Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2533 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29161/2014 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO n.

249, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RANDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE CIARAVINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2789/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata l’11/12/2013 R.G.N. 1739/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Palermo ha respinto l’appello di D.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, volta ad ottenere, per il periodo marzo 2002 – giugno 2004, il pagamento della retribuzione di posizione nella stessa misura goduta prima del trasferimento, avvenuto per mobilità l’8 marzo 2002, dalla sede di (OMISSIS) alla Direzione Regionale della Sicilia;

2. il ricorrente, dirigente dell’Agenzia collocato in quiescenza il 1 luglio 2004, aveva invocato a fondamento della domanda la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 63 del CCNL 2002/2005 ed aveva fatto leva anche sulla previsione dell’art. 53, con il quale i benefici economici del nuovo contratto, di portata retroattiva, erano stati estesi ai dirigenti cessati dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza del biennio contrattuale di parte economica;

3. la Corte territoriale ha osservato che il c.c.n.l. era stato sottoscritto il 1 agosto 2006, quando già il D. era stato collocato in pensione, e che la retroattività degli effetti doveva essere limitata alle sole disposizioni contrattuali di rilievo esclusivamente retributivo e non poteva essere estesa alle clausole che si riferivano alle modalità di conferimento degli incarichi e di selezione dei dirigenti;

4. l’art. 63 del CCNL non prevedeva solo che al dirigente, a seguito dell’attribuzione del nuovo incarico dovesse essere riconosciuta una retribuzione di posizione di pari importo o comunque non inferiore del 10% rispetto a quelle in precedenza percepita, ma richiedeva anche preliminari accertamenti in merito agli incarichi disponibili ed alla loro natura, circostanza, questa, che impediva l’invocata retroattività della disciplina contrattuale;

5. il giudice d’appello ha aggiunto che, in ogni caso, il D. non aveva provato la sussistenza della condizione prevista dall’invocato art. 63, perchè non era emerso che alla data della scadenza dell’incarico presso l’ufficio di (OMISSIS) fossero disponibili ruoli dirigenziali di pari grado;

6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.A. sulla base di due motivi, ai quali l’Agenzia delle Entrate ha replicato con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione degli artt. 1, 2, 54 e 63 del CCNL relativo al personale dirigente dell’area VI per il quadriennio normativo 2002-2005 e biennio economico 2002-2003 sottoscritto in data 1 agosto 2006 (G.U. n. 183 dell’8.8.2006)” ed assume, in sintesi, che le parti collettive, oltre a far retroagire gli effetti economici al periodo 1 gennaio 2002/31 dicembre 2003, hanno esteso la retroattività ai dirigenti già cessati dal servizio, precisando che gli incrementi avrebbero inciso anche sul trattamento di quiescenza;

1.1. aggiunge il ricorrente che l’art. 63 disciplina l’indennità di posizione, che ha indubbiamente carattere retributivo, e, pertanto, la retroattività non poteva non comprendere la clausola di salvaguardia, che subordinava la legittimità della decurtazione del 100/0 all’indisponibilità di uffici dirigenziali di pari rilevanza;

2. la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, addebita alla Corte territoriale l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, perchè la disponibilità di un posto dirigenziale di seconda fascia emergeva dalla stessa nota del 27 febbraio 2002 con la quale il D. era stato assegnato alla Direzione Regionale e contestualmente erano state conferite ad altri dirigenti le funzioni di Direttore degli uffici di (OMISSIS) e di (OMISSIS);

3. il primo motivo di ricorso è infondato perchè correttamente la Corte territoriale ha escluso che il diritto alla maggiorazione della retribuzione di posizione potesse essere fondato sull’art. 63 del CCNL 1 agosto 2006 per i dirigenti dell’area VI comprensiva delle Agenzie fiscali;

4. il contratto collettivo in parola, seppure inerente il quadriennio normativo 2002/2005 ed il biennio economico 2002/2003, è stato sottoscritto quando già erano spirate le annualità di riferimento e nonostante ciò ha stabilito in via generale, all’art. 2, che, salvo diverse decorrenze previste dallo stesso contratto, gli effetti giuridici decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione (comma 2) e gli istituti a contenuto economico e normativo, aventi carattere vincolato ed automatico, sono applicati dagli enti destinatari entro trenta giorni dalla stessa data, coincidente con quella del perfezionamento delle procedure delle procedure di cui del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 47 e 48 (comma 3);

5. l’art. 53 del CCNL ha rideterminato il trattamento economico fisso dei dirigenti di seconda fascia, fissando la decorrenza degli aumenti contrattuali al 1 gennaio 2002 ed al 1 gennaio 2003, ed il successivo art. 54, dopo avere previsto al comma 1, che “le retribuzioni risultanti dall’applicazione dell’art. 53, hanno effetto sul trattamento ordinario di previdenza, di quiescenza normale e privilegiato, sull’indennità di buonuscita o di fine servizio, sul trattamento di fine rapporto, sull’indennità alimentare, sull’equo indennizzo, sulle ritenute assistenziali e previdenziali e relativi contributi e sui contributi di riscatto”, al comma 3, ha precisato che “i benefici economici risultanti dall’applicazione dei commi 1 e 2, hanno effetto integralmente sulla determinazione del trattamento di quiescenza dei dirigenti comunque cessati dal servizio, con diritto a pensione, nel periodo di vigenza del presente biennio contrattuale di parte economica alle scadenze e negli importi previsti dalle disposizioni richiamante nel presente articolo”;

6. quanto agli effetti della scadenza degli incarichi dirigenziali l’art. 63, intitolato “clausola di salvaguardia”, ha previsto al comma 1, che, fatta eccezione per i casi di valutazione negativa del dirigente, gli enti che non intendano rinnovare il medesimo incarico sono tenuti a conferire “altro incarico di pari valore economico”;

6.1. al comma 2, le parti collettive hanno precisato che “ove non siano disponibili posizioni dirigenziali vacanti di pari fascia ovvero le stesse richiedano il possesso di specifici titoli di studio e professionali” è consentita l’attribuzione di “un eventuale incarico di importo inferiore sulla base di criteri e termini definiti nella contrattazione integrativa… Tra i criteri, è prevista l’attribuzione di una retribuzione di posizione il cui valore economico non sia inferiore del 10% rispetto a quella corrisposta in relazione al precedente incarico”;

7. la disposizione è indubbiamente innovativa rispetto alla disciplina previgente, perchè l’art. 13 del CCNL 5.4.2001 per la dirigenza del comparto Ministeri, in precedenza applicabile al rapporto, prevedeva che al dirigente dovesse essere conferito un incarico “almeno equivalente” ed aggiungeva che tale doveva essere ritenuto “l’incarico cui corrisponde una retribuzione di posizione complessiva di pari fascia ovvero una retribuzione di posizione il cui importo non sia inferiore del 10% rispetto a quello precedentemente percepito”;

8. il CCNL 1 agosto 2006 ha, quindi, accresciuto le garanzie del personale dirigenziale, perchè ha previsto quale regola generale che allo stesso debba essere conferito un incarico di pari valore economico ed ha superato il concetto di equivalenza fissato dal precedente contratto, prevedendo che solo in presenza di determinate condizioni possa essere conferito un incarico comportante una retribuzione di posizione inferiore del 10% rispetto a quella in precedenza goduta;

9. la nuova disciplina, peraltro, è destinata ad operare solo in relazione ai rinnovi non ancora attuati alla data di sottoscrizione del contratto, innanzitutto perchè, in assenza di una espressa previsione di retroattività, opera la regola generale fissata dall’art. 2 del CCNL (richiamato al punto 4);

9.1. inoltre non è logicamente predicabile che il nuovo incarico, legittimo al momento del conferimento ed equivalente a quello in precedenza ricoperto, possa essere ritenuto non più tale per effetto di una disciplina sopravvenuta, che, nell’estendere le garanzie riconosciute al dirigente, obbliga la Pubblica Amministrazione a compiere accertamenti e valutazioni che devono necessariamente precedere l’attribuzione dell’incarico stesso;

9.2. la retroattività non può essere desunta dalla disciplina dettata dall’art. 54 del CCNL, perchè la stessa si riferisce ai soli incrementi del trattamento economico fisso di cui all’art. 53 e pertanto, sulla base della previsione generale contenuta nell’art. 2, l’estensione retroattiva degli effetti resta circoscritta ai soli istituti espressamente contemplati nella disposizione;

10. poichè la sentenza impugnata è fondata su una duplice ratio decidendi, l’infondatezza del primo motivo comporta l’inammissibilità della seconda censura, per sopravvenuto difetto di interesse (cfr. fra le più recenti Cass. n. 11493/2018);

11. a ciò si deve aggiungere che la doglianza esorbita dai limiti del riformulato art. 360 c.p.c., n. 5, come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 8053/2014), perchè denuncia non l’omesso esame di un fatto storico decisivo ai fini di causa, bensì l’errata valutazione di elementi istruttori da parte della Corte territoriale, che ha pronunciato espressamente sull’insussistenza delle condizioni richieste dall’art. 63 del CCNL 1 agosto 2006;

12. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

13 sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.500,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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