Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25356 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 25/10/2017, (ud. 06/07/2017, dep.25/10/2017),  n. 25356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14622-2013 proposto da:

B.P., (OMISSIS), V.T. (OMISSIS),

B.S.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO

CESI 44, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MOLINARO, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFANIA SLOMPO,

GIUSEPPE BERGAMASCHI;

– ricorrenti –

contro

CASSA RAIFFEISEN LANA SOC COOP, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DI PRISCILLA 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO COEN,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEPHAN VALE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 191/2012 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO

sezione distaccata di BOLZANO, depositata il 10/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso;

udito l’Avvocato Ferdinando PETRIVELLI, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato Giuseppe BERGAMASCHI, difensore dei ricorrenti

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Vincenzo Antonio REYTANI, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato COEN Stefano, difensore della resistente che

ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.T. e B.S.N., deducendo di essere moglie e figlia di B.L., deceduto a (OMISSIS), esponevano che il de cuius aveva lasciato un testamento, con il quale disponeva dei propri beni immobili, lasciandone uno per due terzi al figlio B.P. e per un terzo alla figlia B.S. e l’altro per due terzi al figlio C. e per un terzo alla figlia A. ed alla moglie l’usufrutto di un appartamento sito nell’immobile lasciato a B.P. e S., che quest’ultimo sin dal primo istante era dei soli B.P. e S., che la Cassa Raiffeisen Lana in possesso di un decreto ingiuntivo a suo favore emesso il 28 marzo 2000 a carico di B.C. trascriveva ipoteca giudiziaria, non sull’immobile andato per successione al debitore, ma su tutti e due gli immobili, che detta trascrizione illegittima per la proprietà di P. e N. aveva effetti disastrosi per P. titolare della (OMISSIS), società di persone, perchè, avendo con la propria banca un fido, un mutuo e uno scoperto e avendo la propria banca scoperto che sulla sua proprietà insisteva un’ipoteca giudiziale aveva insistito per un piano di rientro dei propri debiti, determinando il suo fallimento; che il fallimento travolgeva, anche, le attrici avendo il de cuius dato fideiussione in favore del figlio P., che, pertanto, le banche aggredivano i risparmi di esse attrici, che tale situazione traeva origine dall’ingiusta iscrizione di ipoteca effettuata dalla Cassa Raiffeisen Lana, che in forza di un suo credito nei confronti di B.C. accendeva illegittimamente ipoteca sulla proprietà di B.P..

La convenuta Cassa Raiffeisen Lana affermava che il fallimento della (OMISSIS) di B.L. non era certo colpa propria e che B.P. già nel novembre del 2003 era stato classificato in posizione di sofferenza, che l’ipoteca giudiziale intavolata riguardava, esclusivamente, il debitore B.C., che l’intavolazione dell’ipoteca giudiziale era datata 15 novembre 2004, mentre la successione di B.L. era stata intavolata in data 28 aprile 2005; che solo dopo 16 mesi dall’intavolazione dell’ipoteca giudiziale in oggetto era stato dichiarato il fallimento di B..

Interveniva in causa anche B.P. per sostenere le ragioni dell’attrice e, ribadendo che tutta la situazione anche il proprio fallimento, trovava origine solamente nell’ingiusta accensione di ipoteca effettuata dalla Cassa Raiffeisen e chiedeva il ristoro dei danni subiti per Euro 490.000,00.

Espletata l’istruttoria, il Tribunale di Bolzano, con sentenza n. 129 del 2010, dichiarava l’inammissibilità dell’intervento di B.P., siccome, già in precedenza dichiarato fallito e, quindi, sfornito di capacità processuale, respingeva le richieste risarcitorie delle attrici, non ravvisando alcunchè di illecito nel comportamento tenuto dalla Cassa, la quale, dopo aver ottenuto il rilascio di certificato di eredità a nome del debitore B.C., in base al R.D. n. 499 del 1929, art. 13 bis aveva iscritto l’ipoteca solo sulla sua quota ereditaria, in una fase in cui ancora vigeva la comunione incidentale tra coeredi.

Avverso questa sentenza, proponevano appello B.N.S., T.V. e B.P.. B.P. in via preliminare eccepiva che la propria capacità processuale dipendeva dal fatto dell’inerzia del curatore. Nel merito, censurava la sentenza di primo grado perchè non avrebbe tenuto conto che i fratelli B. alla data del 15 novembre 2004, quando fu iscritta l’ipoteca, non potevano considerarsi eredi, ma, semplicemente chiamati all’eredità e che, quindi, l’iscrizione di ipoteca era stata chiesta e ottenuta illegittimamente.

Si costituiva la Cassa Raiffeisen, contestando la fondatezza dell’impugnazione.

La Corte di Appello di Trento, con sentenza n. 191 del 2012, notificata in data 3 aprile 2013, dichiarava ammissibile l’intervento in causa di B.P., respingeva l’appello e confermava la sentenza impugnata, condannava le attrici al pagamento delle spese del giudizio. Secondo la Corte di Appello di Bolzano, l’intervento in causa di B.P. era ammissibile, posto il disinteresse della curatela. L’appello era infondato perchè, contrariamente a quanto sostenuto dalle attrici, l’eredità di B.L. era stata accettata e, dunque, correttamente il Tribunale di Bolzano, nel rilasciare il certificato di eredità, aveva dichiarato che “consta che gli eredi hanno accettato l’eredità, se non altro perchè hanno continuato ad incassare il canone di affitto relativo ad uno degli immobili caduti in successione adibito a Caserma dei Carabinieri di (OMISSIS). Risultava dagli atti che la Banca Popolare nel 2005 non aveva manifestato disponibilità a concedere ulteriori crediti o dilazioni e aveva chiesto decreto ingiuntivo, non per aver rilevato l’iscrizione ipotecaria a carico del diverso nominativo di B. C., ma per ragioni esclusivamente inerenti al negativo evolversi, già da anni, della situazione del suo debitore B.P..

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da B.S.N., B.P. e Tullia Valentini, con ricorso affidato a tre motivi. La Cassa Raiffeisen Lana ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Ragioni della decisione

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RG. 14622 del 2013 Silvana Natalia – Cassa Raiffeisen Lana soc. coop.

1.= I sigg. B., Valentini lamentano:

a) Con il primo motivo del ricorso la violazione e falsa applicazione del RD. n. 499 del 1929 in relazione agli artt. 476,588,2043, 4814 cod. civ. con conseguente richiesta di cassazione della sentenza impugnata in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che, alla data del 15 novembre 2004, (quando la banca intavolò l’ipoteca) l’eredità fosse stata accettata, posto che gli eredi avevano continuato ad incassare il canone di affitto relativo ad uno degli immobili caduti in successione, non avendo tenuto conto che il de cuius aveva previsto una institutio in re certa e, dunque, non si era costituita alcuna comunione ereditaria e solo C. e A. potevano tacitamente accettare, solo ed unicamente, il bene a loro destinato (cioè, l’immobile affittato alla Caserma dei Carabinieri di Postai).

b) Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del RD. N. 499 del 1929 in relazione agli artt. 588 e 481 cod. civ., con conseguente richiesta di cassazione della sentenza impugnata in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale, nell’affermare che la Banca avrebbe, giustamente, intavolato ipoteca sulla certificata quota del coerede suo debitore C. B. e, che la

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certificazione deriverebbe dal certificato ex art. 13 RD n. 499 del 1929, non avrebbe tenuto conto che la Banca poteva e doveva sapere che solo C. ed A. avevano accettato l’eredità e che la Banca, come minimo, avrebbe dovuto esperire l’azione prevista dall’art. 481 cod. civ.

1.1. = I motivi che per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente sono inammissibili per novità dell’eccezione. Dalla sentenza impugnata non risulta che gli attuali ricorrenti abbiano eccepito, nel giudizio di merito, che solo i fratelli C. ed A. avevano incassato gli affitti dell’immobile di cui si dice, nè risulta sia stato eccepito che la Cassa Raiffeisen, essendo stato il testamento pubblicato il 26 maggio 2004, avrebbe avuto o potuto avere la possibilità di conoscere il testamento di Luigi B.. Piuttosto, dalla sentenza impugnata risulta che “consta che gli eredi hanno accettato l’eredità, se non altro, perchè continuavano ad incassare il canone di affitto relativo ad uno degli immobili caduti in successione, adibito a Caserma dei Carabinieri di Postai”, con l’ulteriore specificazione “(…) In effetti il descritto comportamento (di incassare l’affitto, imputabile a tutti gli eredi) che anche in questa causa da attrici ed interveniente volontario non sarebbe stato specificamente contestato, appare legittimamente interpretabile come accettazione tacita ex art. 476

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cod. civ. (…)”. E, correttamente, la Corte distrettuale ha concluso che sussistevano i presupposti per l’applicazione, nei confronti di tutti gli eredi, dell’art. 13 del RD n. 499 del 1929: se il chiamato ha accettato l’eredità il certificato di cui all’articolo precedente può essere chiesto anche dai terzi che vi abbiano interesse.

Ora è di tutta evidenza, che la Corte distrettuale ha ritenuto che, nel momento in cui è stata chiesta l’iscrizione di ipoteca, sussistesse tra i coeredi una comunione incidentale. Un assunto, questo, come già si è detto, che non è stato contestato nè dagli attori, nè dall’interveniente volontario in sede del giudizio di merito. 1.2.= Trova qui, dunque, applicazione il principio più volte espresso da questa Corte e, cioè, quello secondo cui i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma, anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di

RG. 14622 del 2013 Silvana Natalia – Cassa Raiffeisen Lana soc. coop.

controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.

2.= Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. con conseguente richiesta di cassazione della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5 cod. proc. civ. Secondo i ricorrenti la Corte distrettuale non avrebbe spiegato adeguatamente l’improvviso mutamento della Banca Popolare di Merano finanziatrice di Pierluigi B. non appena venne a conoscenza dell’accensione di ipoteca su immobile caduto in successione. Fino al giorno prima dell’ipoteca, la Banca Popolare aveva dato a B.P. una fiducia talmente forte, da consentirgli da un lato sconfinamenti per quasi 250.000 euro, per altro non chiedergli il rientro dal mutuo (contratto che non aveva risolto). E non sarebbe, dunque, casuale che la Banca, il giorno dopo che scopre l’ipoteca, cambia completamente atteggiamento. Sarebbe di tutta evidenza, quindi, secondo i ricorrenti, il vizio logico della Corte distrettuale.

2.1.= Il motivo rimane assorbito dai precedenti. Qui può e deve essere aggiunto che la Corte distrettuale ha avuto modo di chiarire, con valutazione di merito priva di vizi logici, e come tale, insuscettibile di essere sindacata nel giudizio di cassazione, che

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“(…) del tutto indimostrata è per altro la sussistenza di nesso causale tra l’iscrizione dell’ipoteca a carico di B. C. in data 15 novembre 2004 e la dichiarazione del 15 marzo 2005 del fallimento dell’altro coerede B.P. titolare della ditta individuale (OMISSIS) (…..) come testimoniato dal dott. Ralph Berger la ditta Eucolor presso la Banca Raffeisen era classificata debitrice in sofferenza (…) deve ritenersi, che anche la Banca Popolare nel 2005, non abbia più manifestato disponibilità a concedere ulteriori crediti e/o dilazioni, ma richiesto nei confronti di B.P. decreto ingiuntivo, poi emesso il 9 aprile 2005 (…) non per aver rilevato l’iscrizione ipotecaria a carico del diverso nominativo B.C. (…..), ma per ragioni esclusivamente inerenti il negativo evolversi già da anni della situazione del suo debitore B.P. (….)”.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza che vengono liquidate con il dispositivo tenuto conto che la causa è di valore indeterminabile. Il Collegio da atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge, dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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