Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25348 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 25/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.25/10/2017),  n. 25348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5294/2015 R.G. proposto da:

D.P., c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in

Roma, alla via G. Ferrari, n. 4, presso lo studio dell’avvocato

Salvatore Coronas e dell’avvocato Umberto Coronas che congiuntamente

e disgiuntamente lo rappresentano e difendono in virtù di procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto dei 14/31.7.2014 della corte d’appello di Perugia,

assunto nel procedimento iscritto al n. 1025/2011,

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 maggio 2017 dal Consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio depositato in data 17.6.1999 D.P., appartenente alle forze armate, chiedeva, tra l’altro, accertarsi il suo diritto a percepire il trattamento economico per le ore di servizio prestate in più rispetto all’orario giornaliero e non recuperate con il riposo compensativo, con condanna dell’amministrazione al pagamento delle corrispondenti somme con interessi e rivalutazione.

Con sentenza n. 8026 depositata il 24.9.2012 il t.a.r. definiva il giudizio.

Con ricorso alla corte d’appello di Perugia depositato in data 7.3.2011 il ricorrente si doleva per l’irragionevole durata – determinata in 11 anni e 8 mesi – del summenzionato giudizio e quantificava in Euro 13.000,00 il pregiudizio sofferto.

Resisteva il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Con decreto dei 14/31.7.2014 la corte d’appello di Perugia rigettava la domanda e condannava il ricorrente alle spese.

Avverso tale decreto ha proposto ricorso sulla scorta di tre motivi D.P.; ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione, decidendo nel merito, con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese di lite, da attribuirsi ai difensori anticipatari.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008, dei principi in materia di successioni delle leggi nel tempo, della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 3 e successive modificazioni, dell’art. 6, par. 1, C.E.D.U..

Deduce che il giudizio “presupposto” era pendente alla data del 16.9.2010, sicchè ha errato la corte di merito ad escludere l’indennizzo per il periodo anteriore al deposito dell’istanza di prelievo.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008, dei principi in materia di successioni delle leggi nel tempo, della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 3 e successive modificazioni, dell’art. 6, par. 1, C.E.D.U. e dell’art. 117 Cost., comma 1.

Deduce che la corte distrettuale ha erroneamente attribuito al D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008, “anche un’inesistente valenza retroattiva” (così ricorso, pag. 9).

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008, della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 3 e successive modificazioni e dell’art. 6, par. 1, C.E.D.U..

Deduce che la corte territoriale ha errato a detrarre i tre anni di ragionevole durata del giudizio “presupposto” dal periodo di pendenza successivo alla data di deposito dell’istanza di prelievo.

I motivi sono strettamente connessi.

Il che ne suggerisce la disamina contestuale.

I motivi in ogni caso sono fondati e meritevoli di accoglimento nei termini che seguono.

Si ribadisce che il giudizio “presupposto” ha avuto inizio in data 17.6.1999 ed è stato definito in data 24.9.2012, quindi era pendente alla data del 16.9.2010 (dì a decorrere dal quale è divenuto operativo del D.Lg. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, ‘art. 3, comma 23).

Si ribadisce che nel giudizio “presupposto”, siccome la medesima corte d’appello ha dato atto, l’istanza di prelievo è stata depositata in data 13.11.2009.

In tal guisa la condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione sia con riferimento al periodo decorso successivamente sia con riferimento al periodo decorso antecedentemente alla presentazione della stessa istanza è stata assolta (cfr. Cass. 5.8.2016, n. 16404, secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, come modificato dall’allegato 4 al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 3, comma 23, nei giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di prelievo deve precedere l’instaurazione del giudizio di equa riparazione e condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo anteriore al deposito della medesima istanza).

In questo quadro è sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte a tenor del quale il D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, come modificato dall’allegato 4 al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 3, comma 23 – in base al quale nei giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di prelievo condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo anteriore alla presentazione medesima – non implica che detta istanza costituisca il momento a partire dal quale assume rilievo la pendenza giudiziale e si debba calcolare, di riflesso, la durata ragionevole; al contrario, l’istanza di prelievo, una volta presentata, assolve ed esaurisce la propria funzione di presupposto processuale del procedimento di equa riparazione, mentre, ai fini del computo della durata ragionevole, occorre aver riguardo all’intera durata del processo e non solo a quella successiva al deposito dell’istanza predetta (cfr. Cass. 27.1.2017, n. 2172; Cass. 1.7.2016, n. 13554, secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo, l’istanza di prelievo, anche quando condiziona “ratione temporis” la proponibilità della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che va riferita all’intero svolgimento processuale e non alla sola fase seguente detta istanza).

Conseguentemente non possono essere condivise nè recepite le affermazioni della corte perugina secondo cui, “essendo la domanda di equa riparazione improponibile rispetto a tutto il periodo anteriore al deposito dell’istanza di prelievo, tale periodo non può essere valutato neppure ai fini del computo del ritardo che deve essere calcolato a partire dal deposito dell’istanza in oggetto” (così decreto della corte d’appello di Perugia, pag. 2) e secondo cui, “essendo stato definito il giudizio dinanzi al t.a.r. con sentenza in data 24.9.2012, non vi è ritardo” (così decreto della corte d’appello di Perugia, pag. 2).

In accoglimento del ricorso il decreto dei 14/31.7.2014 della corte d’appello di Perugia va cassato con rinvio alla medesima corte in diversa composizione.

All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1 – del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, negli stessi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 16404/2016, n. 13554/2016 e n. 2172/2017 dapprima citati.

In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto dei 14/31.7.2014 della corte d’appello di Perugia; rinvia alla corte d’appello di Perugia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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