Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25328 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. II, 09/10/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 09/10/2019), n.25328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(art. 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 4783/16) proposto da:

E.B., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in forza

di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Sebastiano de

Feudis ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Giovanni Spinapolice, in Roma, v. del Corso, 433/D;

– ricorrente –

contro

COMUNE di TURI, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in

calce al controricorso, dall’Avv. Domenico Romito e domiciliato “ex

lege” presso la Cancelleria della Corte di cassazione, in Roma,

p.zza Cavour;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Bari n. 5076/2015, depositata il

18 novembre 2015 (e notificata, a mezzo pec, il 7 dicembre 2015).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con ricorso proposto ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, il sig. E.B. formulava opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 50/2012 emessa dal Sindaco del Comune di Turi per il pagamento della sanzione amministrativa di Euro 860,00 in ordine all’illecito amministrativo accertato dalla Polizia municipale di quel Comune in data 25 giugno 2011 con riferimento alla violazione dell’ordinanza sindacale n. 34 del 27 aprile 2011 adottata per la predisposizione di misure di prevenzione del rischio incendi.

L’adito Giudice di pace di Putignano, nella costituzione del resistente Comune di Turi, rigettava nel merito l’opposizione con sentenza n. 235/2012, salvo a ridurre al minimo la sanzione irrogata con l’impugnato provvedimento amministrativo.

Decidendo sull’appello avanzato dall’ E. e nella costituzione dell’ente comunale appellato, il Tribunale di Bari, con sentenza n. 5076/2015 (depositata il 18 novembre 2015), rigettava il gravame, ravvisando – per quanto ancora rilevante in questa sede di legittimità – l’infondatezza del motivo riguardante il dedotto difetto di legittimazione del Sindaco (per il tramite del dirigente preposto) ad emettere l’opposta ordinanza-ingiunzione e, in ogni caso, di tutte le altre doglianze attinenti al merito della violazione. In particolare, il Tribunale barese rilevava come non potesse mettersi in discussione la competenza del Sindaco alla stregua del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 13, avendo egli esercitato, nella fattispecie, le funzioni di autorità locale di Protezione civile, con la conseguente legittimità dell’adozione dei provvedimenti sanzionatori consequenziali.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’ E.B., affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito il Comune di Turi con controricorso.

1.1. Con la formulata censura il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 17, asserendo che, nel caso di specie, avrebbe dovuto ritenersi spettante alla Regione – e non al Sindaco del Comune di Turi – la competenza ad emettere l’ordinanza-ingiunzione oggetto di opposizione.

2. Rileva, in primo luogo, il collegio che vanno disattese le eccezioni pregiudiziali formulate dal Comune controricorrente circa l’inosservanza dell’art. 366 c.p.c., poichè il vizio riconducibile alla dedotta violazione di legge è chiaro e sviluppato sufficientemente nel corpo del motivo, la cui parte in diritto è preceduta da una sommaria esposizione della vicenda fattuale più che adeguata.

3. Osserva, poi, il collegio che il proposto motivo di ricorso è infondato e deve, perciò, essere rigettato.

Nella ricostruzione del sistema normativo di riferimento occorre evidenziare come il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (abrogato dal D.Lgs. n. 1 del 2018, art. 48, comma 1, lett. c), ma nella fattispecie ancora applicabile “ratione temporis”) abbia inteso sottolineare le fondamentali funzioni spettanti ai Comuni in materia di protezione civile, esplicitando, in particolare, l’obbligo della predisposizione dei piani comunali di emergenza. La sfera di competenze dei Comuni si estende, peraltro, a tutti i settori di attività della protezione civile, con notevole accentuazione di responsabilità e poteri rispetto al quadro normativo previgente.

L’art. 108 del suddetto D.Lgs. affida, infatti, all’Ente locale l’attuazione, nel proprio ambito territoriale, delle attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi stabiliti dai programmi e piani regionali, trasferendo ad esso, perciò, anche una parte dei compiti che la L. n. 225 del 1992, art. 12, comma 2, attribuiva alla Regione.

Nello stesso tempo, la predetta norma ribadisce le attività che il Comune può adottare con l’emanazione dei provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi in caso di eventi calamitosi nel proprio ambito territoriale, attivi i primi soccorsi alla popolazione e gli interventi urgenti necessari a fronteggiare l’emergenza, vigili sull’attuazione dei servizi urgenti da parte delle strutture locali di protezione civile.

In particolare, al n. 1) della lett. c) della norma in esame, nell’ambito delle funzioni attribuite ai Comuni, risultano inserite proprio quelle riguardanti l’attuazione, in ambito comunale, delle attività di previsione e – si badi – di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali.

L’importanza dei compiti riconosciuti al Comune pone quest’ultimo in una posizione di assoluto rilievo nel sistema di protezione civile, rendendo, pertanto, necessario che gli enti locali concepiscano ed organizzino la protezione civile come un servizio da erogare in via continuativa, destinandovi professionalità e risorse strumentali e finanziarie adeguate.

Sulla base di questo assetto normativo di base (per l’appunto dedicato al “conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali”) è, poi, intervenuto il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (c.d. T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), che – all’art. 13, comma 1, ha previsto espressamente che spettano, tra le altre, al Comune le funzioni amministrative che riguardano l’assetto ed utilizzazione del territorio. In esse devono ricomprendersi anche quelle che attengono alla predisposizione delle misure di prevenzione per gli incendi, che possono pure essere attuate mediante l’emanazione di determinati provvedimenti di regolamentazione applicabili sul territorio di competenza tramite apposite ordinanze sindacali, ancorchè le stesse debbano essere esercitate secondo le linee guida emesse dalla Regione: ciò, però, non importa l’attribuzione in capo a quest’ultima della legittimazione ad adottare i provvedimenti contingibili ed urgenti per l’approntamento delle suddette concrete misure preventive, che, invece, rimane assegnata ai Sindaci dei rispettivi Comuni.

Alla stregua della suddetta complessiva ricostruzione normativa (con particolare riferimento all’attribuzione al Comune delle funzioni evidenziate, come, peraltro, ribadito anche con circolare ministeriale 3/10/2001 Protezione civile – Compiti dei Comuni – Informazione della popolazione, emanata dal Ministero dell’interno, Direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi), non può dubitarsi (cfr., per un esempio relativo ad altra competenza contemplata del D.Lgs. n. 267 del 2000, stesso art. 13,Cass. SU n. 833/2012) che la competenza ad emanare l’ordinanza-ingiunzione relativa alla violazione in questione – conseguente alla mancata ottemperanza proprio ad un’ordinanza sindacale adottata a tutela del territorio con la previsione di misure antincendio – spettava al Comune di Turi (in persona dell’organo a ciò legittimato).

4. In definitiva, per le spiegate ragioni, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo, con attribuzione al difensore del Comune di Turi per dichiarato anticipo.

Va dato, infine, anche atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessive Euro 900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cap e contributo forfettario nella misura del 15% sulle voci come per legge, con attribuzione al difensore antistatario del controricorrente Comune.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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