Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25375 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/10/2017, (ud. 13/06/2017, dep.25/10/2017),  n. 25375

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9811/2016 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempere rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

M.L., rappresentata e difesa dall’avvocato FERDINANDO

SALMERI, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR PRESSO LA CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1350/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 28/10/2015 R.G.N. 437/14;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2017 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 437 del 2014, ha rigettato l’appello proposto dal MIUR, nei confronti di M.L., nonchè del Ministero dell’economia e delle finanze, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Reggio Calabria che aveva accolto la domanda della lavoratrice di declaratoria di illegittimità del Decreto 27 gennaio 2011, n. 2060, con il quale il MIUR aveva dichiarato la decadenza dal servizio e la contestuale risoluzione del rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto, con conseguente ordine di reintegra e corresponsione a titolo di risarcimento del danno delle retribuzioni maturate dal recesso (9 settembre 2010) sino alla reintegra.

2. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il MIUR con un motivo.

3. Resiste la lavoratrice con controricorso.

4. Il Ministero dell’ economia e delle finanze è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso per omessa produzione integrale del CCNL Comparto Ministeri atteso che la conoscibilità della fonte normativa si atteggia diversamente a seconda che si versi in un’ipotesi di violazione del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico rispetto a quella in cui le questioni attengano ad un contratto collettivo nazionale del pubblico impiego, come nella specie, atteso che, mentre in quest’ultimo caso il giudice procede con mezzi propri (secondo il principio “iura novit curia”), nel primo il contratto è conoscibile solo con la collaborazione delle parti, la cui iniziativa, sostanziandosi nell’adempimento di un onere di allegazione e produzione, è assoggettata alle regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova e sul contraddittorio, che non vengono meno neppure nell’ipotesi di acquisizione giudiziale ex art. 425 c.p.c., comma 4 (Cass., n. 19507 del 2014).

In considerazione del peculiare procedimento formativo, del regime di pubblicità, della sottoposizione a controllo contabile della compatibilità economica dei costi previsti, l’esigenza di certezza e di conoscenza da parte del giudice è già assolta, in maniera autonoma, mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8 (Cass., S.U., 23329 del 2009), senza che sussistano ragioni di improcedibilità nel caso di mancata produzione del CCNL di pubblico impiego.

2. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 21, comma 1, del CCNL, Comparto Ministeri 1994/97, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il MIUR censura la statuizione della sentenza di appello, effettuata anche in relazione ad un orientamento applicativo dell’ARAN (RAL513), che afferma: “per considerare il triennio ai fini del superamento del comporto, l’ultima assenza costituisce la data “mobile” e “dinamica” cui andare a ritroso per un triennio e aggiungere quindi il periodo della medesima ultima assenza per malattia”. Ciò poichè, in ragione della stessa, il giudice di secondo grado ha sviluppato il seguente ragionamento:

l’ultimo episodio morboso terminava il 15 ottobre 2010; di conseguenza il periodo triennale andava calcolato a partire dal 15 ottobre 2007; nel suddetto periodo la sig.ra M. era assente per soli 500 giorni.

Ad avviso del MIUR tale ragionamento è erroneo. Ed infatti l’art. 21, comma 1, del CCNL Comparto Ministeri 1994/1997 prevede: “Il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti l’episodio morboso in corso”.

Viene, quindi in rilievo la data di inizio dell’ultimo episodio morboso per procedere a ritroso nella determinazione del triennio, che, quindi nella specie, andava dal 19 marzo 2010 (giorno precedente la data di inizio dell’ultimo episodio morboso) al 19 marzo 2007.

Dunque vi erano due segmenti temporali: il primo riguardante i tre anni antecedenti all’episodio morboso in corso; il secondo riguardante l’episodio morboso in corso.

Nella specie, pertanto, poichè nel periodo 19 marzo 2007 – 19 marzo 2010, la lavoratrice si era assentata per 371 giorni, e con l’episodio morboso iniziato il 20 marzo 2010 si era assentata per altri 210 giorni, la stessa aveva superato (581 giorni) il periodo massimo di comporto di 540 giorni.

3. Il motivo è fondato e va accolto.

In base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), questa Corte è investita dell’ interpretazione diretta della clausola del contratto collettivo nazionale di lavoro in questione (Cass., n. 6335 del 2014).

La formulazione dell’art. 21 del CCNL Comparto Ministeri fa riferimento all’inizio dell’ultimo episodio morboso quale dies a quo da cui computare, a ritroso, il triennio di riferimento in cui le assenze per malattia (“le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti”) verificatesi devono essere conteggiate nel periodo di comporto.

A tali assenze non possono che aggiungersi quelle effettuate in ragione dell’ultimo evento morboso.

Il CCNL, quindi, da un lato individua un termine certo di riferimento quale dies a quo – per computare il periodo di comporto per malattia – nell’inizio dell’ultimo evento morboso (giorno precedente allo stesso, atteso che dies a quo non computatur); dall’altro, in tal modo, consente al lavoratore e al datore di lavoro di effettuare una previsione certa dei giorni di malattia di cui può ancora fruire il lavoratore con la garanzia della conservazione del posto di lavoro.

Va inoltre osservato che, come riconosciuto dalla stessa ARAN (orientamento applicativo RAL725), le risposte che l’ARAN fornisce in relazione ai quesiti formulati dagli enti, devono essere ricondotte nell’ambito della “attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni per la uniforme applicazione dei contratti collettivi”, espressamente prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 46, comma 1. Le stesse risposte, pertanto, assumono il contenuto di un orientamento di parte datoriale, e quindi non hanno carattere vincolante e non rivestono neanche la caratteristica della “interpretazione autentica” per la quale, invece, è prescritto uno specifico procedimento negoziale.

Tuttavia, non può non rilevarsi che l’orientamento applicativo ARAN (relativo all’art. 21 del CCNL Comparto Enti locali) richiamato dalla Corte d’Appello (Orientamento RAL513), sia pure nei limiti del valore attribuibile allo stesso, ha affermato sì, come ricorda la Corte d’Appello, che il sistema di computo delle assenze per malattia ha carattere dinamico, ma da ciò, l’ARAN ha tratto conseguenze diverse rispetto a quelle esposte dal giudice di secondo grado.

L’ARAN, infatti, ha affermato che man mano che trascorre il tempo e si passa da un anno all’altro, in base al meccanismo dello scorrimento annuale, in occasione di ogni ulteriore episodio morboso, sarà necessario procedere alla sommatoria di tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti l’ultimo episodio morboso in atto. Con la conseguenza che, di volta in volta, in base alle risultanze derivanti dalla somma dei giorni di assenza dell’ultima malattia con quelli intervenute allo stesso titolo nei tre anni immediatamente precedenti la stessa, il datore di lavoro pubblico dovrà, tra l’altro, verificare il rispetto del periodo massimo di conservazione del posto in caso di malattia ex art. 21, comma 1, CCNL. e determinare il trattamento economico da corrispondere allo stesso.

Peraltro, si può osservare che questa Corte con la sentenza n. 15222 del 2016 (punto 4.1. dei motivi della decisione), ha esaminato in relazione a fattispecie relativa a dipendente comunale, l’art. 21 del CCNL Comparto Enti locali, disposizione di contenuto analogo (il dipendente non in prova, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti l’ultimo episodio morboso in corso) alla disposizione contrattuale Comparo Ministeri in esame. La Corte, con la sentenza da ultimo citata, alla luce della tabella A allegata al contratto integrativo, ha rilevato come il computo delle assenze deve avvenire sommando le assenze intervenute nei tre anni precedenti la nuova malattia; sommando a tali assenze quelle dell’ultimo episodio morboso.

4. Il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata va cassata e rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: il computo delle assenze per malattia ai fini della verifica della persistenza del diritto alla conservazione del posto di lavoro per mancato superamento del periodo di comporto, ai sensi dell’art. 21, comma 1, del CCNL Comparto Ministeri 1994/97, va effettuato sommando le assenze per malattia intervenute nel triennio precedente l’inizio dell’ultimo episodio morboso, con le assenze verificatesi in ragione di quest’ultimo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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