Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25383 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. I, 09/10/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 09/10/2019), n.25383

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5265/2014 proposto da:

Agro Invest S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Barbieri n. 5, presso lo

studio dell’avvocato Giurdanella Carmelo, rappresentata e difesa

dall’avvocato Diaco Corrado, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., e Comune di Scafati;

– intimati –

avverso la sentenza n. 40/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

pubblicata il 10/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/06/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 40/2013 depositata il 10-1-2013 e notificata alla parte personalmente Agroinvest s.p.a. il 19-1-2013, la Corte d’Appello di Salerno, pronunciando in unico grado nella contumacia del Comune di Scafati, ha determinato l’indennità di espropriazione dovuta a C.G. da Agroinvest s.p.a. e dal Comune di Scafati in Euro 143.789,36, ordinando il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti della differenza tra quanto eventualmente già versato a titolo provvisorio e quanto liquidato con la sentenza, oltre interessi nella misura legale dalla data del decreto di esproprio fino al versamento. La Corte d’appello, all’esito dell’espletamento di CTU, ha determinato l’indennità di cui sopra in conformità alle risultanze dell’elaborato peritale, specificando che nella fattispecie trova applicazione la L. n. 2359 del 1865, art. 39 ossia la disciplina antecedente al D.P.R. n. 327 del 2001, considerato che la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera risaliva al 1998. La Corte territoriale ha di conseguenza escluso l’applicabilità della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89 relativo alla riduzione del 25% prevista per gli interventi di riforma economico-sociale.

2. Avverso questa sentenza, Agroinvest s.p.a. propone ricorso, affidato a cinque motivi.

3. C.G. e il Comune di Scafati sono rimasti intimati. La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione di legge in relazione al difetto di legittimazione passiva”. Ad avviso della ricorrente legittimato passivo è esclusivamente il Comune di Scafati in quanto proprietario esclusivo dei terreni ricadenti nel P.I.P. e soggetto espropriante, in favore del quale era stato adottato il decreto di esproprio. Richiama le norme del T.U. espropri (D.P.R. n. 327 del 2001) e deduce che l’art. 54 citato T.U. ha individuato i soggetti passivamente legittimati ed ha introdotto il litisconsorzio necessario tra il beneficiario sostanziale dell’esproprio e il titolare del potere espropriativo, proprio per risolvere i contrasti giurisprudenziali insorti sulla questione. Assume di aver agito su delega del Comune di Scafati ma in nome e per conto del delegante, sicchè l’attività svolta era riferibile solo al Comune di Scafati, da ritenersi unico legittimato.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione di legge” in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90 sotto il profilo dell’ingiustificata disparità di trattamento”. Ad avviso della ricorrente la Corte territoriale ha interpretato l’art. 37 citato in contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., dal momento che, se non si applica la normativa sopravvenuta al caso di specie, si crea una disparità di trattamento tra i destinatari della dichiarazione di pubblica utilità, a seconda che quest’ultima sia antecedente o successiva al 2003.

3. Con il terzo motivo denuncia la ricorrente “Violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, con le modifiche introdotte dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, per non aver ritenuto applicabile al procedimento espropriativo in oggetto le norme di determinazione dell’indennità previste dalle suddette disposizioni di legge”. Ad avviso della ricorrente il Piano degli Insediamenti Produttivi ha la finalità economica di sviluppare il territorio interessato, in base alla originaria disciplina legislativa (L. n. 865 del 1971), si connota per l’obiettivo di contenimento del valore dell’indennità di espropriazione, realizzata mediante la riduzione del 25% del valore venale, e rientra negli interventi di riforma economico sociale, come affermato in alcune sentenze di merito che richiama.

4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90. Rileva che il decreto di espropriazione era intervenuto il 20-5-2008, che l’indennità definitiva non era stata determinata dalla Commissione provinciale Espropri e che pertanto il procedimento espropriativo era da considerarsi tuttora in corso, sicchè è applicabile nella fattispecie il citato art. 2.

5. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata. Adduce che la Corte territoriale non ha esaminato le critiche mosse dalla ricorrente alla CTU, che ha adottato parametri illogici nella stima del valore.

6. Preliminarmente occorre precisare che il ricorso è tempestivo, atteso che, ai sensi dell’art. 170 c.p.c., comma 1 e art. 285 c.p.c., la notificazione della sentenza eseguita alla controparte personalmente anzichè al procuratore costituito, come avvenuto nel caso di specie, è inidonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione sia nei confronti del notificante che del destinatario (Cass. n. 4374 del 2017).

7. Il primo motivo è inammissibile.

7.1. La ricorrente, nel proporre la questione relativa alla propria carenza di legittimazione passiva, non indica quando ed in che termini detta questione, che comporta indagini di merito, sia stata posta nel giudizio avanti alla Corte territoriale (cfr. Cass. n. 27327 del 2016), nè lamenta vizio di omessa pronuncia, nonostante la sentenza impugnata non contenga alcun accenno al profilo della legittimazione passiva, in concorso con quella del Comune di Scafati, della Agroinvest s.p.a..

Inoltre, nel ricorso non è specificato in che termini la delega sia stata conferita e se vi sia stato un accordo a rilevanza esterna che abbia trasferito la procedura espropriativa dal Comune ad un delegato, nè sono riportati nel testo del ricorso le parti di eventuale rilevanza di documenti, neppure indicati, atti a supportare la sussistenza o insussistenza dei suddetti requisiti.

Il motivo è pertanto inammissibile per difetto di autosufficienza (così in analoga fattispecie Cass. n. 14228 del 2019).

8. I motivi secondo, terzo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

8.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato, con un orientamento al quale il Collegio intende dare continuità, che nei giudizi aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione, relativi a procedimenti in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa – come nel presente caso – prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327, si deve considerare la disciplina transitoria prevista dal D.P.R. cit., art. 57 per il quale le disposizioni del testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, perchè in tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a quella data (Cass. S.U. n. 5265/2008; Cass. n. 11480/2008, Cass. n. 3749/2012; Cass.n. 6798/2013; Cass. n. 20177/2017). Questa Corte ha altresì precisato che, in base al disposto della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 90, le disposizioni di cui all’art. 37, commi 1 e 2, e quelle di cui all’art. 45, comma 2, lett. a) citato T.U. di cui al D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327, come modificati dal comma 89 cit. articolo, si applicano ai procedimenti espropriativi in corso, e non anche ai giudizi in corso, e i criteri previsti dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, in quanto introdotti come modifica del D.P.R. n. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2 (t.u. espropriazioni), si applicano soltanto alle procedure espropriative soggette al predetto Testo Unico – cioè a quelle in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta dopo la sua entrata in vigore (Cass. n. 3749/2012; Cass. n. 6798/2013; Cass. n. 20177/2017 citate).

8.2. Nella fattispecie in esame la dichiarazione di pubblica utilità risale al 1998 – PIP del 2/4/1998 -, mentre il decreto di espropriazione è del 20-5-2008, ossia è successivo all’entrata in vigore della L. n. 244 del 2007 (1-1-2008). Nel caso che si sta scrutinando, dunque, il procedimento espropriativo era ancora in corso alla data di entrata in vigore della I.n. 244/2007, e la ricorrente, valorizzando detta circostanza, ed anzi assumendo che tuttora sia in corso il procedimento espropriativo, sostiene che sia applicabile la suddetta legge, nonostante che la dichiarazione di pubblica utilità fosse anteriore al 30 giugno 2003.

In coerenza con i principi di diritto esposti nel sotto-paragrafo che precede, ritiene questa Corte che i “procedimenti espropriativi in corso”, per i quali l’art. 2, comma 90 citato prevede un limitata retroattività della nuova disciplina, siano solo quelli disciplinati dal D.P.R. n. 327 del 2001. L’art. 2, comma 90 prevede che “Le disposizioni di cui all’art. 37, commi 1 e 2, e quelle di cui al citato testo unico di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 45, comma 2, lett. a) come modificati dal comma 89 del presente articolo, si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennità’ di espropriazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile”.

Ora, se la modifica introdotta dall’art. 2, comma 89 citato incide, anche, sul disposto del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 la retroattività introdotta dall’art. 90 riguarda la medesima modifica e l’art. 37, come costantemente interpretato da questa Corte, ha un ambito di applicazione circoscritto alle procedure espropriative nelle quali la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta dopo il 30 giugno 2003. Alla stregua delle considerazioni che precedono, non possono trovare applicazione, nella fattispecie in esame, le disposizioni di cui all’art. 37 del T.U.E. come modificate dalla L. n. 244 del 2007, e in generale quelle del T.U.E..

I motivi terzo e quarto devono essere, pertanto, rigettati, e resta ininfluente la questione della configurabilità o meno del P.I.P. quale intervento di riforma economico sociale, non trovando applicazione, nel caso di specie, il citato art. 2.

Neppure può ravvisarsi, in relazione alle differenze tra i regimi ante e post 30 giugno 2003, la disparità di trattamento nel senso denunziato dalla ricorrente con il secondo motivo, poichè si tratta di effetto giuridico derivante dalla successione di leggi nel tempo e, segnatamente, di un effetto normato da una disciplina sopravvenuta e regolato dalla stessa legge sopravvenuta sotto il profilo temporale.

9. Il quinto motivo è inammissibile.

9.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte “In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia”(Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

9.2. Nella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come novellato nel 2012 – la sentenza impugnata è stata depositata il 10-1-2013-, e la ricorrente, nel denunciare il vizio di insufficienza e contraddittorietà della motivazione, formula la censura, inammissibilmente, secondo il paradigma previgente del vizio motivazionale.

Inoltre la ricorrente neppure specifica quando e in quale atto abbia formulato le osservazioni critiche alla consulenza tecnica d’ufficio che assume siano state illogicamente disattese.

La doglianza si risolve, quindi, in una critica, del tutto generica, del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (Cass., S.U., n. 8053/2014 citata).

10. Alla stregua delle considerazioni espresse nei paragrafi che precedono, il ricorso deve essere rigettato, nulla disponendosi sulle spese del presente giudizio, in assenza di costituzione degli intimati.

11. Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto,per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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