Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25368 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 09/10/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 09/10/2019), n.25368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4818/2014 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIOBE 19/A,

presso lo studio dell’avvocato LUIGINA PALOMBI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FELICIANO PALMIERI;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso la sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati TERESA OTTOLINI e LUCIANA ROMEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1137/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 30/09/2013, R.G.N. 1513/2011.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 26 settembre 2013, la Corte d’Appello di Salerno, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Vallo della Lucania, accoglieva la domanda proposta da C.B. nei confronti dell’INAIL, avente ad oggetto la condanna dell’Istituto al pagamento dell’indennizzo per danno biologico relativamente ai postumi di malattia professionale, tuttavia avendo riguardo ad un’invalidità valutata nel grado del 15% a fronte di una valutazione del giudice di prime cure pari al 16% per il periodo giugno 2003/ottobre 2005 e del 25% dal novembre 2005;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto di dover aderire alla CTU rinnovata in sede di gravame che identificava nell’ambiente di lavoro una mera concausa e non tanto dell’infermità in sè (asma allergico) quanto dell’intensificarsi della reattività del soggetto per effetto dell’esposizione a sostanze irritanti;

che per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INAIL.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 10, comma 4 e artt. 40 e 41 c.p., imputa alla Corte territoriale di aver erroneamente apprezzato le risultanze istruttorie da cui era desumibile la raggiunta prova della positività ad allergeni specifici utilizzati nella lavorazione e l’omessa pronunzia in ordine all’efficienza causale, anche remota ed indiretta degli stessi nella produzione dell’evento;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., il ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’aver questa attribuito, in sede di valutazione dell’efficienza causale dei fattori emersi in sede istruttoria, prevalenza ad una causa extralavorativa remota e non scientificamente accertata, rispetto alla causa lavorativa documentalmente provata;

che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, atteso che le censure sollevate con il primo motivo di ricorso relativamente al giudizio che, in adesione alle risultanze della CTU, la Corte territoriale ha espresso circa l’efficienza causale dei fattori lavorativi dedotti, in particolare sull’assenza nell’ambiente di lavoro di allergeni specifici, si risolvono nella mera confutazione del giudizio tecnico del CTU, per di più basato sul dato meramente empirico emerso dalle dichiarazioni testimoniali dei colleghi per cui tutti a turno dovevano allontanarsi per respirare ed in presenza dell’ammesso concorrere con i fattori lavorativi indicati di una patologia infiammatoria (asma bronchiale) diagnosticata in epoca risalente da nosocomio specializzato in malattie respiratorie, di cui si pretenderebbe l’assoluta irrilevanza, avendo dovuto il CTU limitarsi ad accertare l’efficienza causale dei soli fattori lavorativi, mentre il disconoscimento, censurato con il secondo motivo, degli indicati fattori lavorativi quale concausa della malattia sofferta, non appare conferente rispetto al decisum della Corte territoriale, che, pur limitando il grado di invalidità riconosciuto rispetto al giudizio di primo grado, ha, in relazione appunto alla riconosciuta efficienza di quei fattori quali concause della produzione dell’evento, fondato sul principio desumibile dalle norme invocate (artt. 40 e 41 c.p.) il diritto alla liquidazione dell’indennizzo per danno biologico richiesto dal ricorrente;

– che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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