Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25366 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 09/10/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 09/10/2019), n.25366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24436/2014 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato RENATO

SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CLAUDIO SCOGNAMIGLIO;

– ricorrente –

contro

S.L., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA VALGARDENA 3, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO DE

SANCTIS, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO SAVOLDI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1933/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/10/2013, R.G.N. 1244/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.L. ed altri litisconsorti, ex dipendenti (o loro aventi causa) della Banca Nazionale dell’Agricoltura, poi incorporata nella Banca Antoniana Popolare Veneta, convennero in giudizio l’ex datrice di lavoro avanti al Tribunale di Milano, per ottenere l’accertamento del proprio diritto alla corresponsione (al momento della cessazione del rapporto di lavoro) delle “differenze di rendimento” delle polizze INA stipulate dalla Banca in attuazione di quanto previsto dal R.D.L. n. 5 del 1942, per garantire ai propri dipendenti la percezione di un’ indennità di anzianità non inferiore a quella prevista dalla legge in questione, rendimento da calcolarsi in misura proporzionata ai versamenti dei premi che la Banca avrebbe dovuto effettuare sulla polizza aggiuntiva – mai disdettata – a fronte delle effettive retribuzioni corrisposte via via nel tempo ai ricorrenti, nonchè con l’accredito dei rendimenti della polizza, cui la Banca aveva rinunziato in favore dei dipendenti come comunicato con lettera circolare del 1946.

2. Il Giudice adito respinse il ricorso e la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 12.5 – 24.6.2005, rigettò il gravame proposto dagli originari ricorrenti. A sostegno del decisum la Corte territoriale osservò che il “congelamento” del capitale assicurato, attuato dalla Banca nel 1950 e costituente revoca del contratto a favore di terzi a suo tempo stipulato, era da ritenersi efficace nei confronti di coloro che, siccome assunti successivamente alla stipula della convenzione, non avrebbero potuto dichiarare di volerne approfittare; inoltre la revoca della precedente concessione, “attuata senza contrasti mediante un comportamento concludente, consistito nella mancata corresponsione, per un tempo ormai lunghissimo, degli importi aggiuntivi”, a prescindere dalla revoca che sarebbe stata contenuta in una circolare del 1955, rendeva irrilevante la questione riguardante la natura di semplice fotocopia di tale documento, peraltro non contestato nella sua corrispondenza con l’originale.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale gli originari ricorrenti proponevano ricorso per cassazione, all’esito del quale questa Corte, accogliendo il motivo di ricorso con il quale si addebitavano alla sentenza gravata la violazione di legge e il vizio di motivazione, con la sentenza n. 4513 del 24/02/2010 cassava la pronuncia impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Milano.

4. Richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8182/1993, la sentenza rescindente argomentava che l’obbligo della Banca di adeguare i premi agli aumenti di retribuzione, derivando direttamente dal R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4, non poteva essere posto nel nulla da una manifestazione unilaterale di volontà dello stipulante e continuava ad operare in favore di tutti i dipendenti fino al 1982. Invece, l’obbligo della Banca di devolvere ai dipendenti gli interessi sui premi corrisposti all’assicuratore, trovando origine esclusivamente nella convenzione aggiuntiva del 18 maggio 1946, costituente essa stessa un contratto a favore di terzi, poteva essere revocato, a norma dell’art. 1411 c.c., fino al momento in cui il terzo non avesse dichiarato di volerne profittare.

5. Da tali considerazioni emergeva dunque l’erroneità, in diritto, dell’assunto della sentenza impugnata secondo cui anche l’obbligo datoriale di adeguare i premi dell’assicurazione ai successivi aumenti delle retribuzioni potesse essere oggetto di revoca unilaterale. Per quanto invece concerne l’obbligo della Banca di devolvere ai dipendenti gli interessi sui premi corrisposti all’assicuratore, il mero riferimento alla durata temporale della mancata corresponsione non poteva costituire di per sè elemento conducente al fine di ritenere l’opponibilità della revoca in tal modo attuata ai dipendenti assunti successivamente, non spiegando affatto se, e in che termini, detti dipendenti fossero stati messi a conoscenza della suddetta tacita revoca e posti così in grado a loro volta di accettarla, dovendosi ritenere che gli stessi, pacificamente assunti dopo la convenzione del 18.5.1946, in difetto di elementi di giudizio di opposto segno, avessero per contro tacitamente dichiarato di voler profittare del beneficio loro concesso con tale atto.

6. Aggiungeva che avrebbe potuto assumere rilevanza la lettera circolare del 1955, che nella tesi della Banca conteneva la comunicazione della revoca della circolare del 18 maggio 1946, a condizione che di tale documento potesse tenersi conto ai fini del decidere, occorrendo in tal caso accertarne l’intervenuta comunicazione ai lavoratori.

7. La Corte d’appello di Milano, decidendo in sede di rinvio, accoglieva le domande proposte dagli ex dipendenti di BNA ed aventi causa ed accertava il loro diritto ad ottenere le somme maturate sino al 31/5/1982 a titolo di indennità dovuta in forza di polizza Ina stipulata dalla datrice di lavoro ai sensi del R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4, nonchè a titolo di rendimento della predetta polizza rinunciato da BNA S.p.A. a favore dei propri dipendenti, nei termini previsti dalla circolare n. 266 del 1946 e della polizza come modificata il 18 maggio 1946. Condannava quindi la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., incorporante BNA, poi Banca Antoniana Popolare Veneta, al pagamento in favore dei ricorrenti e aventi causa delle somme per ciascuno partitamente indicate in dispositivo, determinate a mezzo c.t.u., oltre rivalutazione monetaria ed interessi maturati successivamente alla data indicata dalla relazione di c.t.u., oltre alla rifusione delle spese di tutti i gradi del giudizio.

8. A motivo della decisione, la Corte meneghina argomentava che il documento datato 19 febbraio 1955, che la Banca assumeva essere l’avvenuta comunicazione ai dipendenti dell’abrogazione del beneficio in questione, era in realtà solo un elenco di circolari asseritamente abrogate, inviato alle Direzioni delle filiali, non recante alcuna comunicazione al personale interessato.

9. Per la cassazione della sentenza la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, cui hanno resistito con controricorso gli originari ricorrenti. Le parti hanno depositato anche memoria ex art. 380 bis.1.c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

10. non sussiste il difetto di procura ad litem dei difensori della ricorrente eccepito dai controricorrenti nella memoria, considerato che la procura speciale in calce al ricorso è stata rilasciata ai difensori dal procuratore speciale avv. Michele Zazzi, a ciò espressamente autorizzato con Delib. 25 marzo 2014 del Consiglio di Amministrazione della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., allegata agli atti nel fascicolo della Banca.

11. Neppure può ritenersi che il pagamento spontaneo di quanto accertato nella sentenza della Corte d’appello di Milano, effettuato dopo il rigetto del ricorso in opposizione al precetto, sia preclusivo dell’impugnazione, considerato che esso è privo dei necessari requisiti di univocità e assoluta incompatibilità con la volontà di proporre il gravame richiesti per ritenersi consolidata l’acquiescenza dall’art. 329 c.p.c., trattandosi di comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese dei successivi atti di esecuzione (v. Cass. n. 6334 del 01/04/2016, Cass. Sez. U, n. 9687 del 22/04/2013).

12. A fondamento del ricorso Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. deduce come primo motivo, la violazione o falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c. e art. 394 c.p.c., anche in relazione agli artt. 1326,1374 e 1411 c.c.. Lamenta che la Corte territoriale si sia soffermata sulla sola questione della revoca o meno del beneficio a mezzo della circolare del 19 febbraio 1955, senza esaminare la questione logicamente preliminare della costruzione del regolamento contrattuale al fine di verificare se quel determinato beneficio potesse dirsi in esso ricompreso.

13. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e lamenta che la Corte territoriale non abbia verificato l’incidenza del contegno di non contestazione serbato durante tutto l’arco temporale coperto dal rapporto dagli attuali intimati relativamente alla mancata devoluzione agli stessi degli interessi corrisposti sui premi di assicurazione.

14. Come terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c., anche relazione all’art. 420 c.p.c., ed in via subordinata censura la sentenza d’appello ove ha ritenuto – esaminando la circolare del 19 febbraio 1955 – che da un lato la fotocopia prodotta dalla banca fosse stata ritualmente contestata nella sua conformità all’originale dal difensore dei ricorrenti e dall’altro che la stessa fosse strutturalmente inidonea ad integrare una comunicazione al personale interessato, rivolgendosi alle Direzioni delle filiali.

15. Come quarto motivo lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio costituito dalla conoscenza, da parte dei dipendenti della banca, della revoca della circolare del 1946 ad opera della circolare del 19 febbraio 1955. Richiama la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato la correttezza di accertamenti fattuali delle corrispondenti sentenze di merito dai quali si presumeva l’esistenza e la diffusione presso il personale del circolare del 19 febbraio 1955.

16. Il ricorso non è fondato.

Con riguardo al primo motivo, occorre premettere che il giudice del rinvio era tenuto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza rescindente, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti, già acquisiti al processo ed in relazione ai quali tale principio doveva operare (v. da ultimo Cass. n. 22989 del 26/09/2018).

17. La Corte territoriale ha dunque di necessità tratto le premesse del proprio ragionamento dalla premessa storica assunta da questa Corte a fondamento della propria pronuncia, secondo la quale sussisteva un obbligo della Banca di adeguare i premi agli aumenti di retribuzione, derivante dal R.D.L. n. 5 del 1942, art. 4, ed un obbligo di devolvere ai dipendenti gli interessi sui premi corrisposti all’assicuratore, che traeva origine dalla convenzione aggiuntiva del 18 maggio 1946.

18. Il secondo motivo è parimenti infondato. Con riferimento alla cassazione per vizio di motivazione, il giudice del rinvio mantiene le facoltà relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova che gli competono originariamente quale giudice di merito, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento. Nel rinnovare il giudizio, è però tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente od implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati (Cass. n. 2652 del 02/02/2018), senza la possibilità di dissentire sulla decisività dei fatti indicati dalla Corte di cassazione (Cass. n. 8971 del 29/03/2019).

19. Nel caso, la sentenza rescindente aveva negato rilevanza autonoma al comportamento dei dipendenti, qualora esso non fosse frutto di una consapevole accettazione della revoca del beneficio. La Corte di merito ha dunque valutato anche il contegno serbato dai dipendenti di protratta inerzia a fronte della mancata attribuzione del beneficio, argomentando che esso nel caso non risultava significativo, in quanto (pg. 16) gli stessi ricorrenti avevano verificato solo alla data di risoluzione del rapporto che la Banca aveva unilateralmente revocato i benefici riepilogati e comunicati mezzo della circolare del 1946.

20. Il motivo si traduce quindi in un’ inammissibile richiesta di riesame del merito della soluzione adottata dal giudice territoriale, compiuta con motivazione corretta e coerente con l’ambito di indagine demandatogli.

21. Il terzo motivo è inammissibile per difetto di interesse, considerato che la Corte territoriale ha valutato la detta circolare del 1955, anche a prescindere dalla contestazione della conformità all’originale del documento prodotto, ritenendo tuttavia che essa non potesse valere a comunicare ai dipendenti la revoca della circolare del 1946, essendo rivolta esclusivamente ai Direttori di filiale.

22. Nella parte in cui si sollecita una diversa lettura di detto documento, il motivo è poi inammissibile, non rientrando una nuova valutazione delle medesime risultanze fattuali tra i poteri attribuiti a questa Corte dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (v. Cass. S.U. 07/04/2014, n. 8053 e 8054).

23. Analogamente inammissibile è il quarto motivo, considerato che non costituisce fatto decisivo autonomamente valutabile ex art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini di ottenere un diverso risultato interpretativo il risultato ermeneutico cui è giunto il giudice di merito in altro processo.

24. Segue coerente il rigetto del ricorso.

25. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c., in favore del difensore in virtù della dichiarata anticipazione.

26. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 18.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. Massimo Savoldi.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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