Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25376 del 29/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 29/11/2011), n.25376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE SS. PIETRO E PAOLO 50, presso lo studio dell’avvocato

TOMASSINI CLAUDIO, i rappresentato e difeso dall’avvocato CASAMASSIMA

DOMENICO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASL DELLA PROVINCIA DI BARI ASL BA (OMISSIS) – Azienda

incorporante per fusione la AUSL BA/(OMISSIS) in persona del

Direttore

Generale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE n. 3,

presso lo studio dell’avvocato MICCOLIS GIUSEPPE, che la rappresenta

e difende, giusta Delib. D.G. 24 giugno 2010, n. 1204 e giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2148/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

12.5.09, depositata il 09/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Domenico Casamassima che si

riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bari ha rigettato la domanda proposta da P.P. nei confronti dell’ASL Bari (OMISSIS) di cui era dipendente, per ottenere la declaratoria del suo diritto al servizio mensa o, in alternativa, il diritto alla erogazione del buono pasto, ovvero il diritto al risarcimento del danno per la mancata fruizione del servizio; il ricorrente fondava la pretesa, per gli anni dal 1990 al novembre 1998 e quindi da 17 dicembre 2002 alla data di deposito del ricorso, sul D.P.R. n. 270 del 1987 e quindi dal CCNL; la Corte adita, affermata la propria giurisdizione anche per il periodo anteriore al 30 giugno 1998, ritenendo trattarsi di illecito permanente, rilevava che la domanda fatta valere concerneva la condanna al pagamento di una somma determinata, con la conseguenza che il giudice, in assenza di espressa istanza, non può separare an e quantum, nè pronunciare sentenza di condanna generica, con la ulteriore conseguenza che, in presenza di una domanda di condanna specifica – qual’era quella avanzata in giudizio perchè, ancorchè non precisata, era tuttavia passibile di agevole liquidazione sulla base delle allegazioni – quando non si può addivenire alla liquidazione sulla base degli elementi versati in atti, non è neppure possibile ricorrere alla liquidazione equitativa, ma si deve addivenire al rigetto della domanda. Ciò premesso la Corte affermava che il servizio mensa non era previsto per tutti i dipendenti della ASL, ma era subordinato ad una particolare articolazione dell’orario di lavoro, come previsto dall’invocato D.P.R. n. 270 del 1987, e dai successivi accordi sindacali, ossia nel caso di lavoro a turni, quando si ha la necessità di consumere i pasti sul luogo di lavoro; nella specie nel ricorso introduttivo il ricorrente non aveva dedotto, nè chiesto di provare di essere turnista ovvero di aver lavorato tra le 12 e le 16;

nè la prova poteva essere fornita per il fatto che la ASL non aveva depositato i fogli presenza, come gli era stato chiesto, giacchè l’inottemperanza all’ordine di esibizione non poteva, da sola, fornire la prova dei giorni di presenza in servizio e neppure dell’orario seguito; nè la prova poteva essere fornita attraverso l’interpello e la escussione testimoniale;

Avverso detta sentenza parte soccombente propone ricorso con due motivi, mentre la ASL resiste con controricorso;

Con il primo motivo si duole che la Corte adita non abbia fatto ricorso alla valutazione equitativa e con il secondo lamenta difetto di motivazione perchè i Giudici d’appello non avrebbero valutato il fatto che esso ricorrente era un turnista e che in un periodo intermedio – novembre 1998 dicembre 2002 – aveva percepito i buoni pasto; inoltre è noto che nelle aziende ospedaliere si lavora secondo turni, di cui uno cade inevitabilmente tra le 12 e le 16;

inoltre la Corte non aveva valutato la inottemperanza all’ordine di deposito dei fogli presenza e non aveva ammesso la richiesta consulenza.

Letta la relazione resa ex art. 380 bis c.p.c. di manifesta infondatezza del ricorso e la memoria depositata da parte ricorrente;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili e non scalfiti dalle argomentazioni di cui alla memoria;

Non sono infatti state svolte censure sul rilievo che, nel ricorso introduttivo, non erano stati indicati i giorni di spettanza della richiesta indennità, non erano infatti stati precisati nè i giorni di effettiva presenza e neppure le giornate in cui aveva lavorato con orario comprendente il lasso di tempo dalle 12 alle 16, dati invero indispensabili, se si considera che la pretesa si riferiva ad un lungo periodo, ossia agli anni dal 1990 al 198 e dal 2002 alla data di deposito del ricorso; alla carenza di allegazione non è dato sopperire nè con il ricorso alle prove nè ad una liquidazione equitativa; E’ stato infatti affermato sulla imprescindibilità delle allegazioni, ossia di dati di cui solo il ricorrente può essere a conoscenza e che costituiscono i fondamento della pretesa fatta valere (tra le tante Cass. Sez. U, n 11353 del 17/06/2004) che “Nel processo del lavoro, le parti concorrono a delineare la materia controversa, di talchè la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto rende inutile provare il fatto stesso perchè lo rende incontroverso, mentre la mancata contestazione dei fatti dedotti in esclusiva funzione probatoria opera unicamente sulla formulazione del convincimento del giudice. Tuttavia, intanto la mancata contestazione da parte del convenuto può avere le conseguenze ora specificate, in quanto i dati fattuali, interessanti sotto diversi profili la domanda attrice, siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso (o perchè fondativi del diritto fatto valere in giudizio o perchè rivolti a introdurre nel giudizio stesso circostanze di mera rilevanza istruttoria), non potendo, il convenuto, contestare ciò che non è stato detto, anche perchè il rito del lavoro si caratterizza per una circolarità fra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova, donde l’impossibilità di contestare o richiedere prova – oltre i termini preclusivi stabiliti dal codice di rito – su fatti non allegati nonchè su circostanze che, pur configurandosi come presupposti o elementi condizionanti il diritto azionato, non siano state esplicitate in modo espresso e specifico nel ricorso introduttivo.”;

E’ stato altresì ritenuto (tra le molteplici Cass. n. 4653 del 02/04/2002) che “Se l’attore ha chiesto la condanna del convenuto al pagamento di una somma di denaro determinata o determinabile (c.d.

condanna specifica) il giudice non può, in assenza dell’accordo delle parti o quanto meno della opposizione del convenuto alla relativa richiesta dell’attore, rinviare a separato giudizio la liquidazione della somma dovuta limitandosi alla condanna all'”an debeatur” (c.d. condanna generica), fermo restando che non può considerarsi generica la condanna al pagamento di una somma denaro che, anche se non indicata nel suo preciso ammontare, sia facilmente determinabile con semplici operazioni di calcolo aritmetico sulla base degli elementi forniti dalla sentenza stessa.” Inoltre il mancato deposito dei fogli presenza da parte della ASL non poteva, da sola, condurre all’accoglimento della domanda, stante la irrisolvibile mancanza sulla indicazione dei giorni in cui spettava il compenso richiesto e per la stessa ragione a tale mancanza non si poteva sopperire nè con prove testimoniali, che nulla di preciso potevano dire sul punto, nè con consulenza tecnica; Nè vi è la prova dell’effettivo espletamento dell’orario seguito per l’anno 2003, di cui si fa cenno in memoria, giacchè la stessa parte ricorrente ha dedotto di averlo dedotto dalla documentazione proveniente dalla controparte, il che però non è passibile di alcuna verifica; Ritenuto che pertanto il ricorso va rigettato e che le spese devono seguire la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta/00 per esborsi e cinquecento/00 Euro per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA. Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2011

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