Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25360 del 29/11/2011
Cassazione civile sez. II, 29/11/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 29/11/2011), n.25360
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –
Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7945-2006 proposto da:
P.E.G., (OMISSIS) elettivamente
domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 44, presso lo studio
dell’avvocato IMPERIO MICHELE, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FERRONI FRANCESCO;
– ricorrente –
contro
D.E.M. (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 160/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 24/01/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/11/2011 dal Presidente Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25 settembre 1991 P. E.G. conveniva davanti al Tribunale di Lucca la Albergo Residence Elisa s.r.l., chiedendo la condanna della stessa al pagamento della somma di L. 22.571.57 9 quale quota parte degli oneri di gestione del complesso alberghiero denominato “Residenza Turistico Alberghiera Green House”, sito in (OMISSIS), gestione affidata ad essa attrice.
Con altra citazione notificata il 6 settembre 1994 la stessa P.E.G. estendeva la sua domanda nei confronti di D.E.M., avente causa dalla Albergo Residence Elisa s.r.l., in virtù di apposta clausola del regolamento di gestione dell’albergo-residence, approvato dall’assemblea dei comproprietari con Delib. 18 maggio 1990, trascritto, nonchè dell’art. 1104 c.c., comma 3, entrambi prevedenti l’obbligo solidale del cessionario di quota della proprietà comune di pagare i contributi dovuti dal cedente.
D.E.M., costituitasi, eccepiva l’inopponibilità nei suoi confronti del regolamento invocato dalla attrice.
Il Tribunale di Lucca, riunite le cause, con sentenza in data 15 settembre 2002, dato atto di un parziale pagamento eseguito dalla Albergo Residence Elisa s.r.l., condannava entrambe le convenute in solido al pagamento della residua somma pretesa dalla attrice.
Contro tale decisione D.E.M. proponeva appello, che veniva accolto dalla Corte di appello di Firenze con sentenza in data 24 gennaio 2005, in base alla seguente motivazione, per quello che ancora interessa in questa sede:
Nella specie lo stabile,destinato ad albergo, è nel suo complesso composto sia da parti (e servizi) condominiali, sia da quote divise, costituenti singole proprietà individuali, e pur esse contrattualmente (oltre che per legge) asservite alla destinazione turistico alberghiera. E’ chiaro, da ciò, che le norme civilistiche sulla comunione e l’eventuale regolamento condominiale possono regolamentare le parti, appunto, comuni de complesso edilizio, ma non anche l’esercizio del diritto individuale di ciascuno sulla sua porzione d’immobile, diritto che, essendo di origine contrattuale, non può che essere gestito in conformità del titolo costitutivo, nè subire modificazioni o limitazioni di sorta senza il consenso del titolare. Ecco perchè, riguardo alle singole unità, non si può parlare più di regolamento condominiale, ma, semmai, di regolamento gestionale, in quanto diretto a gestire, nell’interesse comune, anche le parti di proprietà non condominiale. Il regolamento condominiale, per fare un esempio banale, può stabilire, con la maggioranza del caso, quante volte si debbano pulire le scale del palazzo, non quante volte debba pulire il pavimento interno al mio appartamento; perchè ciò possa avvenire, è necessario il mio consenso formale.
In somma, la gestione di un complesso composto da più unità individuali è cosa completamente diversa dalla regolamentazione condominiale; essa può essere oggetto di contratto ma non di regolamentazione maggioritaria. Il richiamo, perciò, all’art. 1104 c.c. e, più in generale, alla normativa della comunione è, nella specie, del tutto errato. La stessa nomina del gestore del complesso (in tale veste la P. ha agito in giudizio) è cosa completamente diversa dalla nomina dell’amministratore condominiale e non ha alcun senso regolare la prima con la normativa propria di quest’ultimo. Nel caso di specie, perciò, il cd. regolamento di gestione che i vari proprietari del complesso si diedero senza il consenso di uno di essi, cioè dell’Albergo Residence Elisa, indipendentemente dalla trascrizione, non poteva essere opposto a quest’ultimo rimasto terzo, nè può essere opposto conseguentemente al sua avente causa.
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo, P.E.G..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso P.E.G. ribadisce la tesi secondo la quale il regolamento approvato a maggioranza in data 18 maggio 1990 era un tipico regolamento di comunione, con la conseguenza che esso era efficace nei confronti di tutti i partecipanti alla comunione, con l’ulteriore conseguenza che, secondo quanto previsto dall’art. 1104 c.c., comma 3, D.E.M. era solidalmente responsabile delle spese di gestione ma turate a carico della sua dante causa Albergo Residence Elisa s.r.l..
Il ricorso è infondato.
Va preliminarmente osservato che non viene contestato che le spese per cui è causa, come sostenuto nella sentenza impugnata, non attengano alle parti comuni del complesso alberghiero, ma alle spese di gestione riguardanti le parti di proprietà esclusiva (ed es., sul solco di quanto ipotizzato nella sentenza impugnata, per la pulizia della unità immobiliare poi acquistata da D.E.M.).
in tale prospettiva è evidente che l’assemblea non avrebbe potuto deliberare in merito ed è altrettanto evidente che D.E. M. non può essere chiamata a rispondere per spese che neppure la sua dante causa, in termini di stretto diritto, sarebbe stata obbligata a pagare.
E’ superfluo osservare che ove la disciplina delle spese di cui si discute fosse stata inserita in un regolamento che avesse anche il contenuto tipico previsto dall’art. 1106 c.c., comma 1, la soluzione non muterebbe.
In altri termini, l’unità formale del documento non farebbe venire meno la diversità sostanziale delle singole parti dello stesso e la loro diversa efficacia nei rapporti tra i comproprietari.
Va evidenziato che nel caso in cui si volesse aderire alla tesi della ricorrente, secondo la quale la causa verte in tema di spese di gestione delle parti comuni del complesso alberghiero di cui si discute P.E.G. sarebbe stata carente di legittimazione attiva avendo agito in proprio e non quale amministratrice del condominio o della comunione (ed in tale seconda ipotesi avrebbe addirittura avuto bisogno di una specifica autorizzazione dell’assemblea, ove il relativo potere di iniziativa processuale non fosse stato espressamente previsto).
proprietà esclusiva (ed es., sul solco di quanto ipotizzato nella sentenza impugnata, per la pulizia della unità immobiliare poi acquistata da D.E.M.).
In tale prospettiva è evidente che l’assemblea non avrebbe potuto deliberare in merito ed è altrettanto evidente che D.E. M. non può essere chiamata a rispondere per spese che neppure la sua dante causa, in termini di stretto diritto, sarebbe stata obbligata a pagare.
E’ superfluo osservare che ove la disciplina delle spese di cui si discute fosse stata inserita in un regolamento che avesse anche il contenuto tipico previsto dall’art. 1106 c.c., comma 1, la soluzione non muterebbe.
In altri termini, l’unità formale del documento non farebbe venire meno la diversità sostanziale delle singole parti dello stesso e la loro diversa efficacia nei rapporti tra i comproprietari.
Va evidenziato che nel caso in cui si volesse aderire alla tesi della ricorrente, secondo la quale la causa verte in tema di spese di gestione delle parti comuni del complesso alberghiero di cui si discute P.E.G. sarebbe stata carente di legittimazione attiva avendo agito in proprio e non quale amministratrice del condominio o della comunione (ed in tale seconda ipotesi avrebbe addirittura avuto bisogno di una specifica autorizzazione dell’assemblea, ove il relativo potere di iniziativa processuale non fosse stato espressamente previsto).
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Non avendo D.E.M. svolto attività difensiva in questa sede, nessun provvedimento va emesso in ordine alle spese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2011