Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25366 del 12/12/2016

Cassazione civile sez. lav., 12/12/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 12/12/2016), n.25366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9872-2011 proposto da:

L.M. c.f. (OMISSIS), nella sua qualità di genitore

esercente la patria potestà della sua figlia minore

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO 1A, presso

lo studio dell’avvocato ANGELO MALEDDU, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANGELO SERRA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE C.F. 80415740580;

– intimato –

avverso la sentenza n. 189/2010 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 01/04/2010 R.G.N. 89/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. SPENA FRANCESCA;

udito l’Avvocato RICCI MAURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Oristano del 6.10.2006 L.M., n.q. di genitore della minore C.M., agiva nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia e delle Finanze per il riconoscimento del diritto della minore a percepire la indennità di accompagnamento ovvero in via gradata la indennità di frequenza.

Il Tribunale rigettava entrambe le domande; in particolare quanto alla indennità di frequenza, per la quale ricorreva il requisito sanitario, riteneva non provato il presupposto della frequenza scolastica o di centri specializzati di recupero, come previsto dalla L. n. 289 del 1990, art. 1, comma 2 e 3.

La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 17.2 – 1.4.2010 (nr. 189/2010), rigettava l’appello di L.M..

La Corte territoriale osservava che la domanda della indennità di frequenza non poteva trovare accoglimento prima ancora che per la rilevata assenza di prova dei requisiti extrasanitari per la assoluta carenza di specifica allegazione al riguardo nel ricorso introduttivo del giudizio.

In ogni caso le certificazioni sanitarie prodotte (certificazioni della dott. Serra e della Clinica pediatrica dell’Università di Cagliari), contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, non attestavano la frequenza periodica o continuativa da parte della minore di strutture ambulatoriali (ovvero di scuole pubbliche o private) ma, rispettivamente, la necessità di controlli oculistici periodici (certificato della Dott. S. del 23.8.2006) e di presentazione periodica presso l’ambulatorio della 2^ clinica pediatrica (certificato del 19.9.2006) senza indicare la effettiva frequenza e la durata di tali trattamenti.

Per la cassazione della sentenza ricorre L.M., articolando un unico motivo.

Resiste con controricorso l’INPS.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la parte ricorrente ha denunziato violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 1990, art. 1, comma 2, e art. 2, commi da 1 a 3.

Ha dedotto di avere dimostrato attraverso la certificazione medica del (OMISSIS) della 2^ Clinica pediatrica della Università degli studi di Cagliari che la minore dal (OMISSIS) era seguita da quella struttura in regime di day hospital, in quanto necessitante di controlli periodici finalizzati al monitoraggio ed alla cura della sindrome da cui era affetta (sindrome di MARFAN).

La prova era stata quindi offerta, come puntualmente dedotto con l’atto di appello.

La motivazione della Corte di merito, fondata sulla mancata indicazione della durata del trattamento, evocava chiaramente le disposizioni della L. n. 289 del 1990, art. 2, comma 2 e 3, che richiedevano tale indicazione.

Tale disciplina, tuttavia, non si riferiva ai requisiti del diritto alla prestazione, disciplinati dal precedente art. 1, comma 2 della stessa legge, ma alle modalità della sua erogazione.

Il diritto avrebbe dovuto dunque essere riconosciuto sulla base della certificazione prodotta; l’ente erogatore avrebbe poi acquisito ulteriore certificazione contenente la precisa indicazione della durata del trattamento per il calcolo del periodo di tempo nel corso del quale la prestazione doveva essere erogata.

La proposta interpretazione trovava conferma – ha assunto la ricorrente – nella stessa struttura della L. n. 289 del 1980, art. 2, che per il procedimento amministrativo prevedeva la allegazione alla domanda della prestazione di una documentazione attestante la iscrizione o la frequenza e non anche la durata del trattamento (comma 1), che sarebbe stata documentata solo successivamente, per iniziativa dell’ente concedente (comma due).

Peraltro nella fattispecie concreta neppure era individuabile il termine finale della frequenza, giacchè la malattia sofferta obbligava la minore ad un monitoraggio costante anche dopo il compimento della maggiore età.

Una interpretazione che avesse ritenuto necessaria alla concessione della indennità di frequenza la prova della durata del trattamento anche in caso di patologie irreversibili sarebbe stata illogica e non rispettosa della ratio della provvidenza.

In ogni caso nelle more del giudizio il diritto alla prestazione era stato riconosciuto in via amministrativa sicchè i ratei in contestazione erano quelli decorrenti dall’agosto 2006 alla data della liquidazione operata dall’INPS.

Il ricorso è inammissibile.

La sentenza impugnata è fondata su una doppia ratio decidendi; la Corte territoriale ha infatti rilevato che la pretesa non poteva trovare accoglimento prima ancora che per la mancata dimostrazione dei requisiti extrasanitari della indennità di frequenza per la radicale assenza di specifica allegazione al riguardo.

La decisività del rilievo è esplicita nella motivazione della sentenza, nella quale sul difetto di allegazione si legge:

“Il che, già di per sè appare preclusivo al riconoscimento della indennità di frequenza per il radicale difetto di allegazione dei fatti costitutivi della pretesa azionata.

Nè può ritenersi che tale difetto di allegazione sui fatti costitutivi della pretesa azionata sia rimasto privo di conseguenze anche sul piano probatorio, dovendosi escludere che la stessa possa essere surrogata dalle risultanze… desumibili dalle certificazioni sanitarie”.

Ove la sentenza impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (ex plurimis: Cassazione civile, sez. lav., 11/02/2011, n. 3386; sez. 3, 20/11/2009, n. 24540; Cass. 11 gennaio 2007 n. 389; Cass. 18 settembre 2006 n. 20118).

Ad abundantiam si osserva che il difetto di prova è stato ritenuto dalla Corte territoriale non soltanto in ordine alla “durata” del trattamento terapeutico ma in ordine alla stessa “frequenza” giacchè la corte ha affermato che i certificati attestavano la sola “necessità” della periodica presentazione della minore presso l’ambulatorio della clinica pediatrica (e non anche la effettiva frequentazione dell’ambulatorio).

Tale accertamento in punto di fatto non è stato in questa sede contestato sicchè la censura mossa in punto di diritto (quanto alla ininfluenza della prova della durata del trattamento terapeutico ai fini dell’accertamento del diritto alla indennità di frequenza) non varrebbe comunque ad infirmare il decisum.

Le spese sostenute dall’ INPS controricorrente restano irripetibili, essendo stata resa la dichiarazione di responsabilità ex art. 152 disp. att. c.p.c..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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