Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25346 del 11/11/2020
Cassazione civile sez. trib., 11/11/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 11/11/2020), n.25346
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13737/2013 R.G. proposto da:
F.C., rappresentata e difesa dall’Avv. Umberto Cassano,
presso cui elettivamente domicilia in Roma alla via Edoardo
D’Onofrio n. 43;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,
rappresentata e difesa, ai soli fini dell’eventuale partecipazione
all’udienza, dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui
domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– intimata –
avverso la sentenza n. 396/04/12 della Commissione tributaria
regionale del Lazio, pronunciata in data 25 ottobre 2012, depositata
il 29 novembre 2012 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 febbraio 2020
dal consigliere Andreina Giudicepietro;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Basile Tommaso, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. F.C. ricorre con un unico motivo contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 396/04/12 della Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito C.t.r.), pronunciata in data 25 ottobre 2012, depositata il 29 novembre 2012 e non notificata, che ha rigettato l’appello della contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione della cartella di pagamento relativa a quanto iscritto a ruolo a titolo provvisorio dall’Agenzia delle entrate di Frascati a seguito della sentenza n. 305/06/2007 emessa dalla C.t.p. di Roma sul ricorso avverso un avviso di accertamento per l’anno di imposta 1999.
2. Con la sentenza impugnata, la C.t.r., preliminarmente, ha rilevato che la ricorrente aveva impugnato la cartella esattoriale deducendo l’omessa indicazione del responsabile dell’atto e la carenza di motivazione, nonchè, nel merito, l’erroneità dell’importo richiesto, in quanto la sentenza richiamata non risultava definitiva.
Il giudice di appello, inoltre, dava atto che l’Ufficio aveva dedotto che l’iscrizione a ruolo riguardava solo i due terzi dell’imposta accertata, in conformità con quanto previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, lett. a), in tema di riscossione frazionata dopo la sentenza della commissione tributaria di primo grado.
Il giudice di seconde cure rilevava anche che, a seguito del rigetto del ricorso da parte della C.t.p. di Roma, con l’appello la contribuente aveva impugnato la decisione di primo grado, ribadendo, quale unico motivo, l’illegittimità della cartella, in quanto conseguente ad un avviso di accertamento non ancora definitivo.
La C.t.r., dunque, riteneva che l’appello fosse infondato, in quanto il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, conferiva all’amministrazione il potere di riscossione frazionata, correttamente esercitato nel caso di specie dall’Agenzia delle entrate.
3. A seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza.
4. Il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza del 12/2/2020, nella quale, riscontrata la mancanza in atti della relata di notifica dell’avviso di udienza alla parte ricorrente, veniva rinviato a nuovo ruolo e successivamente fissato, in riconvocazione, in data 26 febbraio 2020.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Preliminarmente, deve rilevarsi che la relata di notifica dell’avviso di udienza alla parte ricorrente, tempestiva e regolare per l’udienza del 12/2/2020, risulta pervenuta in cancelleria in data 20 febbraio 2020.
Sempre preliminarmente, deve rilevarsi che la parte ricorrente non ha documentato di essersi avvalsa del condono ai fini dell’estinzione della lite pendente.
Passando all’esame del ricorso, con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Nell’illustrazione del motivo, la ricorrente fa riferimento alla violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 15 e 68, in quanto la C.t.r., nel rigettare l’appello della contribuente, avrebbe ritenuto legittima la cartella di pagamento emessa in conseguenza di un avviso di accertamento non ancora definitivo.
1.2. Il motivo è inammissibile, in quanto la doglianza oggetto del ricorso in cassazione presuppone un accertamento in fatto diverso e contrastante con quello che emerge dalla sentenza impugnata.
Invero, il giudice di seconde cure ha rilevato che la contribuente aveva impugnato la decisione di primo grado, ribadendo, quale unico motivo di appello, l’illegittimità della cartella, in quanto conseguente ad un avviso di accertamento non ancora definitivo.
Sul punto la C.t.r. ha dato atto che la cartella di pagamento, così come previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, era stata emessa, per i due terzi dell’imposta accertata, a seguito della sentenza di primo grado della C.t.p. di Roma sull’impugnazione avverso il prodromico avviso di accertamento.
Inoltre, il giudice di appello ha anche precisato che la sentenza di primo grado, relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento, era stata successivamente confermata all’esito del giudizio di secondo grado, per cui l’Agenzia delle entrate aveva iscritto a ruolo anche le restanti somme dovute, notificando alla contribuente un’ulteriore cartella di pagamento.
Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla deve disporsi in ordine alla spese, poichè l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020