Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25331 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 12/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.12/12/2016),  n. 25331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 299-2016 proposto da:

D.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

GRAFICI 90, presso lo studio dell’avvocato LIDIA MARIA PALATIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato UMBERTO GIUSEPPE GARRISI giusta

procura speciale, in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LECCE, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA 64, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO BALDASSARRE, rappresentato e difeso

dall’avvocato Elisabetta Ciulla giusta procura speciale in calce al

controricorso e giusta deliberazione di Giunta Comunale n. 1206 del

09/12/2015;

– controricorrente –

e contro

S.G.M. SOCIETA’ GESTIONE MULTIPLI S.P.A., P.IVA (OMISSIS), in persona

del Presidente e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. GALILEI 45, presso lo studio dell’avvocato PIETRO

LITTA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA LANZILAO, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1822/2015 del TRIBUNALE di LECCE, emessa e

depositata il 09/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. D.A.F. ha chiesto in giudizio la condanna del Comune di Lecce e della società SGM srl al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, che assume di avere patito in conseguenza della elevazione in suo danno di due sanzioni amministrative, irrogate per violazioni del codice della strada.

2. Il Giudice di Pace di Lecce rigettò la domanda, e il Tribunale rigettò l’appello proposto dal soccombente, con sentenza 9.4.2015 n. 1822.

D.A.F. (ha) impugnato per cassazione la sentenza d’appello, con ricorso fondato su quattro motivi.

3. Col primo motivo lamenta che il Tribunale, nel ritenere inesistente il danno e comunque non riconducibile alla condotta degli enti convenuti, ha malamente valutato le prove.

Il motivo è manifestamente inammissibile, non essendo consentito in questa sede il sindacato sull’apprezzamento delle prove compiuto dal giudice di merito.

4. Col secondo motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente una rinuncia alla domanda di risarcimento dei danno patrimoniale.

Il motivo è manifestamente infondato: è lo stesso ricorrente a dedurre, a p. 6 del ricorso, di avere affermato nell’atto d’appello che “il D.A. aveva rinunciato alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale”.

Quanto soggiunto dal ricorrente, ovvero che tale rinuncia dinanzi al Giudice di pace avesse comportato soltanto “lo spostamento della pretesa dinanzi al giudice dell’impugnazione”, appare giuridicamente incomprensibile.

5. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’error in procedendo (erroneamente qualificato “violazione di legge”), sostenendo che il Tribunale avrebbe ingiustamente escluso l’ammissibilità della produzione in sede di gravame di documenti rilevanti e che la parte senza colpa non aveva potuto precedentemente produrre.

Il motivo è manifestamente.

– nella parte in cui il ricorrente lamenta la mancata ammissione di documenti concernenti l’an debeatur, lo è per irrilevanza, giacchè la domanda è stata rigettata per difetto di prova dell’esistenza del danno.

– Nella parte in cui il ricorrente lamenta la mancata ammissione di documenti concernenti l’aggravamento del suo stato di salute, lo è perchè il ricorrente – in violazione del principio di autosufficienza – non precisa quali documenti gli è stato impedito di depositare, con quale contenuto, con quale data. Sicchè è impedito a questa Corte il giudizio sulla astratta rilevanza di quei documenti, e di conseguenza di effettiva sussistenza di un interesse a ricorrere.

6. Col quarto motivo il ricorrente lamenta dl essere stato ingiustamente condannato alle spese del doppio grado.

Il motivo è manifestamente infondato, posto che il Tribunale ha posto le spese carico del soccombente.

7. Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità od il rigetto del ricorso. In considerazione della rara inconsistenza dei motivi prospettati col ricorso, si propone la condanna del ricorrente per responsabilità aggravata, ex art. 96 c.p.c..

2. La parte ricorrente ha fatto pervenire la memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2, a mezzo del servizio postale, con plico spedito il 27.10.2016, ma pervenuto in cancelleria il 31.10.2016.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità della memoria ex art. 380 bis c.p.c., spedita dal ricorrente a mezzo del servizio postale e pervenuta il 31.10.2016.

La memoria suddetta, infatti, va depositata almeno cinque giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio, giusta la previsione dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Non giova al ricorrente, ai fini dell’ammissibilità della suddetta memoria, la circostanza che sia stata consegnata all’ufficio postale il 27.10.2016, e quindi entro il termine di cinque giorni prima dell’adunanza.

La memoria di cui si discorre, infatti, non può essere spedita per mezzo del servizio postale, ma deve essere depositata in cancelleria.

Ciò è previsto dall’art. 134 disp. att. c.p.c., il quale consente di spedire a mezzo del servizio postale soltanto il ricorso, il controricorso e gli atti che ad essi vanno obbligatoriamente allegati, ai sensi degli artt. 369 e 370 c.p.c.. Nè tale norma può estendersi analogicamente anche alle memorie, per l’ovvia ragione che il termine di deposito delle memorie è diretto ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere cognizione dell’atto con congruo anticipo rispetto alla udienza di discussione: e tale scopo verrebbe frustrato dalla spedizione a mezzo del servizio postale, per effetto della quale le memorie potrebbero pervenire addirittura dopo la celebrazione dell’udienza, con conseguente lesione del diritto di difesa delle controparti (così, ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 7704 del 19/04/2016, Rv. 639477).

4. Nel merito, il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Il ricorso va di conseguenza dichiarato inammissibile.

5. D.A.F. ha allegato al ricorso una istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Non vi è, tuttavia, copia del provvedimento di ammissione al suddetto beneficio da parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Lecce.

Ne consegue che, ai fini del pagamento del doppio del contributo unificato, il ricorrente deve ritenersi non ammesso al suddetto beneficio.

In ogni caso, ove l’ammissione fosse nelle more sopravvenuta, in considerazione del contenuto oggettivo della sentenza impugnata e del ricorso, il Collegio ritiene che nella specie non sussistano i presupposti per l’ammissione del ricorrente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in materia civile, può essere accordata solo a favore di chi vanti una pretesa “non manifestamente infondata”, così come desumibile dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 122.

La medesima norma chiarisce che la valutazione della non manifesta infondatezza va compiuta dal Consiglio dell’Ordine competente non in astratto, il quale deve a tal riguardo valutare “le enunciazioni in fatto ed in diritto” di cui l’istante intende avvalersi, e le “prove specifiche” di cui intende chiedere l’ammissione.

Nel caso di specie D.A.F. ha proposto un ricorso per cassazione, per le ragioni sopra esposte, manifestamente inammissibile. Ne discende che qualsiasi eventuale provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, adottato dal Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Lecce, andrebbe dichiarato illegittimo e revocato, perchè nella specie mancava il requisito della “non manifesta infondatezza” della pretesa che il richiedente intendeva azionare in giudizio.

Ricorrerebbe, dunque, nel caso di specie, l’ipotesi di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 136, comma 2, e cioè l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione.

6. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

7. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

La Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna D.A.F. alla rifusione in favore di SGM s.p.a. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 1.800, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2, comma 2;

– condanna D.A.F. alla rifusione in favore di Comune di Lecce delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 1.800, di cui 200 per spese vive, oltre cassa forense e spese forfettarie ex D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2, comma 2;

– revoca, ove mai fosse stata concessa, l’ammissione di D.A.F. al beneficio del patrocinio a spese dello Stato;

– dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di D.A.F. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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