Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25360 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.25/10/2017),  n. 25360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13439-2015 proposto da:

SICILCASSA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona

dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELL’OROLOGIO, 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO PALMIGIANO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 505/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 07/04/2015, R. G. N. 137/2012.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 7.4.2015, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la statuizione di primo grado che aveva ammesso al passivo di Sicilcassa s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa il credito vantato da M.M. a titolo di riscatto della posizione individuale vantata nei confronti del disciolto Fondo aziendale di integrazione delle pensioni (FIP), comprensivo di rivalutazione monetaria e interessi;

che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione Sicilcassa s.p.a. in l.c.a., deducendo tre motivi di censura;

che M.M. ha resistito con controricorso;

che entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con la memoria depositata ex art. 378 c.p.c., parte ricorrente, in ossequio a Cass. S.U. n. 477/2015, ha rinunciato al primo motivo di ricorso, con il quale si censurava la sentenza impugnata per aver riconosciuto il diritto dell’iscritto al Fondo all’ammissione al passivo per l’intera contribuzione versata, comprensiva della quota versata dal datore di lavoro e degli accessori maturati alla data di cessazione del Fondo;

che la rinuncia ad uno o più motivi di ricorso, che rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure, è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, onde resta sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 c.p.c. per la rinuncia al ricorso (cfr. da ult. Cass. n. 22269 del 2016);

che, con il secondo motivo di censura, parte ricorrente lamenta violazione dell’art. 429 c.p.c., per avere la Corte di merito accordato il cumulo di rivalutazione monetaria e interessi, nonostante il credito vantato avesse natura previdenziale;

che la censura è infondata, avendo questa Corte già fissato il principio secondo cui la L. n. 412 del 1991, art. 16, comma 6, con il quale è stata sancita la non cumulabilità di interessi e rivalutazione monetaria sulle prestazioni dovute da enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, si riferisce esclusivamente ai crediti previdenziali vantati verso gli enti suddetti e non è pertanto applicabile alle prestazioni pensionistiche integrative dovute dai datori di lavoro privati (Cass. n. 18041 del 2015); che, con il terzo motivo, parte ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90, comma 2, per avere la Corte di merito ritenuto che il calcolo degli accessori del credito non dovesse arrestarsi alla data del (OMISSIS), in cui Sicilcassa s.p.a. aveva ceduto il complesso delle proprie attività e passività ad altro istituto di credito;

che anche tale censura è infondata, avendo questa Corte già ritenuto, sulla scorta di Corte cost. n. 204 del 1989, che sui crediti di lavoro dovuti al dipendente di imprenditore dichiarato fallito è dovuta la rivalutazione monetaria anche in riferimento al periodo successivo all’apertura del fallimento, ancorchè fino al momento in cui lo stato passivo diviene definitivo, mentre gli interessi legali sono dovuti, senza il limite predetto, dalla maturazione del titolo al saldo (Cass. n. 16927 del 2014), mentre nessuna rilevanza possiede al riguardo la data di cessione delle attività e passività (cfr. Cass. n. 18405 del 2015, in motivazione);

che, per contro, è inammissibile la questione relativa alla possibilità che il credito per cui si controverte sia o meno assistito da privilegio, essendo stata per la prima volta prospettata con la memoria ex art. 378 c.p.c., e dunque in violazione del principio secondo cui le memorie presentate ai sensi della disposizione cit. sono destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie e non possono specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto di argomentazioni che non siano state adeguatamente prospettate o sviluppate con l’atto introduttivo, risultandone altrimenti violato il diritto di difesa della controparte (Cass. S.U. n. 11097 del 2006);

che il ricorso va conclusivamente rigettato, provvedendosi sulle spese del giudizio di legittimità come da dispositivo, giusta il criterio della soccombenza;

che, tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono inoltre i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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