Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25334 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 09/10/2019), n.25334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5717-2018 proposto da:

FONDAZIONE ORO 6 PER IL SOCIALE, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

142, presso lo studio dell’avvocato PIERO GIUSEPPE RELLEVA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI

23, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO VOLO RANCATI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11/2018 del TRIBUNALE di LECCE, depositata il

10/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

– che è stato proposto ricorso, sulla base di due motivi, avverso il decreto del Tribunale di Lecce n. 115 del 10 gennaio 2018, il quale ha rigettato l’opposizione allo stato passivo promossa dall’odierna ricorrente;

– che si difende con controricorso il Fallimento (OMISSIS) S.r.l.;

– che è stata dalla ricorrente presentata memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– che i motivi di ricorso possono essere così riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 2756 c.c., in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere il tribunale rigettato la domanda di rivendicazione di beni mobili, ritenendo sussistente il diritto di ritenzione della società fallita, diritto dipendente dal privilegio speciale di cui sono assistiti i crediti derivanti da contratto di trasporto: il giudice di merito ha considerato l’odierna ricorrente alla stregua di un terzo avente diritti sulla res, piuttosto che la legittima proprietaria della stessa e, inoltre, ha riconosciuto la buona fede della società in bollir,

2) nullità del decreto, in relazione agli artt. 135 e 737 c.p.c., e dell’art. 99L. Fall., per avere il giudice di primo grado motivato in modo contraddittorio e manifestamente illogico, affermando che, da un lato, la società fallita aveva sottoscritto il contratto di trasporto con un soggetto differente ed eseguito la prestazione in buona fede, e, dall’altro, che dal documento di trasporto risultava che il bene era di proprietà di terzi;

– che i due motivi, poichè connessi, vanno trattati congiuntamente e sono manifestamente infondati;

– che, come correttamente statuito dal giudice di primo grado, il privilegio che assiste i crediti derivanti da contratto di trasporto può avere effetto, ai sensi dell’art. 2756 c.c., anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese sia stato in buona fede: invero, “ffla buona fede del creditore si identifica con lignoran. za non già del difetto di titolo dell’affidante a trasfe. rire il dominio, ma del cfile. tto di capacità di affidare la cosa per la consemnione o per il miglioramento” (Cass. 14533/2009);

– che, nel caso di specie, nessuna contestazione circa l’assenza di tale capacità in capo alla fondazione è stata avanzata e, pertanto, la società fallita è stata qualificata dal giudice di merito come creditore in buona fede; infatti, pur conoscendo che la proprietà della res era di un terzo, ha ragionevolmente ritenuto la controparte contrattuale legittimata e capace di disporne il trasporto;

– che, pertanto, nessuna illogicità, rilevante ai sensi del rispetto del “minimo costituzionale” della motivazione, è ravvisabile nella motivazione della sentenza;

– che, infine, il rilievo per cui il giudice di merito avrebbe errato nel considerare l’odierna ricorrente come “terzo che ha diritto sulla cosa” piuttosto che “proprietaria” (p. 6 del ricorso) è privo di pregio, per un duplice ordine di ragioni: il proprietario altro non è che il titolare di un diritto (di proprietà) sulla cosa; la ricorrente è terzo rispetto al contratto sottoscritto tra la Fondazione Oro 6 e la società poi fallita;

PQM

– che la condanna alle spese segue la regola della soccombenza. P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte costituita, di Euro 3.100 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre alle spese forfetarie nella misura del 1.5% sul compenso ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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