Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25376 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. III, 12/10/2018, (ud. 21/02/2018, dep. 12/10/2018), n.25376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23902/2015 proposto da:

Seven 2000 SRL, in persona dell’Amministratore Unico e Legale

rappresentante dott. G.D., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 107, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI GORI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale

notarile;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, N. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1585/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ALBERTO CARDINO che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

accoglimento del motivo;

udito l’Avvocato GIOVANNI GORI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2007, la Seven 2000 S.r.l. convenne in giudizio la (OMISSIS) S.r.l. (in bonis) al fine di sentirla condannare al pagamento del prezzo dell’immobile divenuto di proprietà della convenuta, già conduttrice dello stesso immobile, a seguito dell’esercizio del riscatto L. n. 392 del 1978, ex art. 39, così come accertato con sentenza del Tribunale di Roma passata in giudicato per effetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 24294 del 14 novembre 2006. L’attrice chiese altresì il pagamento degli interessi sul suddetto prezzo a decorrere dal 6 dicembre 2001 e la restituzione dell’ICI versata durante la pendenza del giudizio per l’accertamento della legittimità del riscatto.

Si costituì la (OMISSIS) S.r.l., eccependo un controcredito costituito, fra l’altro, dall’importo corrispondente ai canoni versati medio tempore alla Seven 2000.

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 1681/2009 accolse entrambe le domande, compensando i rispettivi crediti per la parte corrispondente. Il Tribunale stabilì inoltre che, sia gli interessi dovuti dalla (OMISSIS) alla Seven 2000 sul saldo del prezzo, sia quelli dovuti dalla Seven 2000 alla (OMISSIS) sui canoni da restituire, decorressero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale che aveva accertato la legittimità del riscatto.

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello la Seven censurando la decisione sia per alcuni errori materiali e di calcolo, sia per aver erroneamente riconosciuto il diritto dell’appellata alla restituzione dei canoni di locazione e per aver fatto decorrere gli interessi sul prezzo, anzichè dal 22 maggio 2001, cioè alla scadenza dei tre mesi successivi alla notifica dell’atto con cui la Seven aveva comunicato di non opporsi all’esercizio del riscatto, dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva deciso la controversia sul riscatto.

La decisione, per quel che qui rileva, è stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 1585 del 10 marzo 2015.

La Corte di Appello, dopo aver preliminarmente rilevato la tardività della comparsa conclusionale depositata dalla Seven 2000, ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale di far decorrere gli interessi sul saldo del prezzo dalla data della sentenza che aveva accertato l’operatività del recesso, considerata la condotta della stessa Seven 2000, che in tale giudizio aveva consapevolmente ed ingiustificatamente affermato la decadenza della controparte dal diritto di riscatto, contraddicendo la manifestazione di non opposizione notificata in data 21 febbraio 2001. Ha, infatti, ritenuto che essendo pacifico che “il mancato versamento del prezzo non sospende gli effetti del trasferimento della proprietà al retraente, nè autorizza il venditore a chiedere la risoluzione del rapporto, ma solo attribuisce il diritto di agire per l’adempimento e per il risarcimento danni”, sulla base di tale principio ha valutato il comportamento della Seven ritenendo che non potesse integrare una consapevole ed ingiustificata contestazione del diritto di controparte in contraddizione con quanto manifestato con l’atto notificato in data 21 febbraio 2006. Gli interessi quindi spettavano alla Seven a decorrere dal 14 novembre 2006.

Per quanto riguarda poi la questione relativa l’obbligo di pagamento dei canoni di locazione dovuti dal conduttore al locatore per un immobile oggetto di retratto urbano per il periodo di inefficacia della sentenza (che accolga la domanda del conduttore), inefficacia connessa al mancato pagamento del prezzo di riscatto, nel caso di specie il giudice del merito ha evidenziato che la domanda della conduttrice dell’immobile commerciale è stata accolta con sentenza del Tribunale di Roma (passata in giudicato perchè confermata dalla Cassazione) con la quale è stata disposta la sostituzione della medesima all’originario acquirente nel contratto di compravendita (la Seven) stipulato con la Gufi srl (venditore).

Pertanto la Corte di merito ha ritenuto che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, nel caso di accoglimento della domanda di riscatto del bene alienato in violazione del suo diritto di prelazione, il conduttore retraente che, medio tempore, abbia continuato a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione, deve corrispondere al terzo acquirente retrattato solo il prezzo di acquisto e non anche i canoni di locazione, sostituendosi egli con effetto ex tunc nella medesima posizione che il terzo aveva nel negozio di compravendita concluso. Sostiene la Corte d’appello che allo stesso modo che per la prelazione urbana l’esercizio del diritto di riscatto – previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 39, a favore del conduttore di immobile urbano adibito ad uso diverso dall’abitazione pretermesso nel caso di vendita del bene locato – ha come effetto non la risoluzione del contratto traslativo a vantaggio del terzo e la contestuale formazione di un titolo di acquisto ex nunc a favore del retraente, nè un nuovo trasferimento del diritto sul bene dal terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto, ma la sostituzione con effetto ex tunc di detto titolare al terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia, sicchè la pronuncia che decida positivamente sul valido esercizio di detto diritto potestativo del conduttore è di mero accertamento del già avvenuto trasferimento. Da tale principio la Corte territoriale fa discendere che il terzo acquirente (Seven) non aveva alcun diritto di ricevere il pagamento dei canoni di locazione maturati successivamente alla data della compravendita degli immobili nella quale è subentrata, con effetto sin da tale data, la (OMISSIS).

La Corte ha quindi disatteso la tesi sostenuta dalla Seven secondo cui almeno fino al passaggio in giudicato della sentenza di riscatto, l’unico titolo che consenta alla conduttrice di permanere nella detenzione dell’immobile era il contratto di locazione in base al quale era tenuta al pagamento del canone. Ha ritenuto che tale tesi non fosse condivisibile perchè si fonda su un presupposto errato (detenzione in forza del contratto di locazione e non a titolo di proprietà), mentre l’unico titolo che legittima il retraente a godere del bene è quello dominicale insorto fin dal momento della originaria compravendita (effetto sostitutivo ex tunc). E’ proprio l’art. 1499 c.c., che stabilisce il diritto del venditore a pretendere gli interessi sul prezzo anche quando la cosa produca frutti ed il prezzo non sia immediatamente esigibile.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione la Seven 2000 S.r.l., sulla base di tre motivi illustrati da memoria.

3.1. Il fallimento della (OMISSIS) S.r.l. intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione degli artt. 101 e 190 c.p.c., del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 45, del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, convertito in L. 22 febbraio 2010, n. 24, e del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

La Corte di appello avrebbe erroneamente considerato tardiva la comparsa conclusionale depositata dalla Seven 2000 il 18 settembre 2014, entro il termine di 60 giorni rispetto alla rimessione della causa in decisione, avvenuta all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 6 giugno 2014.

Ciò avrebbe costituto un grave vulnus del diritto di difesa per la ricorrente, impedendo alla Corte di considerare argomenti decisivi.

Il motivo è infondato.

Il ricorrente non indica specificatamente quali sarebbero le difese contenute nella comparsa conclusionale che avrebbero imposto l’accoglimento dell’appello; in particolare, non essendo tali difese puntualmente localizzate, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nell’atto cui dovrebbero afferire, non è dato distinguerle in modo chiaro e netto da quelle svolte in sede di cassazione.

Ciò consente, peraltro, di ritenere che la Corte di Appello, nella sentenza impugnata, stante l’ampio riferimento alla comparsa conclusionale (e nonostante si adduca il mancato richiamo alla sentenza Cass. 11348/2010 ivi citata), abbia considerato tutte le argomentazioni difensive che sarebbero state versate in detto atto processuale.

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

La Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che la perdita della posizione di conduttore, in capo al retraente, si verifichi dal momento in cui il riscatto è stato esercitato e non a partire dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta il diritto di riscatto.

La giurisprudenza di legittimità non giungerebbe alla conclusione a cui è arrivato il giudice dell’appello, secondo cui la qualità di conduttore verrebbe meno retroattivamente.

Al contrario, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11348 dell’11 maggio 2010, indirettamente confermata da ulteriori pronunce, avrebbe stabilito il principio secondo cui il conduttore di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, il quale, a seguito della violazione del diritto di prelazione di cui è titolare, abbia esercitato il riscatto, è tenuto a corrispondere il canone di locazione al terzo acquirente (il quale è subentrato nella medesima posizione del locatore alienante in conformità del principio generale di cui all’art. 1602 c.c.) in pendenza del relativo giudizio, al cui esito favorevole soltanto consegue l’acquisto della proprietà dell’immobile locato.

Pertanto, per il tempo intercorrente tra l’esercizio del riscatto ed il passaggio in giudicato della sentenza che ne accerta l’efficacia, il contratto di locazione avrebbe costituito un autonomo titolo, valido ed efficace della corresponsione dei canoni locativi, i quali, quindi, non dovrebbero essere restituiti dalla Seven 2000.

Il motivo è infondato.

Sul punto, in effetti, la giurisprudenza di legittimità ha assunto orientamenti contrastanti:

– un primo orientamento, espresso da Cass. civ. Sez. 3^, 11-05-2010, n. 11348, (citata dal ricorrente), ha affermato che il conduttore di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, il quale, a seguito della violazione del diritto di prelazione di cui è titolare abbia esercitato il riscatto, è tenuto a corrispondere il canone di locazione al terzo acquirente (il quale è subentrato nella medesima posizione del locatore alienante, in conformità al principio generale enunciato dall’art. 1602 c.c.) in pendenza del relativo giudizio, al cui esito favorevole soltanto consegue l’acquisto della proprietà dell’immobile locato.

Occorre peraltro osservare che tale orientamento trova conforto nella giurisprudenza che afferma che il conduttore di immobile urbano adibito a uso non abitativo, che ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 39, ha esercitato il diritto di riscatto del bene, alienato a un terzo in violazione del suo diritto di prelazione, e che ha continuato anche dopo l’alienazione a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione, deve nei termini di legge corrispondere al retrattato il solo prezzo non rivalutato e non anche interessi compensativi sullo stesso da quest’ultimo pretesi in analogia con la disposizione contenuta nell’art. 1499 c.c., – poichè la detenzione e il godimento della cosa dopo l’alienazione avevano titolo nel pagamento dei canoni, corrisposti in forza del rapporto di locazione (Cass. civ. Sez. 3^, 04/10/1996, n. 8713; Cass. civ. Sez. 3^, 20/04/2001, n. 5913; Civ., Sez. 3^, 29/09/2005, n. 19156; Cass. civ. Sez. 3^, 19/01/2010, n. 699).

In particolare, Cass. civ. Sez. 3^, 04/10/1996, n. 8713 evidenzia che il riconoscimento dell’obbligo di pagamento degli interessi ex art. 1499 c.c., implicherebbe l’accertamento che il conduttore-retraente, rimasto nella detenzione dell’immobile, non abbia corrisposto canoni locativi. Inoltre, la medesima sentenza afferma che la questione della eventuale debenza degli interessi ex art. 1499 c.c., (dipendente, come si è visto, dall’avvenuto pagamento dei canoni) è indipendente dalla retroattività del riscatto riconosciuto con provvedimento giudiziale.

– un secondo orientamento, espresso da Cass. civ. Sez. 3^, 29-11-2011, n. 25230, su cui si fonda la sentenza impugnata, ha invece ritenuto che il conduttore il quale, anche dopo la alienazione del bene locato in violazione del suo diritto di prelazione, abbia continuato a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione deve corrispondere al retrattato solo il prezzo di acquisto e non i canoni di locazione, sostituendosi egli con effetto ex tunc nella medesima posizione che il terzo aveva nel negozio concluso. Tale sentenza si basa su una giurisprudenza consolidata (Cass. 25495/2016; Cass. n. 18644/2011; Cass. 5369/2009; Cass. n. 28907/2008; Cass. civ. Sez. 3^, 12/01/2006, n. 410; Cass. 17433/2006) cui il collegio intende dare seguito.

L’unico titolo che legittima il retraente a godere del bene è quello dominicale, insorto fin dal momento della originaria compravendita (effetto sostitutivo ex tunc).

Pertanto con congrua e logica motivazione, scevra da vizi logico giuridici, la sentenza impugnata ha escluso che il conduttore-retraente ((OMISSIS)) fosse obbligato a versare al retrattato (Seven) i canoni di locazione ed ha invece riconosciuto l’obbligo dello stesso retraente di corrispondere al retrattato gli interessi compensativi sul prezzo dell’immobile, in analogia con quanto previsto dall’art. 1499 c.c., che stabilisce il diritto del venditore a pretendere gli interessi sul prezzo anche quando la cosa produca frutti ed il prezzo non sia immediatamente esigibile.

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione, sotto altro profilo, della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

La Corte di Appello, nel fondare la decorrenza degli interessi dalla data del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Roma che aveva accertato la legittimità del riscatto, invece che dal 22.5.2001, cioè alla scadenza dei tre mesi successivi alla notifica dell’atto con cui la Seven aveva comunicato di non opporsi all’esercizio del riscatto da parte della (OMISSIS), non avrebbe considerato che la Seven 2000 non aveva contestato il diritto della (OMISSIS) al riscatto, ma la decadenza della stessa società per non aver versato il prezzo nei tre mesi successivi all’esercizio di tale diritto.

Tale posizione, differentemente da quanto ritenuto dalla Corte, non sarebbe stata ingiustificata poichè il mancato versamento del prezzo da parte del retraente costituirebbe causa di risoluzione del trasferimento coattivo del diritto reale. La risoluzione per inadempimento, infatti, sarebbe un rimedio generale contro la violazione della corrispettività a prescindere dalla fonte del rapporto, anche se questa non sia contrattuale ma legale.

Il motivo è infondato.

In tema di riscatto di immobile urbano con riguardo al termine del pagamento del prezzo che deve essere effettuato entro tre mesi decorrenti dalla prima udienza del relativo giudizio ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce a seconda che vi sia stata o meno opposizione da parte del retrattato, l’ampia formulazione della L. n. 392 del 1978, art. 39, – che ha riguardo a qualsiasi motivo per il quale l’acquirente faccia opposizione – comporta che va considerata tale non soltanto quella inerente ai motivi che investono la sussistenza di tutte le condizioni soggettive e oggettive necessarie ai fini dell’utile esercizio del riscatto, ma anche tutte quelle opposizioni che in qualsiasi modo operano perchè il diritto potestativo del retraente, di subentrare nella qualità di acquirente con effetti “ex tunc”, non trovi immediata e diretta soddisfazione (Cass. civ. Sez. 3^, 07/07/1999, n. 7031).

Di conseguenza, essendo qualificabile quale opposizione il comportamento della ricorrente che, di fronte al mancato versamento del prezzo, ha resistito nel giudizio promosso dalla (OMISSIS) affermando la decadenza della stessa dal diritto di esercitare il riscatto, correttamente la Corte di Appello ha stabilito che il termine per il versamento del prezzo decorreva dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito il giudizio e che, di conseguenza, gli interessi sul prezzo dovuti dalla (OMISSIS) decorrono dalla medesima data. Difatti gli interessi decorrono dal passaggio in giudicato della sentenza e non dalla data in cui il prezzo è esigibile – cioè tre mesi dopo il passaggio in giudicato della sentenza – in virtù dell’art. 1499 c.c., che stabilisce che il venditore ha il diritto di pretendere gli interessi sul prezzo anche quando la cosa venduta produca frutti e il prezzo non sia immediatamente esigibile.

5. In considerazione del fatto che l’intimata non ha svolto difese non occorre provvedere sulle spese.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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