Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25348 del 29/11/2011

Cassazione civile sez. II, 29/11/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 29/11/2011), n.25348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Salaria n. 162, presso lo

studio dell’Avvocato Giovanni Meineri, rappresentato e difeso, per

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato SCAGLIOLA

Giorgio;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Celimontana

n. 38, presso lo studio dell’Avvocato PANARITI Benito, dal quale è

rappresentato e difeso, unitamente all’Avvocato Giorgio Scanavino,

per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1453 del 2004,

depositata il 22 settembre 2004.

Udita, la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Giovanni Meineri, per delega;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DESTRO Carlo, che si è riportato alle conclusioni

scritte.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con citazione notificata il 19 aprile 1999, S.A. conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Alba, il Condominio (OMISSIS), sito in (OMISSIS), introducendo il giudizio di merito dopo che il medesimo Tribunale aveva accolto la sua domanda ex art. 700 cod. proc. civ., volta ad ottenere l’abilitazione alla realizzazione di opere necessarie per la installazione dell’impianto di riscaldamento nei magazzini di sua proprietà ubicati nello stabile condominiale;

che l’attore chiedeva, quindi, l’accertamento del proprio diritto alla utilizzazione del vano caldaia del Condominio e di servirsi dello scarico comune dei fumi; il risarcimento dei danni conseguenti al ritardo con il quale aveva potuto eseguire le opere in questione;

nonchè la condanna del Condominio a rimuovere gli scarichi fognari passanti nel pavimento dei propri locali e le tubature del riscaldamento e al risarcimento del danno;

che il Condominio si costituiva e, contestando le domande, proponeva domanda riconvenzionale volta alla rimozione delle opere eseguite dal S., sia per quanto riguardava il collegamento tra il terreno antistante il suo immobile e l’area cortilizia condominiale, che si risolveva nella creazione di una servitù di passaggio sul cortile comune; sia per quanto riguardava l’arretramento del portone di ingresso allo stabile, il collegamento dei suoi vani con la scala interna del condominio, l’ampliamento di una finestra sul muro perimetrale e la connessa installazione dell’impianto di condizionamento;

che, per quanto devoluto al giudice del gravame, il Tribunale adito rigettava la domanda di condanna del Condominio alla rimozione dei tubi dell’impianto di riscaldamento comune e di scarico delle acque nere condominiali, che attraversavano i locali del S.;

rigettava sia la domanda del Condominio di ripristino delle condizioni originarie del terreno di sua proprietà, sia quella volta al ripristino delle originarie dimensioni della luce sul retro del fabbricato condominiale, alla quale il S. aveva allacciato la condotta in acciaio dell’impianto di condizionamento del locale, e alla rimozione di tale conduttura; condannava il Condominio al pagamento delle spese della ctu eseguita nel procedimento cautelare;

che la Corte d’appello di Torino, pronunciando sull’appello principale del Condominio e su quello incidentale del S., con sentenza depositata il 22 settembre 2004, ha rigettato il motivo di appello del Condominio relativo al ripristino del terreno di proprietà del S., nonchè quello concernente l’ampliamento della luce e la installazione dell’impianto di condizionamento; ha invece accolto il terzo motivo, relativo alle spese della consulenza tecnica eseguita nel procedimento cautelare e l’appello incidentale limitatamente alla rimozione dei tubi dell’impianto di riscaldamento comune e di scarico delle acque nere condominiali, che attraversavano i locali del S.;

che per la cassazione di questa sentenza il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di due motivi, illustrati da memoria; ha resistito, con controricorso, l’intimato;

che all’udienza del 12 gennaio 2011 la Corte, rilevato che il ricorso era stato proposto dal Condominio senza l’autorizzazione dell’assemblea, concedeva al condominio stesso il termine di giorni novanta per il rilascio dell’autorizzazione, e rinviava la causa a nuovo ruolo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, dalla attestazione della Cancelleria in data 4 maggio 2011, emerge che nei termini indicati nella richiamata ordinanza interlocutoria non è stato depositato alcun atto da parte del ricorrente Condominio;

che, attivatasi la procedura di cui all’art. 375 cod. proc. civ., il Procuratore Generale ha concluso per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso;

che il ricorso è inammissibile atteso che il Condominio ricorrente, al quale pure era stato concesso un termine perchè l’amministratore potesse ottenere l’autorizzazione alla impugnazione da parte dell’assemblea, non ha adempiuto a detto onere;

che le sezioni Unite di questa Corte, con sentenze nn. 18331 e 18332 del 2010, hanno affermato il principio secondo cui “l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131 cod. civ., commi 2 e 3, può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione”;

che pertanto il ricorso risulta proposto da parte priva dell’autorizzazione e quindi priva della capacità processuale ex art. 75 cod. proc. civ., ed è quindi inammissibile;

che non possono essere condivisi i rilievi svolti dal ricorrente nella memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale, atteso che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, “la mancata partecipazione di una delle parti all’udienza di discussione si risolve nell’inosservanza di un onere processuale le cui conseguenze gravano sulla parte stessa, sicchè nel caso in cui l’udienza predetta abbia comunque avuto luogo, e sia stato in tal sede disposto un rinvio ad altra data, nessuna comunicazione di tale rinvio va data alla parte assente (in virtù del principio di conoscenza o conoscibilità delle ordinanze pronunciate in udienza per le parti presenti o considerate tali), senza che, in contrario, possa, legittimamente invocarsi la disciplina dettata dagli artt. 82, 115 disp. att. cod. proc. civ. (che prevedono l’obbligo di comunicazione del decreto di rinvio dell’udienza alle parti non presenti alla pronuncia del provvedimento), applicabile alla sola, diversa ipotesi del rinvio disposto prima (e fuori) dell’udienza dal giudice, su istanza di parte o d’ufficio”; (Cass. n. 837 del 1999);

che, d’altra parte, non rileva la circostanza che la comunicazione alla Procura Generale contenesse il riferimento ad una omessa integrazione del contraddittorio e che, adeguandosi a tale sollecitazione, la Procura Generale abbia concluso per l’improcedibilità del ricorso;

che, invero, da tale inesatta indicazione nessuna lesione del diritto di difesa del Condominio ricorrente può ritenersi sia derivata, atteso che i menzionati atti sono intervenuti una volta decorso inutilmente il termine concesso a parte ricorrente per la produzione dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale alla proposizione della presente impugnazione;

che il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del Condominio ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il Condominio ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2011

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