Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25334 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 12/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.12/12/2016),  n. 25334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1479-2015 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 32,

presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ SCHITTONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CALOGERO IGNAZIO DIMINO giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI S.P.A., già denominata Fondiaria SAI

S.p.A., C.F. (OMISSIS), in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo

studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la rappresenta e

difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 719/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

emessa il 10/01/2014 e depositata il 03/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Don. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato Calogero Ignazio Dimino, per il ricorrente, che si

riporta agli scritti, insiste nella memoria e chiede la condanna

alle spese;

udito l’Avvocato Enrica Fasola (delega Avvocato Tommaso Spinelli

Giordano), per la controricorrente, che si riporta alla memoria.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. Nel 2002 G.S. convenne dinanzi al Tribunale di S.F.G., oculista, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni alla salute che assumeva patiti in conseguenza dell’imperita esecuzione d’un intervento chirurgico agli occhi.

Il Tribunale con sentenza 5.10.2007 n. 303 accolse la domanda.

2. La decisione venne appellata da ambo le parti: G.S. chiese una più cospicua liquidazione del danno; G.F. la riforma del capo di condanna.

Con sentenza 3.5.2014 n. 719 la Corte d’appello di Palermo rigettò ambo gli appelli e compensò le spese del grado.

3. Avverso la suddetta sentena ha proposto ricorso per cassazione G.S., fondato su tre motivi.

4. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1226 c.c.. Deduce che la Corte d’appello ha determinato il grado di invalidità permanente residuato all’intervento chirurgico maldestramente eseguito in via equitativa, là dove l’art. 1226 c.c. consente il ricorso all’equità per la monetizzazione del danno già accertato, non certo per determinare il grado di invalidità permanente dal punto di vista medico legale.

4.1. Il motivo è manifestamente infondato, perchè non pertinente rispetto alla effettiva ratio decidendi.

La Corte d’appello di Palermo, infatti, non risulta affatto avere determinato il grado di invalidità permanente patito dall’odierno ricorrente “in via equitativa”.

La Corte d’appello, al contrario, ha spiegato alle pp. 13 e 14 della propria decisione che il grado di invalidità percentuale che l’attore assumeva di avere patito (15%) non causato dall’intervento chirurgico, ma da altre ed indipendenti cause; e che l’unico danno causato dall’intervento fin “il decremento visivo accertato (dal c.l.u.), pari al 4 per cento di invalidità permanente”.

Non vi è stata, dunque, alcuna determinazione “equitativa” del grado di invalidità permanente, e quindi alcuna violazione dell’art. 1226 c.c..

5. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe nulla per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e comunque avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Deduce, in sostanza, che la Corte d’appello avrebbe malamente valutato le consulenze d’ufficio, nella parte in cui ha escluso che i postumi permanenti lamentati dall’attore fossero stati tutti ed interamente causati dall’intervento chirurgico.

Il motivo è manifestamente inammissibile, perchè sollecita da questa Corte un controllo sul modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove, il che notoriamente non è consentito in questa sede.

Nè può ritenersi “contraddittoria” una sentenza, come pretenderebbe il ricorrente, sol perchè abbia disatteso la consulenza d’ufficio nella parte dedicata all’accertamento della responsabilità del medico, e l’abbia invece condivisa nella parte dedicata alla stima del danno.

6. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., deducendo che la Corte d’appello avrebbe dovuto accogliere il suo appello, e di conseguenza non compensare le spese.

Il motivo è manifestamente inammissibile, in quanto per come è formulato censura non la compensazione delle spese in sè, ma il capo di sentenza che rigettò il suo appello, presupposto della compensazione delle spese.

7. Si propone pertanto il rigetto del ricorso con condanna alle spese”.

2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per raccoglimento del ricorso.

Anche la UnipolSai s.p.a. (nuova ragione sociale della Fondiaria-SAI s.p.a.) ha depositato memoria, con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dal ricorrente nella propria memoria.

4. Nella propria memoria il ricorrente formula, con riferimento al primo motivo di ricorso, una serie di osservazioni prettamente di merito, e cioè:

(a) nessun consulente medico legale, nel corso del giudizio, avrebbe mai quantificato l’esatto grado di invalidità permanente patito dall’attore (odierno ricorrente);

(b) in ogni caso ha errato il consulente nominato dalla Corte d’appello nell’affermare che la rottura dello sfintere pupillare determina la riduzione del visus.

In merito a tali osservazioni v’è da rilevare che esse, così come il motivo di ricorso che intendono illustrare, non sono pertinenti.

4.1. Il ricorrente ha lamentato col primo motivo di impugnazione il vizio di violazione di legge, ed assume che sarebbe stato violato l’art. 1226 c.c., perchè la Corte d’appello avrebbe determinato “in via equitativa” il grado di invalidità permanente.

Rispetto a questo thema decidendum nè il ricorso, nè la memoria, appaiono pertinenti, per più ragioni:

– sia perchè la Corte d’appello ha determinato il grado di invalidità permanente non già in via equitativa, ma rinviando alle risultanze delle consulenze d’ufficio: e se tale rinvio fosse errato, ovvero se errate fossero le consulenze, tale vizio non costituisce certo una violazione dell’art. 1226 c.c., ma andava impugnato deducendo altri e diversi vizi;

– sia perchè la Corte d’appello ha rigettato il motivo di gravame proposto da G.S., e volto ad ottenere una più cospicua liquidazione del danno biologico, sul rilievo che le determinazioni del Tribunale circa il grado non erano state attinte “da specifici motivi di censura (così la sentenza d’appello, penultima pagina, quarto capoverso). E tale ratio decidendi non è stata autonomamente impugnata.

5. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, nella propria memoria il ricorrente reitera la censura secondo cui la sentenza presenterebbe un duplice vizio: da un lato è contraddittoria, perchè ha condiviso la consulenza tecnica di ufficio in una parte, e non l’ha condivisa in altra parte; e dall’altro lato è carente, perchè ha trascurato di prendere in esame le analitiche critiche mosse dall’odierno ricorrente alla relazione di consulenza.

5.1. Su questo punto la memoria nulla aggiunge a quanto già dedotto col ricorso, e varrà quindi rinviare al contenuto della relazione, che il Collegio condivide.

V’è solo da ricordare come il vizio di “contraddittoria motivazione” non può più essere censurato in sede di legittimità, dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, salvi i casi di motivazione totalmente incomprensibile, certamente non ricorrente nel nostro caso.

6. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

7. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo) unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

La Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

– rigetta il ricorso;

– condanna G.S. alla rifusione in favore di UnipolSai Assicurazioni s.p.a. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 3.000, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2, comma 2;

– dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di G.S. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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