Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25371 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.25/10/2017),  n. 25371

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Laura – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6296/2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA, 58, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CARUSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO SIRACUSA, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8587/2010 della CORTE D’APPELLO ROMA,

depositata il 28/02/2011 R.G.N. 1384/06.

Fatto

RILEVATO

1. che la Corte d’appello di Roma, pronunziando sull’impugnazione di I.C., originario ricorrente, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto stipulato con Poste Italiane s.p.a. per il periodo dal 20 gennaio al 31 marzo 2004, la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato nel periodo anzidetto e la prosecuzione giuridica del rapporto a decorrere dal marzo 2004; ha condannato la società appellata al risarcimento del danno in misura pari alla retribuzione globale di fatto che sarebbe maturata dalla data di messa in mora (21 aprile 2004) sino al 31 marzo 2007, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;

1.1. che la statuizione di accoglimento è stata fondata sulla genericità delle esigenze sostitutive poste a giustificazione della clausola del termine, stante il difetto di indicazione delle circostanze concrete riguardanti il caso singolo, l’ampiezza dell’area territoriale di riferimento (Regione Lombardia), la carenza di indicazione della tipologia di assenze (ferie, malattia, maternità, servizio militare ecc.) ed, infine, la previsione di estinzione anticipata del contratto nel caso di venir meno di tali esigenze per il rientro in servizio anticipato del personale assente, profilo quest’ultimo che, sostanzialmente, rimetteva alla discrezionalità della parte datoriale la durata del rapporto;

1.2. che la rilevata carenza di specificità delle esigenze giustificative dell’apposizione del termine non risultava superata dalla prova orale che aveva offerto risultanze non univoche in merito;

1.3. che a tanto conseguiva la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato, il diritto del lavoratore alla riammissione in servizio ed al risarcimento del danno, quest’ultimo contenuto, in applicazione del disposto dell’art. 1227 c.c., comma 2 e dei principi di correttezza e buona fede che regolano i rapporti obbligatori, nell’ambito delle retribuzioni maturate nel triennio dalla data di messa in mora (21 aprile 2004), considerato uno spazio temporale sufficiente al reperimento di altra occupazione lavorativa;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Poste Italiane s.p.a. sulla base di tre motivi chiedendo altresì l’applicazione, in tema di conseguenze risarcitorie, dello ius superveniens rappresentato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32;

3. che l’intimato ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, degli artt. 1362 c.c. e segg., nonchè contraddittoria e omessa pronunzia in ordine a fatto controverso e decisivo, censurando la valutazione di genericità della causale; ha sostenuto, in sintesi, che l’obbligo di specificità doveva ritenersi assolto in quanto, nel caso concreto, risultavano specificate le esigenze sostitutive rappresentate dall’assenza di personale, dalle mansioni di destinazione, dalla durata del contratto, il luogo/ufficio di applicazione;

2. che con il secondo motivo ha dedotto insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo rappresentato dagli esiti della prova orale che ha sostenuto, in contrasto con quanto ritenuto il giudice di appello, dimostrativi della effettività delle esigenze sostitutive; in questa prospettiva si è doluta, anche della mancata attivazione dei poteri istruttori d’ufficio destinati ad integrare il quadro probatorio acquisito;

3. che con il terzo motivo ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1206,1207,1217,12181219,1223,2094 e 2967 c.c., censurando, in sintesi, la decisione per avere, in violazione dei principi e delle leggi sulla messa in mora e sulla corrispettività delle prestazioni, attribuito il diritto al risarcimento del danno prima della effettiva ripresa del servizio da parte del lavoratore. Ha chiesto, inoltre, l’applicazione dello ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5 e 7;

4. che il primo motivo di ricorso è fondato;

5. che la questione, sottesa allo stesso, è stata già affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte che l’ha condivisibilmente risolta con l’enunciazione del principio secondo cui, in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e la immodificabilità della stessa nel corso del rapporto; nelle situazioni aziendali complesse, pertanto, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti, da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse, risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (tra le altre Cass. n. 1576/2010; Cass. n. 4267/2011);

5.1. che nel caso in esame il contratto individuale, come riconosciuto dallo stesso controricorrente (pag. 2 controricorso), richiamava: a) l’inquadramento del personale assente (addetto al servizio Recapito); b) le ragioni della sostituzione (assenza con diritto alla conservazione del posto di lavoro); c) l’area territoriale di riferimento (Regione Lombardia); d) il periodo di interesse, (2.1.2004/31.3.2004);

5.2. che la previsione di estinzione anticipata, non rimetteva, come affermato in sentenza, la determinazione della durata del contratto alla discrezionalità della parte datoriale essendo ancorata al dato, oggettivamente verificabile, del rientro anticipato del personale assente;

5.3. che, pertanto, appare incongrua e priva di adeguata motivazione, in relazione ai principi sopra enunciati, la valutazione fatta dalla Corte di merito circa l’assenza di specificità della causale apposta al contratto di lavoro a termine in discussione, non avendo in particolare i giudici del merito tenuto conto del fatto che il concetto di specificità deve essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate, ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato;

5.4. che l’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame degli ulteriori motivi di ricorso;

5.5. che, la sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione alla censura accolta e la causa rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame conformandosi agli indicati principi di diritto e provvederà, altresì, sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sul regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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