Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25337 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/11/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 11/11/2020), n.25337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21668 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Martini per

procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in

Roma, Largo Trionfale, n. 7, presso lo studio dell’Avv. Mario

Scialla;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui

uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è elettivamente

domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Toscana, n. 256/17/15, depositata in data 10

febbraio 2015;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre

2019 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: D.M. aveva proposto ricorso avverso la cartella di pagamento con la quale era stato richiesto il pagamento dell’Iva, Irap e Irpef relative all’anno 2007; il contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento deducendo l’omessa notifica del prodromico avviso di accertamento, in quanto nella relata di notifica posta in calce all’avviso di accertamento non era stato indicato il numero della raccomandata informativa attestante l’avvenuto deposito di copia dell’atto notificato presso la casa comunale; la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso; l’Agenzia delle entrate aveva appellato la decisione del giudice di primo grado;

la Commissione tributaria regionale della Toscana ha accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che: la notifica dell’avviso di accertamento era stata regolarmente eseguita, in quanto in atti risultava che nella relata di notifica il messo comunale aveva dato atto dell’irreperibilità, per assenza, del contribuente, del deposito di copia dell’atto in busta chiusa presso la casa comunale, dell’affissione dell’avviso e del successivo invio della raccomandata informativa con avviso di ricevimento; la ricevuta di ritorno della raccomandata informativa dimostrava che la stessa era stata ricevuta presso il domicilio del contribuente e da soggetto residente presso il suddetto domicilio; la circostanza che la raccomandata era stata ricevuta da persona presente presso il domicilio del contribuente comportava l’applicazione della presunzione di conoscenza dell’atto, ai sensi dell’art. 1335 c.c.; la mancata indicazione nella relata del numero della raccomandata informativa non comportava nullità della notifica; era onere del contribuente, stante la suddetta presunzione, dare la prova, eventualmente, del diverso contenuto dell’atto ricevuto; non trovava applicazione la disciplina della comunicazione di avviso per consegna a persona diversa dal destinatario, posto che tale ulteriore formalità era richiesta solo nel caso di notifica effettiva direttamente a mezzo posta;

avverso la pronuncia del giudice del gravame ha proposto ricorso D.M. affidato a quattro motivi di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 156, c.p.c., per avere ritenuto che, nella fattispecie, non poteva essere dichiarata la nullità della notifica dell’avviso di accertamento (e della conseguente cartella di pagamento) per inosservanza delle forme ove la suddetta sanzione non sia espressamente prevista dalla legge, dovendo, invero, tenere conto del fatto che l’art. 156 c.p.c., comma 2, prevede che la nullità deve comunque essere dichiarata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo e, nella fattispecie, l’avviso di accertamento non era stato regolarmente portato a conoscenza del contribuente, sicchè l’omissione di tale fase procedimentale aveva comportato la nullità della cartella di pagamento per mancanza dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo;

il motivo è infondato;

il giudice del gravame, dopo avere affrontato la questione della regolarità della notifica dell’avviso di accertamento, ha accertato che la stessa era stata regolare, essendo l’atto pervenuto nell’ambito della sfera di conoscibilità del contribuente;

in questo contesto, la CTR ha, altresì, precisato (e sotto tale profilo ha fatto richiamo alla previsione di cui all’art. 156 c.p.c., comma 1) che la circostanza della mancata indicazione nella relata del numero della raccomandata non solo non costituiva una formalità prevista da previsioni normative primarie e secondarie, ma era superflua, stante la funzione certificativa del mezzo notificatore che aveva attestato l’effettivo inoltro della raccomandata;

infine, ha ribadito che, dalla documentazione in atti, poteva evincersi che il contribuente aveva avuto conoscenza dell’atto, essendo la raccomandata pervenuta regolarmente presso la sua abitazione e quindi nella sua sfera di conoscibilità, sicchè l’intero procedimento notificatorio si era efficacemente svolto allo scopo di fare conoscere al destinatario l’atto in esame;

il profilo, pertanto, evidenziato dal ricorrente, circa l’applicabilità al caso di specie della previsione di cui all’art. 156 c.p.c., comma 2, in particolare in ordine al mancato raggiungimento dello scopo, si scontra con l’accertamento in fatto compiuto dal giudice del gravame in ordine alla circostanza che l’atto era pervenuto nella sfera di conoscibilità del contribuente;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 140, c.p.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, della L. n. 890 del 1982, art. 26, nonchè dell’art. 2697 c.c., per avere ritenuto regolare la notifica dell’avviso di accertamento, nonostante il fatto che nella relata estesa in calce all’avviso di accertamento non era stato riportato nè il numero della raccomandata nè l’ufficio postale incaricato per la consegna, sicchè, atteso che l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa riportava solo il destinatario e senza alcuna indicazione nè del numero cronologico del registro del messo notificatore, nè del mittente, nè di ogni altro elemento che potesse ricondurlo all’avviso di accertamento, non era stato dimostrato dall’ufficio finanziario che il suddetto avviso di ricevimento fosse riferibile alla notifica dell’avviso di accertamento, invertendo, sotto tale profilo, l’onere di prova;

con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 140, c.p.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, per avere ritenuto che l’indicazione del numero della raccomandata nella relata di notifica non costituisse motivo di nullità della notifica;

i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla questione della regolarità della notifica, sono in parte infondati e in parte inammissibili;

in primo luogo, va osservato, con riferimento alla ritenuta violazione dell’art. 2697 c.c., che la CTR ha accertato la regolarità della notifica dell’avviso di accertamento in quanto era stata regolarmente seguita la procedura di notificazione dell’art. 140 c.p.c., in caso di destinatario temporaneamente irreperibile;

in particolare, ha accertato l’esistenza della relata di notifica del messo comunale, l’attestazione della temporanea irreperibilità del destinatario, l’affissione dell’avviso di deposito presso la casa comunale e l’invio della raccomandata informativa, accertando, ulteriormente, che la ricevuta di ritorno della raccomandata dimostrava che la stessa era stata ricevuta al domicilio del destinatario e sottoscritta da persona che abitava presso il medesimo domicilio, ed ha, quindi, concluso, per la regolarità della notifica;

seguendo il percorso argomentativo espresso nella sentenza, l’affermazione relativa al mancato assolvimento, da parte del ricorrente, dell’onere di prova su di esso gravante è stata compiuta dal giudice del gravame dopo avere ragionato in ordine alla operatività, nel caso di specie, dell’art. 1335 c.c., in particolare sulla circostanza che, essendo l’atto regolarmente pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, per essere stata la raccomandata informativa ricevuta da persona presente presso il suo domicilio, gravava sul contribuente l’onere di fornire elementi idonei che consentissero di superare la presunzione di conoscibilità dell’attore, inoltre, che l’atto ricevuto avesse diverso contenuto;

va osservato, quindi, che, ai fini della prova della regolarità della notifica della raccomandata informativa, di cui all’art. 140 c.p.c., l’onere gravante sull’amministrazione finanziaria di produrre l’avviso di ricevimento è strettamente connesso con il principio della presunzione di conoscenza del destinatario, ricavabile dall’art. 1335 c.c., in quanto, solo ove si accerti che l’atto sia stato posto nella sfera di conoscibilità del destinatario può ritenersi che il procedimento notificatorio sia stato eseguito regolarmente, con conseguente onere del contribuente di contestare la non veridicità di quanto indicato nell’avviso di ricevimento o il contenuto di quanto ricevuto;

non v’è, dunque, alcuna alterazione delle regole in materia di riparto dell’onere della prova, tenuto conto del fatto che, avendo il giudice del gravame accertato che i diversi passaggi del procedimento notificatorio si erano regolarmente svolti, era onere del contribuente fornire la prova contraria;

l’ulteriore profilo, relativo alla non riferibilità dell’avviso ricevimento (riprodotto a pag. 15 del ricorso) all’avviso di deposito dell’atto presso la casa comunale, nonchè alla mancata indicazione, nella relata di notifica, del numero della raccomandata C.A.D., costituisce una ragione di doglianza non riconducibile al vizio di violazione di legge, prospettato con il presente motivo di ricorso, quanto, piuttosto, ad un eventuale vizio motivazionale, ed è pertanto inammissibile;

dinanzi all’accertamento in fatto compiuto dal giudice del gravame in ordine alla regolarità della notifica, ivi compresa la regolarità della notifica della raccomandata informativa, in sostanza, con le presenti ragioni di censura si prospetta, in realtà, un vizio di insufficiente motivazione su di un fatto decisivo consistente nel non avere il giudice del gravame tenuto conto dell’esatto contenuto dell’avviso di ricevimento, in particolare del fatto che, in esso, non era indicato il destinatario nè alcun dato numerico riconducibile all’avviso di accertamento, nè vi era stata alcuna indicazione del numero della raccomandata informativa nella relata di notifica;

con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 140 c.p.c., della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 8, e del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 60, comma 1, lett. b bis., per non avere ritenuto applicabile la disciplina speciale di cui alla L. n. 890 del 1982, nel caso in cui il piego non è consegnato direttamente al destinatario;

il motivo è infondato;

le prescrizioni procedimentali di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, in particolare l’invio della raccomandata informativa nel caso in cui il piego non viene consegnato personalmente al destinatario, trovano applicazione nel solo caso in cui l’atto sia stato inviato a mezzo posta, mentre, nella fattispecie in esame, l’atto è stato notificato dal messo comunale, sicchè, mediante il rinvio, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, occorre fare riferimento alle norme previste nell’art. 137 e ss. c.p.c., in particolare, in caso di irreperibilità relativa del destinatario, alla previsione di cui all’art. 140, c.p.c., che prevede che, in tal caso, l’ufficiale giudiziario provvede al deposito dell’atto presso la casa comunale, all’affissione dell’avviso di deposito e all’invio della comunicazione di avvenuto deposito con raccomandata con avviso di ricevimento;

la pronuncia censurata è quindi conforme alle previsioni di legge applicabili alla fattispecie;

in conclusione, il primo e quarto motivo sono infondati, il secondo e terzo in parte infondati e in parte inammissibili, con conseguente rigetto del ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente che si liquidano in complessive Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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