Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25345 del 20/09/2021

Cassazione civile sez. III, 20/09/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 20/09/2021), n.25345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7414/2018 proposto da:

A.F.L., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Fabio Bajetto;

– ricorrente –

contro

Agenzia Delle Entrate – Riscossione, in persona del legale

rappresentante in carica, domiciliato per legge in Roma alla via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1154/2017 della CORTE d’APPELLO di GENOVA,

depositata il 22/09/2017;

udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del

04/03/2021, dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva

quanto segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.L.F. impugna, con atto affidato a cinque motivi di ricorso, la sentenza, n. 1154 pubblicata in data 22/09/2017, della Corte di Appello di Genova, che ha confermato quella di primo grado, del Tribunale della stessa sede, di cessazione della materia del contendere in ordine ad un avviso di vendita immobiliare ed al pignoramento immobiliare nei confronti dell’ A. su alcuni beni posti in (OMISSIS), e che aveva dichiarato inammissibili, in quanto tardive, le domande di cancellazione delle altre ipoteche, in quanto proposte dall’ A. solo con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, con compensazione delle spese di lite, che, viceversa, la Corte territoriale, nell’infondatezza di tutti i motivi di appello, ha posto a carico dell’appellante, con riferimento a quelle della sola fase d’impugnazione.

1.1. Il giudizio era stato proposto in primo grado dall’ A. al fine della contestazione di avviso di vendita immobiliare esattoriale per vizi suoi propri ma nel corso del processo, in primo grado, intervenne l’annullamento in autotutela dell’avviso di vendita e il Tribunale di Genova dichiarò cessata la materia del contendere, ma tardiva la contestazione dell’ipoteca esattoriale.

1.2. La Corte d’Appello di Genova ha respinto l’impugnazione, rimarcando la superfluità, dopo la cessazione della materia del contendere, del rilievo della ritualità della notifica delle cartelle e comunque il mancato dispiegamento delle contestazioni alle ipoteche; diverse da quelle cui si riferiva l’avviso di vendita, nell’atto introduttivo di lite in primo grado.

2. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

3. Il P.G. non ha presentato conclusioni.

4. Il ricorrente ha depositato, in via telematica, memoria per l’adunanza camerale del 4 marzo 2021, svoltasi con le modalità di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, alla quale il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza della Corte territoriale.

5.1. Il primo motivo propone le seguenti censure: “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa dell’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) e violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (per omesso esame di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti) in relazione dell’art. 91 c.p.c.”. Il mezzo critica la sentenza d’appello per omessa pronuncia, o meglio, per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sebbene il motivo sia incasellato nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per omesso esame in relazione all’art. 91 c.p.c.

5.2 Il secondo motivo propone censure: “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) e dell’art. 24 Cost. e violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (per omesso esame di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti).”. Il secondo mezzo ripropone, pertanto, il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, richiamando ancora il parametro dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e con riferimento, questo, anche all’art. 24 Cost., e ripropone pure il vizio di omesso esame.

5.3. Il terzo motivo afferma: “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. (principio del contraddittorio), dell’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra chiesto e pronunciato) e dell’art. 24 Cost. e violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (per omesso esame di un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti)”. Il terzo motivo è ancora incentrato, come in parte i precedenti, sulla violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto, ma questa volta con riferimento all’art. 101 c.p.c. e dell’art. 112c.p.c. e dell’art. 24 Cost. e propone, altresì, censura di omesso esame.

5.4. Il quarto motivo di impugnazione è così posto: “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 92 c.p.c.”. Il quarto motivo è incentrato sulla regolazione delle spese: esso lamenta l’applicazione del criterio della soccombenza (parziale) con riferimento alla pronuncia del Tribunale che è stata integralmente condivisa dalla Corte di Appello.

5.5. Infine, il quinto motivo di impugnazione reca censura: “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 161 c.p.c.”. Il quinto mezzo è formulato ai sensi dell’art. 161 c.p.c., in quanto la sentenza d’appello reca indicata quale convenuta Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a. i che, nella prospettazione del ricorrente, non era più un soggetto di diritti ed obblighi.

6. I primi tre motivi, in una complessiva considerazione, e salvo quanto a specificarsi partitamente, non colgono la ragione del decidere della sentenza della Corte territoriale, che ha ribadito quanto affermato dal Tribunale, ossia che era venuta meno la materia del contendere, in quanto l’avviso di vendita e il pignoramento erano stati cancellati in autotutela prima dell’inizio del giudizio in primo grado (la cancellazione in autotutela era intervenuta il 27/06/2012, mentre la notifica dell’atto introduttivo del giudizio è intervenuta il 19/09/2021). I primi tre mezzi sono, inoltre, inammissibili laddove a fronte di motivazioni di merito sostanzialmente coincidenti in punto di fatto, omettono l’indicazione di quello che sarebbe il fatto omesso, incorrendo, in tal modo, in violazione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5.

6.1. Il primo motivo e’, inoltre, inammissibile laddove propone una censura di omessa pronuncia che avrebbe dovuto essere coltivata mediante ricorso diretto in cassazione, in quanto avente ad oggetto un’omissione decisoria su un’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e, pertanto, non poteva essere portata alla cognizione della Corte d’Appello.

6.2. Il secondo mezzo è pure infondato: quella relativa alle altre iscrizioni ipotecarie non era in alcun modo nell’atto introduttivo una domanda chiara od espressa contro altre ipoteche, che la Corte di Appello ha, peraltro, individuato come relative per lo più ad altri immobili siti in luoghi diversi da quello in cui erano i beni immobili cui si riferiva l’avviso di vendita contestato (ossia in (OMISSIS)). Tutte le altre ipoteche, inoltre, risultavano iscritte indipendentemente e prima dell’avviso di vendita e la loro cancellazione era stata chiesta non con l’atto introduttivo del giudizio, ma con memoria, ossia proponendo un’autonoma (e nuova) domanda e quindi inammissibilmente (con riferimento alle iscrizioni ipotecarie, invero, il motivo omette di indicare che la specificazione di quelle da cancellare era avvenuta, come ammette lo stesso A. nella propria memoria per l’adunanza camerale del 04/03/2021, solo con la memoria, depositata in corso di causa di primo grado, di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6).

La decisione della Corte territoriale e’, sul punto, coerente con la giurisprudenza nomofilattica (Cass. n. 28387 del 14/12/2020 Rv. 659870 – 01, in motivazione) che ha affermato che nelle opposizioni esecutive non possono essere proposte domande nuove.

6.3. Il terzo motivo è infondato: la tardività delle censure mosse avverso le (altre) iscrizioni ipotecarie andava rilevata dai giudici di merito anche di ufficio e quanto prima possibile. La questione della ritualità della notifica delle cartelle esattoriali, pertanto, afferma esattamente la Corte d’Appello, non doveva neppure essere affrontata a seguito della cessazione della materia del contendere.

6.4. Il quarto motivo, incentrato sulla regolazione delle spese, è del tutto immotivato: la regola della soccombenza è stata correttamente applicata in secondo grado e la censura è del tutto sfornita di fondamento, in quanto la Corte d’Appello ha specificato, applicando l’art. 92 c.p.c., comma 2, nella versione risultante dalla modifica della L. 18/0/2009, art. 69 che l’ A., anche a ritenere tardiva la revoca dell’atto di vendita da parte di Equitalia Nord S.p.a., era senz’altro da ritenersi parzialmente soccombente, in quanto gran parte delle sue domande era o inammissibile o infondata e detta statuizione deve essere riferita alle domande, introdotte in corso di causa di primo grado solo con memoria, di cancellazione delle altre e diverse iscrizioni ipotecarie (sul punto si veda, quale espressione di orientamento stabile, Cass. n. 22310 del 25/09/2017 Rv. 645998 – 01: “In tema di spese giudiziali, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., nella formulazione vigente “ratione temporis”, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica (nella specie, “la natura della controversia e le alterne vicende dell’iter processuale”) inidonea a consentire il necessario controllo”).

6.5. Infine, il quinto, ed ultimo, motivo di ricorso, relativo all’intestazione della sentenza d’appello, laddove essa riporta

“Equitalia Servizi di riscossione s.p.a., già Equitalia Nord s.p.a.” è del tutto infondato, stante il subentro di Agenzia delle Entrate nei rapporti attivi e passivi, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., di Equitalia S.p.a. (si veda sul punto, tra molte, quale espressione di un orientamento consolidato, Cass. n. 28741 del 09/11/2018 Rv. 651604 – 01: “l’estinzione “ope legis” delle società del gruppo Equitalia ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 1 conv. in L. n. 225 del 2016, non determina l’interruzione del processo, trattandosi di una forma di successione nel diritto controverso”,) e, al più, la censura che esso contiene sarebbe stata proponibile quale oggetto di istanza di correzione di errore materiale.

7. Il ricorso, nel riscontro di ragioni di inammissibilità e di infondatezza, deve, conclusivamente, essere rigettato.

7.1. Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata, come in dispositivo.

7.8. Alla condanna al rimborso delle spese di lite segue quella al rimborso delle spese prenotate a debito in favore della resistente Agenzia delle Entrate.

9. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. n. 04315 20/02/2020) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. n. 05955 del 14/03/2014; tra le innumerevoli altre successive: Sez. U n. 24245 del 27/11/2015) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020), per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 6.000,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione sezione terza civile, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021

 

 

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