti all’espletamento di un compito comune”; tali statuizioni hanno ricevuto un recente avallo sempre dalla giurisprudenza Euro-unitaria (da ultimo sent. 11.7.2018 nella causa C- 60/2017) la quale ha precisato che: una entità economica può essere in g., in determinati settori, di operare senza elementi patrimoniali materiali o immateriali significativi, di modo che la conservazione dell’identità di una unità di questo tipo, al termine dell’operazione di cui essa è oggetto non può, per ipotesi, dipendere dalla cessione di tali elementi; b) in determinati settori in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla manodopera, un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune può corrispondere ad un’entità economica che può conservare la sua identità anche dopo il suo trasferimento qualora il nuovo titolare non si limiti a proseguire l’attività stessa, ma riassuma anche una parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale specificamente destinato dal predecessore in tali compiti; in siffatta ipotesi il nuovo imprenditore acquisisce infatti l’insieme organizzato di elementi che gli consentirà il proseguimento in forma stabile delle attività o di talune attività dell’impresa cedente (punto 34); c) tale ipotesi di subentro tra imprese rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/23 concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, stabilimenti o di parti di stabilimento;

nei richiamati precedenti di legittimità, si è precisato, inoltre, con riguardo alle altre doglianze del tutto sovrapponibili a quelle oggetto del presente esame, che non si ravvisava, altresì, alcuna violazione dell’onere della prova perchè la Corte di merito, accertata la sussistenza di un trasferimento di una attività economica organizzata, come dedotto dalla lavoratrice, aveva (e, come nel caso che ci occupa, ha) ritenuto in sostanza infondati gli elementi contrari prospettati dalla società;

si è sottolineato, infine, che non sussisteva la dedotta violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3 nella formulazione all’epoca vigente per due ragioni: a) in primo luogo perchè, anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, se vi è un passaggio di una attività economica organizzata tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa, può configurarsi un trasferimento di azienda dovendo, in tal caso, interpretarsi il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 non in contrasto con la citata direttiva; b) in secondo luogo perchè, nella fattispecie in esame (ove la convenzione quadro per l’affidamento dei servizi ausiliari della Regione Siciliana alla Servizi Ausiliari Sicilia è del 14.9.2012), comunque trovava applicazione la Legge Speciale Regionale n. 11 del 2010 (che all’art. 20 ha previsto espressamente il trasferimento del personale delle società dismesse nelle società risultanti alla fine del processo di riordino), cui correttamente è stato attribuito dalla Corte territoriale valore programmatico e non precettivo e che non può interpretarsi nel senso di avere imposto autoritariamente la successione, nei vari appalti, da una società ad un’altra;

ancora più di recente si è ribadito (Cass. n. 2315 del 2020) che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3, – nella formulazione secondo cui “L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda” – non esclude il trasferimento d’azienda, in caso di successione nell’appalto, laddove l’impresa subentrante assuma il personale dell’impresa cessante in forza di obblighi derivanti da clausole sociali contenute nella contrattazione collettiva; invero la norma citata “va intesa nel senso che la mera assunzione, da parte del subentrante nell’appalto, non integra di per sè trasferimento d’azienda ove non si accompagni alla cessione dell’azienda o di un suo ramo autonomo”, per cui “se in un determinato appalto di servizi un imprenditore subentra ad un altro e nel contempo ne acquisisce il personale e i beni strumentali organizzati (cioè l’azienda), la fattispecie non può che essere disciplinata dall’art. 2112 c.c. (pena un’ingiustificata aporia nell’ordinamento)”; tanto rende la disposizione citata “coerente con l’art. 2112 c.c…. e non contraddice la giurisprudenza in materia della CGUE, che reputa non contrastante con la normativa Euro-unitaria, ma non necessitata, l’estensione della tutela prevista per i trasferimenti d’azienda anche ai casi di successione d’un imprenditore ad un altro nell’appalto d’un servizio” (Cass. n. 24972 del 2016; successive conformi: Cass. n. 8922 del 2019; Cass. n. 21615 del 2019; in particolare, Cass. n. 27913 del 2019); peraltro, secondo taluni precedenti, nei settori in cui l’attività si fonda essenzialmente sulla mano d’opera anche un gruppo di lavoratori che assolva stabilmente un’attività comune può corrispondere ad un’entità economica, suscettibile di configurare un’ipotesi di trasferimento di ramo d’azienda (Cass. n. 12720 del 2017; Cass. n. 7121 del 2016; Cass. n. 5709 del 2009; Cass. n. 5932 del 2008; Cass. n. 10761 del 2002); in ogni caso, conformemente alla giurisprudenza comunitaria, non ha alcun rilievo per escludere l’applicabilità della direttiva 2001/23/CE la circostanza che la riassunzione del personale da parte dell’imprenditore subentrante avvenga in forza di un obbligo stabilito dalla contrattazione collettiva (CGUE, 11 luglio 2018, Somoza Hermo, punti 38 e 39; CGUE, 24 gennaio 2002, Temco, C-51/00, punto 27);

7. con il quinto motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 1 e 36 perchè, essendo la SAS sottoposta ad un forte ed incisivo potere di direzione, controllo e coordinamento da parte degli enti pubblici consorziati, la Corte di merito non avrebbe potuto applicare l’art. 2112 c.c. ma la disciplina delle citate disposizioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 in tema di indisponibilità a costituire rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione in ragione di provvedimenti giudiziari;

8. anche questo motivo è infondato per le ragioni già diffusamente esposte dai precedenti richiamati e che si sono pronunciati sulla stessa vicenda;

invero la Corte di merito, con accertamento di fatto qui non sindacabile, analizzate le disposizioni dello statuto della Servizi Ausiliari Sicilia ha escluso che la stessa fosse assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici e che, in sostanza, costituisse una longa manus della p.a.; per il resto la censura, benchè avanzata ex art. 360 c.p.c., n. 3, si risolve nella mera riproposizione di una diversa interpretazione e valutazione delle clausole dello statuto senza dedurre, peraltro, alcuna specifica violazione dei canoni ermeneutici;

9. conclusivamente il ricorso va rigettato, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo in favore dei lavoratori controricorrenti; nulla invece per quanto riguarda Biosphera Spa che non ha svolto alcuna attività difensiva;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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