Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25352 del 20/09/2021

Cassazione civile sez. III, 20/09/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 20/09/2021), n.25352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 35049/2018 R.G. proposto da:

B.M., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Antonio Fusillo,

Alessandro Fusillo, e Valter Calvieri, con domicilio eletto presso

lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Marcello Prestinari, n. 15;

– ricorrente –

contro

Zurich Insurance Public Limited Company, rappresentata e difesa

dall’Avv. Fabio Caiaffa, con domicilio eletto presso il suo studio

in Roma, Via Nizza, n. 53;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 5379/2018

depositata il 7 agosto 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 marzo 2021

dal Consigliere Dott. Emilio Iannello;

lette le conclusioni motivate del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. Capasso Lucio, formulate ai

sensi e con le modalità previste dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23,

comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le

quali si chiede l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.M. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Roma l’Istituto Gesù Nazzareno e la Zurich Insurance chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti in seguito a sinistro stradale.

Con sentenza in data 30 luglio 2015 l’adito tribunale, nel contraddittorio della sola Zurich Insurance e nella dichiarata contumacia dell’Istituto Gesù Nazzareno, accolse la domanda e condannò le convenute in solido al pagamento della somma di Euro 49.106,99 oltre lucro cessante ed interessi legali.

2. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile il gravame interposto dalla B. sulla base delle seguenti considerazioni.

In punto di fatto ha anzitutto rilevato che:

– all’udienza del 14 giugno 2016 la Corte aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio nei riguardi dell’Istituto Gesù Nazzareno, rinviando all’udienza del 17 gennaio 2017;

– a tale udienza il procuratore dell’appellante esibì gli avvisi di ricevimento relativi alla notificazione dell’atto d’appello indirizzata ai sensi della L. n. 53 del 1994 all’Istituto Gesù Nazzareno in data 21 giugno 2016;

– la Corte rilevò la nullità di tale notifica in quanto eseguita, a mezzo posta, dallo stesso avvocato difensore, ai sensi della L. n. 53 del 1994, senza però il rispetto delle formalità prescritte dell’art. 3, comma 2 Legge medesima, dal momento che, nell’avviso di ricevimento della raccomandata postale a tal fine spedita, risultava indicato, come mittente, solamente il procuratore della appellante (avv. Antonio Fusillo) e non anche la parte istante ( B.M.) e non era nemmeno indicato l’ufficio giudiziario e la sezione presso la quale pendeva l’appello, come prescritto; assegnò pertanto all’appellante un nuovo termine, ex art. 291 c.p.c., per la rinnovazione della notificazione;

– l’appellante non vi provvide ritenendo essere rituale la notifica già eseguita ex lege n. 53 del 1994.

In punto di diritto ha quindi osservato che:

– la notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio eseguita nei modi predetti deve considerarsi nulla;

– non è condivisibile la tesi dell’appellante secondo cui la nullità andrebbe esclusa per essere le predette indicazioni presenti sull’atto notificato (cioè sull’atto di citazione per integrazione del contraddittorio), atteso che la L. n. 53 del 1994, art. 3, comma 2, dispone che le stesse siano presenti sull’avviso di ricevimento (che, come è noto, costituisce in questa tipologia di notificazione “il solo documento che fa piena prova dell’avvenuta consegna e della data di essa”);

– la nullità è rilevabile d’ufficio per il combinato disposto della L. n. 53 citata, art. 3, comma 2 e art. 11 in difetto di costituzione della parte cui la notificazione era stata indirizzata;

– conseguentemente, “considerato che la appellante ha eseguito la notificazione dell’atto d’integrazione nei confronti dell’Istituto Gesù Nazzareno per l’udienza del 17/01/2017 con modalità tali da comportarne la nullità e considerato che la stessa non ha provveduto alla rinnovazione della suddetta notificazione per l’udienza del 26/09/2017, nonostante l’ulteriore termine (perentorio) concesso per tale incombente con ordinanza del 17/01/2017, va dichiarata l’inammissibilità dell’appello”.

3. Avverso detta sentenza B.M. propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.

In vista dell’odierna udienza, fissata per la trattazione, il P.M. ha depositato conclusioni scritte ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, non avendo alcuna delle parti né il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 3, “falsa ed erronea applicazione degli artt. 291,331 e 359 c.p.c. e della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3, comma 3, e art. 11”.

Sostiene in sintesi che:

– al rilievo del mancato rispetto dell’ordine, ex art. 291 c.p.c., di rinnovazione della notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio, sarebbe dovuta seguire non la declaratoria di inammissibilità dell’appello ma la cancellazione della causa dal ruolo e quindi la declaratoria di estinzione del processo (ciò che, secondo l’appellante, le avrebbe consentito di riproporre l’impugnazione);

– le indicazioni normative ricavabili dall’art. 3 legge cit., circa i requisiti formali della notifica a mezzo posta eseguita dall’avvocato, sono incongruenti dal momento che: da un lato, al comma 2, lett. C è prescritto che l’avviso di ricevimento debba essere “compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall’Amministrazione postale, con l’aggiunta del numero di registro cronologico” (il quale, però, consente siano inseriti solo certi dati, ma non l’ufficio giudiziario, la sezione e il numero del ruolo generale); b) dall’altro, il comma 3 prescrive che per le notificazioni di atti effettuate in corso di procedimento l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante e il suo procuratore e deve indicare anche l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso; tale incongruenza è risolvibile solo guardando allo scopo delle due norme, che è quello di rendere edotto il destinatario dell’esistenza e della pendenza del procedimento;

– l’atto notificato, considerato nella sua interezza, lo rende idoneo al raggiungimento di tale scopo, dal momento che le indicazioni in questione figuravano sull’atto notificato (citazione per integrazione del contraddittorio).

3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, “violazione e falsa applicazione degli artt. 156,157 e 159 c.p.c. nonché della L. n. 53 del 1994, art. 11; nullità degli atti processuali e loro sanatoria”.

Lamenta che la Corte territoriale ha omesso di valutare se l’atto in questione, nonostante le rilevate lacune, avesse comunque raggiunto il suo scopo.

4. Occorre preliminarmente rilevare che il ricorso non risulta notificato all’Istituto Gesù Nazzareno, litisconsorte necessario.

Per le considerazioni appresso esposte, che – come si dirà – devono condurre al rigetto del ricorso, si rivela nondimeno ultroneo, per il principio di ragionevole durata del processo, ordinare l’altrimenti necessaria integrazione del contraddittorio.

Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, invero, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti.

Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (v. Cass. Sez. U. 22/03/2010, n. 6826; Cass. 21/05/2018, n. 12515; 10/05/2018, n. 11287; 17/06/2013, n. 15106).

5. Ciò premesso deve, per l’appunto, rilevarsi l’infondatezza di entrambi i motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili per la loro sostanziale sovrapponibilità.

Valgano in proposito le seguenti considerazioni:

– è pacifico, in punto di fatto, che nell’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta effettuata dall’avvocato ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 mancassero: l’indicazione, come mittente, della parte istante; l’indicazione dell’ufficio giudiziario e della sua sezione (indicazioni invece espressamente prescritte dall’art. 3, comma 2 Legge cit., a mente del quale “per le notificazioni di atti effettuate prima dell’iscrizione a ruolo della causa o del deposito dell’atto introduttivo della procedura, l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante e il suo procuratore; per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, l’avviso deve indicare anche l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso”);

– tale mancanza è causa di nullità della notificazione per espressa previsione di legge (L. n. 53 del 1994, art. 11: “Le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d’ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica”);

– si tratta, dunque, di una nullità espressamente comminata dalla legge (art. 156 c.p.c., comma 1); la previsione normativa è oltremodo chiara, tanto da non consentire di ritenere che la fattispecie non vi rientri (nemmeno la ricorrente, del resto, lo sostiene);

– che all’interno dell’art. 3 vi sia incongruenza tra la previsione di cui al comma 1, lett. c (nella parte in cui prevede che l’avviso di ricevimento deve essere “compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall’Amministrazione postale”) e quella di cui al comma 2 è assunto privo di pregio: non vi è alcuna incompatibilità logica tra le due prescrizioni; l’assunto in realtà si traduce nella lamentela circa il mancato adeguamento alle prescrizioni della norma dei modelli all’uopo predisposti dall’amministrazione postale, ma: a) tale doglianza, ponendosi su di un piano fattuale e comunque esterno al contenuto della norma, non può di per sé avere influenza sulla ricostruzione del contenuto precettivo della complessiva disposizione, in sé come detto oltremodo chiara; b) rimane priva di obiettivo riscontro negli elementi di fatto accertati nel giudizio di merito (non risultando in particolare se e per qual motivo il modello predisposto dall’amministrazione postale possa effettivamente considerarsi tale da impedire oggettivamente l’inserimento di tutti i dati richiesti); c) peraltro l’argomento è speso, in ricorso, soltanto al fine di supportare la tesi del raggiungimento dello scopo dell’atto;

– che nella specie possa predicarsi il raggiungimento dello scopo dell’atto, sol perché le indicazioni erano comunque ricavabili dal contenuto dell’atto notificato, non è sostenibile, a meno di non voler privare le norme (L. n. 53 del 1994, art. 3, comma 2, cbn disp. art. 11) di alcun pratico significato, di fatto abrogandole;

– appare evidente, infatti, che lo scopo della norma sia quello di far sì che, allorché la notifica dell’atto, relativo a procedimento in corso, sia eseguita dall’avvocato a mezzo del servizio postale, il fatto che l’atto provenga (non solo dall’avvocato ma anche) dalla parte sostanziale da lui rappresentata e che l’atto medesimo attenga ad un giudizio in corso davanti ad un determinato ufficio giudiziario risulti evidente già dallo stesso avviso di ricevimento, indipendentemente dal fatto che quelle stesse indicazioni sia possibile comunque trarre dall’atto oggetto di notifica (ciò onde rendere immediatamente chiari al destinatario la natura e l’oggetto della notifica e sollecitarne l’attenzione, proprio a fronte delle possibili decadenze processuali connesse ad una eventuale ritardata lettura del documento presente nella busta);

– se questo è lo scopo dell’adempimento richiesto non può evidentemente ritenersi ad esso equipollente la presenza dei dati all’interno dell’atto notificato, racchiuso nella busta;

– in tale prospettiva il raggiungimento dello scopo potrebbe ovviamente predicarsi solo in presenza di una (tempestiva o comunque nulla eccipiente sul punto) costituzione in giudizio della parte, nella specie non avvenuta;

– è infine infondata (oltre che in concreto priva di effettivo interesse) la censura svolta con riferimento alla conseguenza trattane dalla corte di merito (inammissibilità dell’appello anziché, come dedotto dalla ricorrente, cancellazione/estinzione del processo); secondo pacifico indirizzo, infatti, l’inottemperanza all’ordine di rinnovazione della notifica dell’appello determina, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., l’inammissibilità del gravame, ove il rinnovo della notifica nulla sia stato del tutto omesso, diversamente dal caso di rinnovazione eseguita oltre il termine all’uopo fissato, che cagiona l’estinzione del processo (Cass. n. 13637 del 30/05/2017; n. 23587 del 03/11/2006; v. anche Cass. n. 1069 del 18/01/2007).

6. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021

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