Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25383 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25383

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24187-2009 proposto da:

E.T. SERVICE PICCOLA SOCIETA’ COOPERATIVA A.R.L., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio dell’avvocato BILOTTA ROBERTO,

rappresentata e difesa dagli avvocati LEPERA GIUSEPPE, LEPERA

FRANCESCO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.P., V.G., F.J., R.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TRIONFALE 7032,

presso lo studio dell’avvocato GOGGIAMANI DIMITRI, rappresentati e

difesi dall’avvocato FALVO FABRIZIO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 509/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/05/2009 R.G.N. 380/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato GOGGIAMANI DIMITRI per delega FALVO FABRIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per improcedibile in via

principale, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 2321/2007 il Giudice del lavoro del Tribunale di Cosenza in accoglimento della domanda proposta da V.G., F.J., R.A. e M.P. annullava il licenziamento loro intimato dalla E.T. Service Piccola Società Cooperativa a r.l., in data 22-9-2006 al primo ed in data 4-10-2006 agli altri, per giustificato motivo oggettivo connesso alla cessazione del contratto di appalto intercorso tra la stessa società e la Valle Crati s.p.a., e condannava la E.T. alla reintegrazione dei lavoratori ed al risarcimento del danno.

Il giudice osservava che il recesso datoriale non poteva sfuggire alla sanzione di illegittimità sia per la inconsistenza dell’assunto della società datrice di cessazione del servizio (concesso in sub appalto da Valle Crati s.p.a.) di raccolta rifiuti solidi urbani nel comune di Mendicino e sia perchè non era stata fornita dimostrazione, da parte della E.T. Service, della impossibilità di utilizzazione dei lavoratori nell’ambito di nuovi e futuri rapporti di sub appalto con Valle Crati s.p.a. ovvero, pur nel dichiarato intento di procedere ad una complessa riorganizzazione produttiva ed organizzativa dell’azienda con abbandono del settore dei servizi di igiene ambientale, in settore diverso tra quelli in cui si articolava l’attività della cooperativa.

La società convenuta proponeva appello deducendo che il primo giudice era pervenuto alla censurata decisione sulla scorta di un parziale, contraddittorio e incompleto esame della documentazione allegata (note provenienti dal Comune e da Valle Crati s.p.a. e verbali di accordi sindacali) e che non poteva esservi spazio per una eventuale protrazione del rapporto lavorativo per il venir meno, dal 1-1-2007, dello svolgimento di ogni attività nel settore dei servizi di igiene ambientale.

I lavoratori si costituivano resistendo al gravame.

La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 19-5- 2009, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

In sintesi, riguardo al V., la Corte territoriale rilevava che il licenziamento era stato intimato per “imminente cessazione del contratto di appalto con Valle Grati e determinazione di non pervenire alla rinnovazione, senza riferimento alla sospensione del “servizio di spazzamento nel territorio di (OMISSIS)” e che il rapporto di sub appalto con Valle Crati aveva durata fino al 31-12- 2006, per cui rimaneva priva di giustificazione la cessazione del rapporto di lavoro alla data del “prossimo 30 settembre 2006”.

Per quanto riguarda, poi, gli altri lavoratori la Corte di merito riteneva illegittimo il licenziamento per la mancata dimostrazione da parte della E.T. Service di non poter procedere ad una loro diversa utilizzazione nel contesto aziendale presso altri comuni o in altri settori di attività.

Per la cassazione di tale sentenza la E.T. Service Piccola Società Cooperativa a r.l. ha proposto ricorso con due motivi. I lavoratori hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 4 del ccnl Settore Igiene Ambientale e omessa motivazione, in sostanza deduce di aver fornito la prova della impossibilità di destinare i lavoratori licenziati presso gli altri comuni, “ove essa, in forza di differenti contratti di subappalto con Valle Crati, svolgeva, in tutto o in parte, il servizio di igiene ambientale poichè, in forza della citata normativa collettiva nazionale, presso ogni singolo comune avrebbe dovuto essere impiegato il personale che ivi aveva svolto quelle medesime mansioni alle dipendenze della impresa titolare in precedenza del servizio” e lamenta, pertanto, che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto illegittimo il licenziamento, omettendo, peraltro, in motivazione ogni considerazione al riguardo.

La ricorrente evidenzia, inoltre, che la citata norma collettiva era stata prodotta “in stralcio con la comparsa di costituzione nel fascicolo di primo grado” e formula quindi il relativo quesito di diritto e la sintesi in relazione al dedotto vizio di motivazione.

Peraltro, con riferimento al V., la ricorrente deduce che anch’egli era stato licenziato, come gli altri, con preavviso con la stessa decorrenza, di guisa che erroneamente è stato oggetto di esame separato, da parte della Corte di merito.

Il motivo non può essere accolto.

Per la quanto riguarda la censura relativa al V. osserva il Collegio che la stessa risulta inammissibile in quanto, non trovando riscontro alcuno sia nel quesito di diritto sia nella sintesi, risulta del tutto priva dei requisiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., che va applicato nella fattispecie ratione temporis.

Per il resto il motivo risulta improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non essendo stato depositato il contratto collettivo sul quale “si fonda”.

Come è stato precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nella parte in cui onera il ricorrente (principale od incidentale), a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti od accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda, va interpretato nel senso che, ove il ricorrente impugni, con ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c., comma 2 la sentenza che abbia deciso in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto od accordo collettivo nazionale, ovvero denunci, con ricorso ordinario, la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2), il deposito suddetto deve avere ad oggetto non solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto od accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale.” (v. Cass. S.U. 23-9-2010 n. 20075, v. anche da ultimo Cass. 15-10-2010 n. 21358).

Orbene, nella fattispecie, la ricorrente si è limitata a richiamare lo “stralcio” dell’art. 4 del ccnl di settore “prodotto con la comparsa di costituzione nel fascicolo di primo grado” e tanto basta per ritenere improcedibile la censura, anche sotto il profilo del dedotto vizio di motivazione, che può ritenersi attratto nella improcedibilità della denuncia di violazione della norma collettiva, essendo comunque “fondato” sulla interpretazione della stessa, che, del resto, costituisce il fondamento imprescindibile per poter valutare la decisività del “fatto” in relazione al quale la motivazione si assume omessa.

In ogni caso osserva il Collegio che, nella fattispecie, tale decisività risulterebbe comunque esclusa dal rilievo che la sentenza impugnata, alla luce della riorganizzazione aziendale emersa, ha evidenziato la mancata dimostrazione, da parte della società datoriale, della inutilizzabilità dei lavoratori licenziati nell’ambito di tutte le attività aziendali, e non soltanto dei servizi di igiene ambientale.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa motivazione deducendo che la Corte territoriale avrebbe ignorato il contenuto del verbale del 30-11-2006, che, a suo dire, avrebbe evidenziato “come la odierna ricorrente avesse fornito la prova della impossibilità di utilizzare i lavoratori licenziati nell’ambito delle nuove attività aziendali poichè in forza dei citati accordi intervenuti tra ET Service, Valle Crati, OO.SS. e datoriali, non solo i lavoratori licenziati ma tutte le maestranze già alle dipendenze della odierna società ricorrente avrebbero, comunque, dopo il 31-12-06, continuato a svolgere, nei rispettivi comuni di appartenenza, le medesime mansioni (già svolte alle dipendenze di E.T. Service) alle dipendenze, prima, di Valle Crati e, poi dell’impresa definitiva aggiudicataria del servizio”.

Il motivo è infondato in quanto la Corte territoriale (v. pag. 7 della sentenza) dopo aver richiamato espressamente il contenuto saliente del verbale di incontro sindacale del 30-11-2006, e di quello successivo del 5-12-2006, ha affermato che “in conseguenza della cessazione del servizio di sub appalto con Valle Crati ed in previsione di una riorganizzazione produttiva e organizzativa dell’azienda, la E.T. Service, ai fini della valutazione della legittimità degli atti di recesso oggetto del presente giudizio, era tenuta a fornire la dimostrazione della impossibilità di utilizzazione dei lavoratori nell’ambito delle attività aziendali, onere che si imponeva in modo assolutamente pressante alla società in considerazione del fatto che, in previsione della dedotta riorganizzazione, non ha fornito la prova della esistenza di dipendenti (diversi da quelli addetti al servizio di igiene ambientale) che precludevano la utilizzazione degli appellati.”.

Tale statuizione, incentrata su un accertamento di fatto congruamente motivato (circa la mancata prova dell’esistenza di dipendenti – diversi da quelli addetti al servizio di igiene ambientale, destinatari degli accordi di cui ai verbali citati – che precludessero in concreto la utilizzazione degli odierni controricorrenti nelle nuove attività aziendali), resiste alla censura della ricorrente, che in sostanza lamenta una inesistente omessa motivazione.

Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della soccombenza va condannata al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare ai controricorrenti le spese liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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