Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25369 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/10/2017, (ud. 24/05/2017, dep.25/10/2017),  n. 25369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21425/2011 proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA, P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.L.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VICOLO DE’

BURRO’ 165, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PELAGGI, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 817/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/09/2010, R.G.N. 1192/08.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza 10 settembre 2010 la Corte d’Appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava illegittimo il termine apposto al contratto di lavoro temporaneo stipulato ai sensi della L. n. 196 del 1997, con instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra M.L.M. e l’impresa utilizzatrice Autostrade per l’Italia Spa, a decorrere dal 15 luglio 2001, e con condanna della società alla riammissione in servizio della lavoratrice ed alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla messa in mora;

che avverso tale sentenza Autostrade per l’Italia Spa ha proposto ricorso affidato a plurimi motivi, cui ha opposto difese l’intimata con controricorso;

che la società ha comunicato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che preliminarmente va disattesa l’eccezione formulata da parte controricorrente di inammissibilità del ricorso per mancata formulazione del quesito di diritto, in quanto l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, si applica “ratione temporis” ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma, disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, mentre nel caso di specie la sentenza è stata pubblicata successivamente a detta data;

che i primi tre motivi, congiuntamente esaminabili perchè censurano sotto vari profili la sentenza impugnata nella parte in cui ha disconosciuto lo scioglimento del contratto per mutuo consenso ai sensi dell’art. 1372 c.c., non possono trovare accoglimento in quanto la Corte territoriale si è uniformata al principio dell’inidoneità del solo decorso del tempo, in assenza di circostanze ritenute significative di una chiara e comune volontà delle parti contraenti, a porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (tra le altre: Cass. n. 1780 del 2014; Cass. n. 13535 del 2015; Cass. n. 25844 del 2015), trattandosi comunque di valutazione del significato e della portata del complesso di elementi di fatto di competenza del giudice di merito (Cass. SS.UU. n. 21691 del 2016, in motivazione, punto 57; Cass. n. 2906 del 2015) le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono – come nella specie – vizi logici o errori di diritto (Cass. n. 16932 del 2011);

che il quarto motivo denuncia insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio in quanto dall’esame della sentenza gravata non si comprenderebbe l’iter che avrebbe condotto la Corte territoriale a ritenere non assolto l’onere della prova gravante sull’impresa circa la ricorrenza delle condizioni che giustificavano l’apposizione della causale al contratto per il ricorso al lavoro interinale in ragione dell’espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie;

che esso non può trovare accoglimento per le ragioni già espresse da questa Corte in controversie analoghe (Cass. n. 17836 del 2015; conf. Cass. n. 15447 del 2016) e che vanno qui ribadite;

che infatti la prova della effettività della causale posta a base dell’impiego del lavoratore temporaneo non poteva che ricadere sull’utilizzatrice che aveva inteso avvalersene, trattandosi di un elemento imprescindibile ai fini della verifica della legittimità del contratto interinale;

che l’accertamento in fatto della ricorrenza delle condizioni che giustificavano il ricorso al lavoro temporaneo, attraverso la valutazione e l’apprezzamento del complessivo materiale probatorio acquisito al giudizio, appartiene alla competenza esclusiva del giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità laddove non emerga – come nella specie non emerge – un vizio motivazionale concernente un fatto decisivo che se fosse stato diversamente valutato avrebbe condotto, con grado di certezza e non di mera probabilità, ad un opposto esito della lite;

che invece deve essere accolto il quinto motivo di ricorso con cui si invoca della L. n. 183 del 2010, art. 32, quale ius superveniens applicabile a tutti i giudizi pendenti all’entrata in vigore della legge (v. fra le altre Cass. n. 16763 del 2015 ed i precedenti ivi richiamati) anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l’accertamento della nullità di un contratto di lavoro temporaneo con conversione in rapporto a tempo indeterminato tra lavoratore ed utilizzatore della prestazione (per tutte v. Cass. n. 1148 del 2013 e Cass. n. 8286 del 2015);

che le Sezioni unite di questa Corte, con la sent. n. 21691 del 2016, hanno statuito che “in tema di ricorso per cassazione, la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico”;

che, pertanto, assorbito l’ultimo motivo di ricorso riguardante l’aliunde perceptum e respinto ogni altro, va accolto il quinto mezzo nei sensi e nei limiti del detto ius superveniens, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso e con rinvio per il riesame, sul punto, alla Corte di Appello indicata in dispositivo, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante ex art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. n. 14461 del 2015), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine (cfr. per tutte Cass. n. 3062 del 2016), provvedendo altresì alle spese del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, assorbito l’ultimo e rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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