Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25331 del 29/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 29/11/2011, (ud. 07/10/2011, dep. 29/11/2011), n.25331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21857/2010 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA 40, presso lo studio dell’avvocato BIANCHI Bruno, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.P.F. (OMISSIS), P.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI Luigi, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOTTINELLI MASSIMO

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1056/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

10/03/2010, depositata il 09/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Donatella Fagliacela, (delega avvocato Bruno

Bianchi) difensore del ricorrente che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Manzi Federica, (delega avvocato Manzi Luigi),

difensore dei controricorrenti che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 13-11-2000 P.L., figlio ed erede universale di A.C. deceduta in (OMISSIS) lasciando le disposizioni di cui al testamento olografo del 26-11-1985 pubblicato il 10-5-2000, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, i fratelli, nominati ugualmente eredi universali, P. P. ed P.A. chiedendo, previa ricostituzione della massa ereditaria e quindi previa condanna di P.P. alla restituzione alla massa stessa delle somme prelevate dai conti correnti cointestati, disporsi la divisione dei beni caduti in successione mediante l’assegnazione delle parti corrispondenti alle quote di diritto e di valore loro spettante per testamento sull’eredità della defunta.

A fondamento della domanda l’attore, dopo aver premesso che la sorella P.T. aveva validamente rinunciato all’azione di riduzione, sosteneva che nella massa ereditaria dovevano ricomprendersi, oltre determinati beni immobili, un deposito di conto corrente presso l’Agenzia Cariplo di (OMISSIS) portante, al momento del decesso della madre, la somma di L. 29.048.870, un deposito titoli presso la stessa Agenzia per L. 60.000.000 ed un conto piano accumulo Carifondo sempre presso la suddetta Agenzia portante n. 124.994 quote di Carifondo Libra per un valore di L. 9.000.000; aggiungeva che tutti i conti erano cointestati tra la madre ed il fratello P. per accordo tra tutti i fratelli al fine di meglio agevolare le operazioni di ordinaria amministrazione della madre.

I convenuti costituendosi in giudizio aderivano alla richiesta di scioglimento della comunione ereditaria e di divisione dei beni immobili, mentre contestavano l’ulteriore domanda attrice, sostenendo in particolare P.P. che la cointestazione dei conti non era fittizia ma reale, avendo provveduto lui stesso, convivente con la madre, a tutti i bisogni materiali e morali della stessa.

Il Tribunale adito con sentenza del 6-12-2005 dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda di divisione dei beni immobili, accertava e dichiarava il diritto di P.L. allo scioglimento della comunione ereditaria relativa ai beni mobili costituenti l’asse ereditario sopra descritti nella misura del 50%, dovendosi ritenere il restante 50% di proprietà esclusiva di P. P., ed ha condannato quest’ultimo ed P.A. al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 5.949,58 oltre interessi.

Proposto gravame da parte di P.L. cui resistevano P. P. ed P.A. la Corte di Appello di Milano con sentenza del 9-4-2010 ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza P.L. ha proposto un ricorso articolato in un unico motivo cui P.P. ed P. A. hanno resistito con controricorso.

Il Consigliere designato con relazione ex art. 380 bis c.p.c., del 31- 5-2011 ha concluso per il rigetto del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo formulato il ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso la sussistenza della prova certa della fittizia cointestazione tra la A. e P.P. dei conti caduti in successione.

Premesso che la finalità di detta cointestazione, stante l’età avanzata della A., era palesemente quella di consentire al figlio convivente una più facile amministrazione dei beni materni, nonchè di provvedere ai bisogni ed alle spese necessarie al mantenimento dell’abitazione comune, senza dover consultare preventivamente i fratelli prima di ogni operazione, il ricorrente rileva che la presunzione dell’uguaglianza delle quote dei cointestatari può essere superata dalla prova contraria.

P.L. al riguardo sostiene che, mentre le asserzioni di controparte erano state parzialmente confermate dall’esame dei movimenti bancari relativamente al solo rapporto di conto corrente n. (OMISSIS), sulla base delle dichiarazioni dei testi escussi si sarebbe dovuto escludere una effettiva cointestazione anche del deposito titoli n. (OMISSIS) nonchè del conto piano accumulo Carifondo, non avendo essi riferito di una eventuale contribuzione di P.P. alla costituzione del conto titoli e del Carifondo Libra, con la conseguente presunzione grave, precisa e concordante che tali depositi fossero riferibili alla sola A..

Il ricorrente, inoltre, premesso che la distinzione tra il conto corrente da un lato ed il conto titoli ed il piano accumulo dall’altro non era configurabile come una nuova strategia difensiva dell’esponente ma costituiva il frutto della realtà dei fatti come emersi dall’istruttoria svolta, aggiunge che nessuno dei testimoni aveva riferito in ordine ai fatti in questione per percezione diretta, bensì soltanto per aver appreso le circostanze da terzi o dalla defunta.

P.L. quindi conclude affermando che la Corte territoriale, per un errore addebitabile ad un travisamento dei fatti di causa, non era giunta al ragionevole convincimento che la presunzione di comproprietà derivante dalla suddetta cointestazione era stata superata dall’esito delle prove acquisite, con la conseguente inesatta valutazione della congruità dell’offerta formulata dagli appellati in corso di causa, strettamente collegata ad una corretta ricostruzione della massa ereditaria alla luce di quanto argomentato con riferimento alla cointestazione fittizia del conto corrente, del conto titoli e del piano accumulo Carifondo Libra.

La censura è manifestamente infondata.

La menzionata relazione ha affermato che la Corte territoriale, premessa la presunzione di comproprietà tra la “de cuius” e P. P. dei fondi contenuti nei suddetti depositi derivante dalla cointestazione esistente tra tali soggetti, ha anzitutto rilevato che la distinzione operata dall’appellante tra conto corrente, conto titoli e piano accumulo era una tesi difensiva nuova rispetto alle deduzioni svolte ed alla prova articolata in primo grado, laddove la questione della cointestazione dei titoli era stata trattata in modo unitario; il giudice di appello ha poi aggiunto che comunque la prova espletata aveva avuto esito negativo per l’appellante, posto che la comune teste P.T. aveva negato la circostanza – oggetto della prova testimoniale articolata da P.L. – di un preteso accordo tra gli eredi in ordine alla cointestazione del conto corrente (OMISSIS) tra la A. e P.P..

La richiamata relazione ha ritenuto che, seppure non appariva del tutto corretta l’affermazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta novità dell’impostazione difensiva sostenuta dal ricorrente in grado di appello (trattandosi piuttosto di una riduzione dell’oggetto della domanda all’esito della prova testimoniale espletata nel primo grado di giudizio), tuttavia la valutazione in ordine all’esito negativo della prova – costituente una autonoma “ratto decidendi” – si sottraeva alle censure sollevate in tale sede, trattandosi di un convincimento sorretto da sufficiente e logica motivazione, come tale incensurabile in questa sede; pertanto, in assenza di alcun elemento probatorio di segno contrario, correttamente la Corte territoriale ha tenuto conto, ai fini dei decidere, della presunzione di comproprietà derivante dalla cointestazione dei conti e dei titoli suddetti tra la A. e P.P..

Il Collegio ritiene di aderire pienamente a tale convincimento, considerato per un verso che l’assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti in senso opposto – secondo la ricostruzione in fatto del giudice di appello – comporta logicamente l’operatività nella specie della suddetta presunzione di comproprietà, e per altro verso che la memoria depositata dal ricorrente non ha minimamente censurato le argomentazioni svolte nella richiamata relazione.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2500,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2011

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