Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2537 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 27/01/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 27/01/2022), n.2537

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25284-2016 proposto da:

EUTELIA S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MAZZINI n. 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

FIORILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato ADALBERTO PERULLI;

– ricorrente –

contro

L.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DARDANELLI N.

46, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA VENUTI, rappresentato

e difeso dall’avvocato OSVALDO FRATINI;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di AREZZO, depositato il 28/09/2016

R.G.N. 832/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2021 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA

MARIO visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis,

convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha

depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

1. Con decreto 28 settembre 2016, il Tribunale di Arezzo ammetteva L.L. allo stato passivo di Eutelia s.p.a. in amministrazione straordinaria, in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751bis c.c., n. 1, per il credito di Euro 8.117,74, a titolo di straordinario per gli anni 2005/2007 e di Euro 3.419,84 di T.f.r. maturato nel periodo giugno 2001 – gennaio 2004, previa riqualificazione del rapporto tra le parti in tale intervallo temporale in uno di lavoro subordinato con inquadramento dell’opponente al V livello del CCNL Telecomunicazioni, in aggiunta ai crediti già ammessi (di Euro 6.185,41 per emolumenti retributivi e Euro 4.810,74 per indennità dovute alla cessazione del rapporto di lavoro, in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751bis c.c., n. 1), oltre rivalutazione ed interessi come per legge.

2. In esito ad argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie e della C.t.u. contabile esperita, il Tribunale accertava, per il periodo anteriore alla regolare assunzione dalla società del lavoratore come dipendente nel febbraio 2004, in luogo del rapporto formalmente qualificato tra le parti di collaborazione coordinata continuativa, l’esistenza di un rapporto di subordinazione a tempo indeterminato, riconoscendo al primo, per identità di mansioni svolte, l’inquadramento suindicato, corrispondente a quello con il quale poi era stato assunto; e per il periodo successivo, esso riconosceva l’effettiva prestazione dell’orario straordinario rivendicato, in misura degli importi sopra indicati, in quanto nei limiti della domanda formulata, benché risultati di entità maggiore.

3. Con atto notificato il 28 ottobre (8 novembre) 2016, la società ricorreva per cassazione con tre motivi, cui il lavoratore resisteva con controricorso.

4. Il P.G. rassegnava conclusioni scritte, a norma del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8bis, inserito da L. conv. n. 176 del 2020, nel senso del rigetto del ricorso.

5. Entrambe le parti comunicavano memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza, nella copia notificata al controricorrente, dell’ultima pagina con le conclusioni, che avrebbe leso il suo diritto di difesa ovvero di sua improcedibilità, qualora la pagina mancasse anche nell’originale, essendo attestata la conformità della copia notificata all’originale.

2. Essa è infondata, posto che la mancanza nella copia notificato del ricorso per cassazione, il cui originale risulti tempestivamente depositato, di una o più pagine non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce vizio della notifica sanabile, con efficacia ex tunc, mediante nuova notifica di una copia integrale, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell’intimato, salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese (Cass. s.u. 14 settembre 2016, n. 18121; Cass. 16 febbraio 2017, n. 4092).

Inoltre, la mancanza di una o più pagine nell’originale del ricorso per cassazione depositato comporta l’inammissibilità del motivo che non sia intellegibile, non superabile neppure ove la copia notificata e depositata dal resistente risulti completa, atteso che il ricorso, a pena d’improcedibilità, deve essere depositato in originale entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c. e, pertanto, il principio del raggiungimento dello scopo può operare solo grazie ad atti compiuti entro tale termine (Cass. 7 maggio 2015, n. 9262).

2.1. Nel caso di specie, il controricorrente non ha allegato alcun pregiudizio alla piena intellegibilità della copia notificata del ricorso, avendo svolto difese nel merito esaurienti e pienamente consapevoli.

3. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio oggetto di discussione tra le parti, per erronea qualificazione del rapporto, in assenza del vincolo di subordinazione del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare datoriale, con valorizzazione di indici sussidiari irrilevanti, al contrario del nomen iuris attribuito dalle parti.

4. Con il secondo, essa deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 69, ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per erroneo accertamento di un rapporto di subordinazione tra le parti, in assenza di esame dei contratti di collaborazione coordinata continuativa a progetto stipulati tra le stesse, in quanto non prodotti, né tanto meno della loro validità in relazione al progetto individuato, senza alcuna distinzione in ordine alla natura assoluta o relativa della presunzione di subordinazione, in caso di invalidità del progetto.

5. Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili.

6. Non si configura la violazione della norma di diritto solo formalmente denunciata, in quanto non integrata dalla deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, implicante un problema interpretativo; posto che, nel caso di specie, si tratta piuttosto dell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340), ovviamente nei limiti del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qui non ricorrente in assenza di un fatto storico, vertendo le censure sulla contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053).

6.1. Perché è tale la prospettazione di una diversa valorizzazione di indici rilevanti, in particolare del nomen iuris attribuito dalle parti (in ogni caso contando, a fini di qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, i dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento della prestazione, piuttosto che la volontà espressa dalle parti al momento della stipula del contratto di lavoro: Cass. 15 giugno 2009, n. 13858; Cass. 19 agosto 2013, n. 19199; Cass. 8 aprile 2015, n. 7024, in riferimento alla non vincolatività della qualificazione del rapporto di lavoro come contratto di collaborazione coordinata e continuativa; Cass. 19 novembre 2018, n. 29764), in funzione della natura subordinata del rapporto e pertanto di una sostanziale rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, inammissibile in sede di legittimità (Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987), a fronte di un accertamento in fatto del Tribunale, congruamente argomentato (per le ragioni esposte dal terzo capoverso di pg. 3 al penultimo di pg. 4 e ancora al secondo di pg. 5 del decreto), anche in riferimento alla valutazione operata dell’inquadramento formale del lavoratore, nel primo periodo, sulla base di contratti di collaborazione coordinata continuativa non prodotti (al secondo capoverso di pg. 3 del decreto), insindacabile da questa Corte.

6.2. Il Tribunale ha esattamente applicato principi di diritto in materia (enunciati all’ultimo capoverso di pg. 4 e al primo di pg. 5 del decreto), a riguardo dell’individuazione dello specifico elemento distintivo della subordinazione (ossia della soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, discendente dall’emanazione di ordini specifici oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa, senza necessità di prova anche dell’esistenza di un diverso rapporto: Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728), precipuamente qualificante il rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 2094 c.c. e desumibile da un insieme di circostanze che devono essere complessivamente valutate da parte del giudice del merito (Cass. 26 agosto 2013, n. 19568; Cass. 31 maggio 2017, n. 13816), alla stregua di un accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (Cass. 5 novembre 2009, n. 23455; Cass. 4 maggio 2011, n. 9808; Cass. 2015, n. 14434).

D’altro canto, qualora l’elemento della soggezione del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, il giudice può fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa, dell’assetto organizzativo apprestato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale: elementi che, ciascuno privo di valore decisivo, possono tuttavia essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione (Cass. 29 marzo 2004, n. 6224; Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 17 aprile 2009, n. 9256; Cass. 19 aprile 2010, n. 9252; Cass. 21 gennaio 2019, n. 1511).

7. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1, comma 2, lett. c), per il mancato assolvimento del rigoroso onere probatorio, a carico del lavoratore, non avendo egli dimostrato il numero delle ore di lavoro straordinario effettivamente prestato, sulla base di visualizzazioni di presenze giornaliere rilevate senza documentazione della loro procedura di controllo.

8. Anch’esso è inammissibile.

9. Ribadito il rigoroso onere probatorio a carico del lavoratore, che agisca per ottenere il compenso per lavoro straordinario (Cass. 29 gennaio 2003, n. 1389; Cass. 20 febbraio 2018, n. 4076; Cass. 19 giugno 2018, n. 16150), la valutazione del suo assolvimento integra un accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, se correttamente e logicamente motivato (Cass. 5 aprile 2004, n. 6661).

9.1. Nel caso di specie, il Tribunale ha compiuto un accertamento in fatto sulla base delle scrutinate risultanze istruttorie: sicché, anche con il presente mezzo la ricorrente ha analogamente dedotto un error in iudicando, in realtà mascherante un’inammissibile contestazione nel merito di un accertamento congruamente argomentato del Tribunale (per le ragioni esposte dal primo capoverso di pg. 6 al terz’ultimo capoverso di pg. 7 del decreto).

10. Dalle argomentazioni sopra svolte discende l’inammissibilità del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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