Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25350 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 12/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep.12/12/2016),  n. 25350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16020/2011 proposto da:

C.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA MERCEDE 11, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SINISI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI

FERRINI;

– ricorrente –

contro

R.D., O.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

PIETROLUCCI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FABIO RECCHIA;

CA.BR., (OMISSIS) e A.M.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 6, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO TROPIANO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO CRISTONI;

– controricorrenti –

e contro

A.M.C., B.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 324/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 23/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato SINISI Vincenzo, difensore della ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato DE SANTIS Marco, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato PIETROLUCCI Andrea, difensore dei resistenti che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

condanna spese.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

C.R. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Verona Ca.Br. e A.M.C. al fine di sentir accertato l’acquisto in proprio favore per intervenuta usucapione del fondo censito in catasto del Comune di Verona al f. (OMISSIS), part. (OMISSIS).

I convenuti resistevano all’avversa proposta domanda e chiedevano la chiamata in causa, di poi autorizzata, dei garanti R.D. e O.S., i quali – costituendosi – negavano ogni attività di utile possesso sulla contesa striscia di terreno di int. due per quattordici.

Con altra citazione il Ca. e la A. adivano l’allora Pretore di Verona svolgendo azione negatoria servitutis.

Riuniti i due giudizi, il Tribunale di Verona, con sentenza n. 1496 rigettava la domanda proposta dalla C. che veniva condannata alla refusione delle spese.

La medesima C. interponeva appello avverso la suddetta decisione del Tribunale, gravame resistito dagli originari convenuti appellati, nonchè dai R. – O..

L’adita Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 324/2011, rigettava il proposto appello e condannava l’appellante alla refusione delle spese.

Per la cassazione della suddetta decisione della Corte distrettuale ricorre la C. con atto basato su sei motivi, tutti rubricati per “omessa e, comunque, insufficiente motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

Resistono con separati controricorsi le parti intimate. Nell’approssimarsi dell’udienza sia la parte ricorrente che le resistenti ( Ca. – A.) hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. (partecipando, viceversa, all’udienza le altre parti resistenti O. – B.).

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Il ricorso, per tutti i suoi sei motivi (che possono essere congiuntamente trattati), adduce – come innanzi già accennato -1hmessa e comunque insufficiente motivazione”, senza neppure l’indicazione della violata norma processuale, che – per desunzione – deve ritenersi quella di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Tanto, già di per sè è indicativo di un modo di proposizione del ricorso e di prospettazione delle sue ragioni, ha significativamente indotto il P.G. nella discussione in pubblica udienza rilevare che si è al cospetto di una “ipotesi di scuola” di inammissibilità dei motivi.

Più in particolare ancora, la detta inammissibilità emerge anche dallo stesso “esame” degli elementi e delle circostanza addotte nei singoli motivi come “fatti” che avrebbero dovuto essere rilevanti per il giudizio e che – secondo prospettazione della ricorrente – non sarebbero stati considerati comportando la carenza motivazionale ripetutamente denunciata in ricorso.

Con i sei motivi si censura, infatti, l’omessa e comunque insufficiente motivazione in riferimento a vari elementi, che – nell’ordine ed in sintesi – sono individuati nell’utilizzazione come deposito per la legna del lotto per cui è causa, sulla apposizione della recinzione e su ciò che da essa si doveva comprendere, sulla deposizione dai testi (in particolare G., Co., C., B. e Z.).

Orbene, quanto alla prima delle doglianza (innanzi sinteticamente riportate in rigoroso ordine rispetto ai detti relativi motivi) si deve immediatamente evidenziare che l’argomento della legnaia risulta alla stregua stessa dell’esposizione di cui al motivo come questione nuova, tardivamente sollevata nel giudizio di secondo grado e, comunque, irrilevante nel contesto della complessiva valutazione dei fatti correttamente svolta dai Giudici di merito con motivazione congrua ed immune da vizi logici censurabili in questa sede.

Quanto ai sollevati profili di cui alle rimanenti ulteriori censure essi appaiono evidentemente perseguire in ammissibilmente in questa sede una nuova valutazione in fatto.

Al riguardo e conclusivamente non può che ribadirsi il noto principio già enunciato da questa Corte secondo cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608).

I sei proposti motivi sono, quindi, del tutto inammissibili.

2.- Il ricorso va, dunque, rigettato.

3.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano così come in dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di ciascun gruppo di contro ricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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