Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25341 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/11/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 11/11/2020), n.25341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3341-2013 proposto da:

G.R. rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianfranco Gaffuri

e Gabriele Pafundi con domicilio eletto in Roma viale Giulio Cesare

n. 14 presso lo studio di quest’ultimo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 105/24/12 depositata il 11/06/2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14.1.2020 dal

Consigliere Dott. Catello Pandolfi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott.ssa Zeno Immacolata, che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso;

Udito per la difesa erariale l’avv. Giovanni Palatiello.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.R. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 105/24/12 depositata l’11 giugno 2012.

La vicenda trae origine dalla notifica al G. di due avvisi di accertamento notificati il 5.08.2008 relativo agli anni d’imposta 2003 e 2004. L’Ufficio aveva ricostruito, in via sintetica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, commi 4, 5 e 6, un maggior reddito pari ad Euro 284.395,54. Indici di tale accertamento a carico del G. erano stati la titolarità di due contratti di assicurazione, la proprietà del 66% dell’abitazione principale in (OMISSIS) di mq. 537, l’effettuazione di spese nell’arco di tempo 2003-2008, per Euro 1.108.722,00.

I due ricorsi avverso gli avvisi di accertamento presentati dal contribuente venivano riuniti e respinti dalla CTP di Milano. L’appello non sortiva diverso esito. Il contribuente ha, quindi, impugnato tale decisione con il ricorso in esame basato su tre motivi. L’Ufficio ha resistito con controricorso al quale ha replicato il ricorrente con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il G. ha lamentato violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 381, comma 4 e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il secondo motivo ha contestato la necessità affermata dal Giudice regionale che il contribuente dovesse dimostrare che la ulteriore disponibilità finanziaria di cui il contribuente aveva dato prova, fosse stata impiegata proprio per le acquisizioni rilevate dai verificatori e per sostenere le relative spese di gestione.

In particolare, ha censurato la decisione della CTR per aver aderito acriticamente alla tesi dell’Agenzia circa l’inadeguatezza della documentazione presentata dal contribuente a prova della capacità di far fronte agli acquisti e alle spese.

Ha, inoltre, contestato la sentenza per avere questa ritenuto sufficiente, per la legittimità dell’imposizione, il solo accertamento degli indici di capacità contributiva rilevati, costituenti solo presunzioni semplici che avrebbero avuto bisogno di essere suffragate da ulteriori elementi di fatto, anche desumibili dal (ritenuto)necessario contraddittorio.

Ha, altresì, considerato la decisione impugnata in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che – secondo il ricorrente – affermerebbe la sufficienza della prova fornita dal contribuente di disporre di capacità finanziarie ulteriori per superare la presunzione su cui si fonda l’accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per le connessioni logiche e giuridiche che li legano. Motivi che questa Corte ritiene entrambi infondati.

Infatti, contrariamente all’assunto del ricorrente, la sua prospettazione urta con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui s’intende dare ulteriore seguito, secondo la quale “in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche la determinazione effettuata con metodo sintetico sulla base degli indici previsti dal D.M. 10 settembre e dal D.M. 19 novembre 1992, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori indice della capacità contributiva, sicchè è legittimo l’accertamento fondato su essi restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore” (Cass., 10/08/2016, n. 16912).

La stessa Corte ha anche precisato che in tema di accertamento sintetico “ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto, è onerato della prova contraria sulla loro disponibilità, sull’entità degli stessi e sulla durata del possesso, sicchè, sebbene non debba dimostrare l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere” (ex plurimis Cass.,13/11/2018,n. 29067). Ora, nel caso in esame non è oggetto di contestazione la presenza dei fattori-indice posti a base dell’accertamento, derivandone perciò stesso, la legittimità dell’accertamento, con conseguente onere della prova a carico del contribuente, nei termini fissati dalla citata giurisprudenza circa (non solo) la mera disponibilità, ma anche il potenziale e verosimile impiego di redditi ulteriori per le acquisizione e per fronteggiare le spese di mantenimento.

Prova contraria che, in ispecie, non può dirsi resa dal ricorrente, il quale assume, erroneamente, che “se il contribuente abbia provato…la diponibilità di redditi esistenti o….disinvestimenti tali da giustificare la maggiore capacità di spesa, è “definitivamente vinta” la presunzione su cui l’Ufficio ha basato l’accertamento. Per contro, egli ha bensì dimostrato d’aver avuto la disponibilità di una somma cospicua alla data del 31.12.2002, ma non ha fornito alcuna prova documentale che quella disponibilità, nel periodo prossimo agli acquisti, non sia rimasta giacente su un conto corrente a lui riferibile, ma abbia avuto una movimentazione, temporalmente ed almeno indirettamente, correlabile agli impegni di spesa in questione. In tal modo non ha soddisfatto l’indicazione giurisprudenziale richiamata, derivandone l’infondatezza della tesi propugnata.

Con il terzo motivo, ha, infine, contestato, che la CTR, in violazione dell’art. 112 c.p.c., abbia omesso di pronunciarsi su una specifica censura dedotta in appello, secondo la quale i presunti redditi attribuitigli con gli avvisi di accertamento erano stati calcolati in base alle tabelle del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 17.05.2005, posteriori al periodo d’imposta accertato (2002/2003) e quindi ad esso non applicabili.

Anche tale doglianza è infondata posto che, come più volte affermato da questa Corte, che qui si ribadisce: “In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai dd.mm. 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, non pone alcun problema di retroattività, stante la natura procedimentale e non sanzionatoria che ne consente l’applicazione sin dal momento dell’accertamento ” (Cass., Sez. 5, 26/02/2019, n. 5566).

Il ricorso va perciò rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Si dà atto della non sussistenza dei presupposti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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