Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25327 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/11/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 11/11/2020), n.25327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17720-2013 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

PUCCINI 10, presso lo studio dell’avvocato MARIO FERRI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO MIRMINA;

– ricorrente –

contro

R.M.;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI CATANIA in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 67/2013 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

CATANIA, depositatà il 28/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2019 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

La contribuente R.M. ricorreva alla CTP di Catania per l’annullamento di cinque intimazioni di pagamento notificate il 21.7.2009, deducendo di non aver mai ricevuto le cartelle di pagamento cui esse si riferivano, e la decadenza dell’amministrazione dal diritto a riscuotere la somme portate in esse.

L’Agenzia delle Entrate si costituiva eccependo la regolare notifica delle cartelle, mentre la Serit Sicilia spa, oggi Riscossione Sicilia spa, rimaneva contumace.

La CTP accoglieva il ricorso affermando il difetto di notifica delle cartelle.

La Serit proponeva appello deducendo la corretta notifica delle cartelle, producendo documentazione al riguardo, e la contribuente e l’Agenzia si costituivano in giudizio.

La CTR della Sicilia rigettava l’appello proposto, non ritenendo ammissibile la produzione effettuata in quanto documento nuovo, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il concessionario della riscossione sulla base di due motivi.

L’Agenzia non si è costituita nei termini, ma solo ai fini della eventuale partecipazione all’udienza, e la contribuente non si è costituita.

In vista dell’udienza odierna, Riscossione Sicilia spa ha depositato memoria datata 22.10.2019.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo l’agente della riscossione deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2 nonchè violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR non ha tenuto conto del consolidato orientamento della Suprema Corte sulla produzione di documenti in grado di appello nel giudizio tributario, in particolare dalla parte rimasta contumace in primo grado.

Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per error in judicando ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione, nonchè nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – error in procedendo – per violazione dell’art. 112 c.p.c., in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2.

La CTR non ha tenuto conto dell’avvenuta regolare notifica delle cartelle prodromiche, dimostrata dalla produzione effettuata in appello.

Innanzi tutto, la notifica del presente ricorso alla contribuente appare regolare, essendo stata effettuata al portiere dello stabile, ed essendo poi stata inviata la comunicazione di avvenuta notifica, il cui numero è citato sulla cartolina.

I motivi possono essere trattati congiuntamente, attenendo entrambi ai documenti di cui si discute, e sono fondati.

Questa Corte ha già affermato il principio generale per cui le parti possono produrre in appello documenti nuovi (secondo qualche pronuncia purchè entro il termine di venti giorni prima dell’udienza); si veda, al riguardo sez. V, n. 8927 del 2018, secondo cui:

In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, le parti possono produrre in appello nuovi documenti, anche ove preesistenti al giudizio di primo grado, ferma la possibilità di considerare tale condotta ai fini della regolamentazione delle spese di lite, nella quale sono ricomprese, ex art. 15 del detto decreto, quelle determinate dalla violazione del dovere processuale di lealtà e probità.

Nel caso, poi, di documenti prodotti dalla parte rimasta contumace in primo grado, la giurisprudenza è ancora più specifica.

Il principio affermato da questa Corte (sez. V, n. 29568 del 2018) è, infatti, che:

Nel processo tributario, poichè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 consente la produzione in appello di qualsiasi documento, la stessa può essere effettuata anche dalla parte rimasta contumace in primo grado, poichè il divieto posto dall’art. 57 del detto decreto riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto.

La sentenza riguarda un caso sostanzialmente identico, dove il ricorrente è il medesimo della presente causa, e, in motivazione, la stessa afferma:

costituisce, invece, un orientamento ormai pacifico e consolidato di questa Corte quello secondo cui “nel processo tributario, la produzione di nuovi documenti in appello è generalmente ammessa ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2: tale principio opera anche nell’ipotesi di deposito in sede di gravame dell’atto impositivo notificato, trattandosi di mera difesa, volta a contrastare le ragioni poste a fondamento del ricorso originario, e non di eccezione in senso stretto, per la quale opera la preclusione di cui all’art. 57 del detto decreto” (Sez. 5 -, Ordinanza n. 8313 del 04/04/2018; Cass. sent. n. 27774/2017); l’accoglimento del motivo d’impugnazione riposa sulla chiara lettera del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 che abilita alla produzione di qualsivoglia documento in appello, senza restrizione alcuna e con disposizione autonoma rispetto a quella che, nel comma 1, sottopone invece a restrizione l’accoglimento dell’istanza di ammissione di altre fonti di prova (Cass. n. 22776/2015; vedi anche la sentenza n. 0199 del 2017 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2); deve, quindi, ritenersi che la C.T.R. avrebbe dovuto valutare la produzione documentale dell’appellante, ai fini della decisione sull’ammissibilità e fondatezza del ricorso, poichè non può escludersi che tale produzione in appello è consentita anche alla parte rimasta contumace in primo grado, in quanto il divieto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, concerne solo le eccezioni in senso stretto (Cass. n. 12008/2011, n. 13144/2010, n. 14020/2007).

La CTR ha, invece, espresso il principio opposto, ritenendo non ammissibile la produzione dei documenti.

La sentenza deve, pertanto, essere cassata, con rinvio della causa alla CTR della Sicilia, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR Sicilia anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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