Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2538 del 02/02/2011
Cassazione civile sez. trib., 02/02/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 02/02/2011), n.2538
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.A., elettivamente domiciliato in Roma, via Vittoria
Colonna n. 27, presso lo studio dell’avv. Massimo Paranzani,
rappresentato e difeso dall’avv. Pergami Federico;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale della Lombardia, sez. 5^, n. 4, depositata il 12.3.2008.
Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.
Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis
c.p.c., comma 3.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Premesso:
che il contribuente propose ricorso avverso avvisi, con i quali l’Agenzia aveva provveduto a rettificare le dichiarazioni irpef, iva e irap, per l’anno 2003, in base alle risultanze degli studi di settore;
– che l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con sentenza confermata, in esito all’appello dell’Agenzia, dalla Commissione regionale;
che, specificamente, i giudici di appello rilevarono che il contribuente, senza nulla contestare in concreto in merito all’opposto accertamento, si era limitato a denunciare l’illegittimità costituzionale della normativa sugli studi di settore;
rilevato:
che, avverso la sentenza di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, denunciando violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, in relazione al quesito “… se violi il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, lett. d) in riferimento al principio costituzionali di capacità contributiva, il quale osta a qualsiasi ricostruzione della materia tassabile fondata esclusivamente sui criteri statistici e valutazioni automatiche, quali sono gli studi di settore”, nonchè vizio di motivazione;
– che l’Agenzia ha resistito con controricorso;
osservato:
– che le doglianze – oltre che inammissibili sotto il profilo dell’inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., secondo la lettura offertane da questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. s.u. 3519/08) – sono infondate;
– che deve, invero, osservarsi che la SS.UU. di questa Corte (v.
sent. n. 26635/09) hanno, di recente, ribadito la legittimità dell’accertamento in base a parametri e studi di settore ed hanno puntualizzato che, così come prospettato dal giudice a quo, le risultanze degli studi di settore (e quelle dei parametri previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma da 181 a comma 187) rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d) se, come nella specie, non contestate dal contribuente sulla base di allegazioni che specificamente le contraddicano;
ritenuto:
che, pertanto, il ricorso va respinto, nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
che, per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte: respinge il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 3.800,00 (di cui Euro 3.700,00 per onorari) oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011