Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25332 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 12/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.12/12/2016),  n. 25332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4569-2016 proposto da:

R.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL VIMINALE

5, presso lo studio dell’avvocato GALLO GIUSEPPE, che lo rappresenta

e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNITA’ DI CISTERCENSI RIFORMATI TRAPPISTI DELLE TRE FONTANE, C.F.

(OMISSIS), in persona del proprio legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BENOZZO GOZZOLI, 60, presso

lo studio dell’avvocato MONTONE PIER PAOLO, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5665/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 14/10/2015 e depositata il 01/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato Giuseppe Gallo, per la ricorrente, che si riporta

agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Massimiliano Comici (delega verbale Avvocato Pier

Paolo Montone), per la controricorrente, che si riporta agli

scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. La Comunità dei Cistercensi Riformati Trappisti delle Tre Fontane nel 2013 convenne dinanzi al “Tribunale di Roma R.P., allegando di avere stipulato con essa un contratto di affitto d’azienda, e che alla scadenza contrattualmente pattuita i beni che ne formavano oggetto non erano stati riconsegnati dall’affittuaria.

La convenuta eccepì che quello stipulato tra le parti non era un contratto di affitto d’azienda, ma una locazione di immobile ad uso commerciale: sicchè, in applicazione della legislazione per essa prevista, non era maturato il termine di scadenza.

2. Il Tribunale di Roma con sentenza 16.12.2013 accolse la domanda, previa qualificazione del contratto come “affitto di azienda”.

La Corte d’appello di Roma ha rigettato il gravame proposto da R.P. con sentenza 1.2.2016 n. 5665. Tale sentenza è stata impugnata da R.P. con ricorso fondato su cinque motivi.

3. Con i primi dite motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi da parte del giudice di merito. Deduce che:

(a) la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto della effettiva consistenza dei beni, diversi dall’immobile, che formavano oggetto della presunta “azienda” concessa in locazione: beni che, per la loro pochezza, dimostravano come il vero oggetto del contratto fosse il godimento dell’immobile;

(b) la Corte d’appello ha tratto la conclusione che quello stipulato interpartes fosse un affitto d’azienda dalla circostanza che, in precedenza, la medesima attività aveva già formato oggetto di altro contratto di affitto di azienda: ma non aveva considerato che anche quel precedente contratto consisteva in realtà in una locazione commerciale.

3.1. Ambedue i suddetti motivi paiono fondati.

Nella giurisprudenza di questa Corte è pacifico da molti anni (sin da Sez. 3, Sentenza n. 2569 del 12/10/1964, Rv. 303860, per arrivare a Sez. 3, Sentenza n. 14647 del 15/10/2002, Rv. 557892) che ai fini dell’individuazione, nel caso concreto, della sussistenza di una locazione ovvero d’un affitto d’azienda, il giudice di merito deve compiere una duplice indagine:

(a) interpretare la comune intenzione delle parti contraenti;

(b) prendere in esame “l’obiettiva consistenza dei beni dedotti in contratto”.

Nel nostro caso, nell’intera motivazione della sentenza impugnata non compare alcun cenno a quale fosse l’effettiva consistenza dei beni oggetto del contratto, e quali i rapporti di accessorietà o pertinenza tra essi.

4. Si propone pertanto l’accoglimento del ricorso, e la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

2. Nessuna delle parti ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dal procuratore dell’ente controricorrente nella discussione della causa.

La Corte d’appello di Roma, infatti, era chiamata a stabilire se le parti avessero stipulato un contratto di locazione di immobile ad uso commerciale e come sostenuto dalla ricorrente, ovvero di affitto di azienda, come sostenuta dall’ente controricorrente.

Per compiere tale qualificazione del contratto, il primo e più importante indice da prendere in considerazione è individuare quali beni abbiano formato oggetto del contratto, e stabilire se i beni concessi in locazione e diversi dall’immobile possano costituire una “azienda” ai sensi dell’art. 2555 c.c..

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto sussistente in facto un affitto di azienda, ma non ha affatto accertato quali beni ne costituissero l’oggetto; ovvero, se l’ha fatto, non ne ha dato conto in motivazione.

La sentenza impugnata non spiega infatti quanti beni e quali beni costituissero questa azienda, chi ne fosse proprietario e quale importanza avessero, unitariamente considerati, rispetto all’oggetto dell’azienda esercitata dalla odierna ricorrente.

Sussiste, pertanto, sia il vizio di omesso esame d’un fatto controverso, denunciato col primo motivo di ricorso; sia il vizio di falsa applicazione dell’art. 2562 c.c., denunciato col terzo motivo di ricorso, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto applicabile la disciplina dell’affitto di azienda, senza avere prima accertato in fatto se una azienda commerciale costituisse effettivamente l’oggetto del contratto di affitto.

4. Le spese del presente giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

La Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sesta Sezione civile della Corte di Cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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