Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25381 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. I, 11/11/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 11/11/2020), n.25381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare G. – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24580/2018 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Letizia Garrisi, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Bari;

– intimato –

avverso la sentenza n. 773/2018 della Corte d’appello di Bari

depositata il 7/5/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2020 dal cons. Dott. Alberto Pazzi;

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. V.M., cittadino dello (OMISSIS), domandava al Tribunale di Bari il riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria negategli dalla competente Commissione territoriale; il Tribunale di Bari, con ordinanza in data 28 luglio 2016, disponeva la cancellazione della causa dal ruolo;

2. avverso tale provvedimento proponeva appello il richiedente asilo lamentando che il Tribunale, a seguito della mancata comparizione delle parti, non avesse fissato una nuova udienza ex artt. 181 e 309 c.p.c., ma avesse dichiarato l’inefficacia del ricorso;

la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 7 maggio 2018, rilevava che la ricostruzione dei fatti offerta in ricorso non corrispondeva al vero, perchè il Tribunale in realtà, a seguito della mancata comparizione all’udienza del 22 giugno 2016, aveva rinviato ai sensi dell’art. 309 c.p.c. all’udienza del 28 luglio 2016, in occasione della quale, constatato che le parti nuovamente non erano comparse, aveva disposto la cancellazione della causa dal ruolo;

“ad ogni modo” – aggiungeva la Corte distrettuale – “l’ordinanza del 28.7.2016, comunicata lo stesso giorno, doveva essere impugnata ex art. 702-quater c.p.c. entro il 27.9.2016, mentre è stata impugnata con atto notificato alla controparte entro il 21.3.2017. L’appello è quindi inammissibile per tardività”;

3. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia V.M. al fine di far valere due motivi di impugnazione;

resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso denuncia la “macroscopica violazione e falsa applicazione dell’art. 702 quater c.p.c. in combinato disposto con l’art. 327 c.p.c.”, in quanto nel caso di specie l’ordinanza non era stata mai notificata, ma solamente comunicata da parte della cancelleria senza che ne fosse allegato il testo, di modo che occorreva fare applicazione del termine per l’impugnazione previsto dall’art. 327 c.p.c. piuttosto che di quello stabilito all’interno dell’art. 702-quater c.p.c.;

5. il motivo è inammissibile;

la Corte d’appello, a fronte di un motivo di impugnazione che si limitava espressamente a contestare che “a seguito della mancata comparizione delle parti all’udienza del 15.9.2015 il Tribunale non” avesse “fissato una nuova udienza ex artt. 181 e 309 c.p.c. bensì dichiarato l’inefficacia del ricorso”, ha statuito che il Tribunale “rispettò rigorosamente le regole di procedura e non dichiarò alcuna cd. inefficacia del ricorso”;

la Corte distrettuale ha poi aggiunto che, “ad ogni modo”, l’appello era inammissibile per tardività;

si tratta di una pluralità di ragioni fondanti la decisione, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali è logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla;

l’omessa impugnazione della prima di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa all’altra, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. 9752/2017);

6. risulta parimenti inammissibile il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta l’avvenuta violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 che sarebbe stato erroneamente interpretato e applicato;

una simile doglianza è, all’evidenza, non riferibile al contenuto della decisione impugnata, che nulla ha statuito in merito alla protezione umanitaria, limitandosi a dichiarare l’inammissibilità dell’appello;

7. in conclusione, in forza delle ragioni sopra illustrate, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.100, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

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