Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25325 del 25/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. I, 25/10/2017, (ud. 24/05/2017, dep.25/10/2017),  n. 25325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23114/2012 proposto da:

Ferrara Costruzioni S.a.s., in persona del legale rappresentante pro

tempore, Impresa Individuale C.V., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Via

Federico Cesi n. 21, presso l’avvocato Greco Vincenzo, rappresentate

e difese dall’avvocato Ingaglio La Vecchia Fulvio, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di San Cataldo (Caltanissetta), in persona del Sindaco pro

tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Rosati Alessi, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.N.C. S.p.a., Greco S.r.l.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 90/2011 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 30/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/05/2017 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che chiede che Codesta

Suprema Corte voglia rigettare il ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza n. 90/2011, depositata il 30 giugno 2011, in riforma della decisione n. 534/2005 – con la quale il Tribunale di Caltanissetta aveva accolto l’opposizione proposta dalla C.N.C. s.p.a., dalla impresa individuale C.V., dalla Greco s.r.l. e dalla Ferrara Costruzioni s.a.s., nei confronti del decreto ingiuntivo n. 1051/2002, con il quale era stato ingiunto alle predette imprese, riunite in RTI, il pagamento della somma di Euro 31.643,51 a favore del Comune di S. Cataldo, corrispondente al valore della cauzione n. 44 I/99, prestata dalla Compagnia Cauzioni s.p.a. a favore del RTI -, rigettava l’opposizione proposta dalle suddette imprese;

avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la Ferrara Costruzioni s.a.s. e l’impresa individuale C.V. nei confronti del Comune di San Cataldo, affidato a cinque motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.;

il resistente Comune di San Cataldo ha replicato con controricorso e con memoria;

il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso;

Considerato che:

con il primo, secondo e quarto motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 81,112, artt. 1936 c.c. e segg. e artt. 2900 c.c. e segg., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (nel testo applicabile ratione temporis) – le istanti si dolgono del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto, peraltro con motivazione del tutto inadeguata, che il giudice di prime cure non fosse incorso nella violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi pronunciato sull’eccezione di inammissibilità dell’azione di garanzia autonoma, spiegata dal Comune di San Cataldo – a seguito dell’inadempimento delle imprese appaltatrici all’obbligo, sancito dalla L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 10, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta, il possesso dei requisirti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti dal bando di gara, presentando la relativa documentazione – nei confronti delle appaltatrici medesime, sebbene queste ultime fossero estranee alla polizza fideiussoria stipulata dall’RTI a favore di detto ente” avente la natura di contratto autonomo di garanzia, in relazione al quale non è configurabile un’obbligazione solidale del debitore principale, ossia delle suddette imprese;

la Corte sarebbe, inoltre, incorsa – a parere delle esponenti nella violazione delle disposizioni normative suindicate, per avere reputato che sussistesse la legittimazione attiva del Comune nel richiedere l’importo della cauzione nei confronti delle debitrici principali, sebbene siffatta azione sarebbe spettata, in via di regresso, solo alla società garante in caso di pagamento, per avere ritenuto sussistente la legittimazione passiva di queste ultime, ancorchè l’azione di garanzia – per la mancanza di solidarietà passiva con la garante – avrebbe potuto essere esercitata dall’ente solo nei confronti della Compagnia Cauzioni s.p.a.” e per avere fatto riferimento alla non esperibilità, nella specie, dell’azione surrogatoria, neppure esercitata dal Comune di San Cataldo;

Ritenuto che:

il diritto azionato in giudizio dall’ente pubblico con la richiesta di provvedimento monitorio non trovi, nel caso di specie, il suo fondamento nella polizza fideiussoria rilasciata dalla Compagnia Cauzioni s.p.a. a favore del Comune di San Cataldo, a garanzia delle obbligazioni assunte dal RTI a seguito della partecipazione alla gara di appalto, bensì – come si desume in modo del tutto chiaro dal ricorso per ingiunzione del 10 settembre 2002, trascritto nel ricorso per cassazione (p. 3) – nella violazione, da parte delle imprese debitrici principali, dell’obbligo di produrre la documentazione prevista dalla L. 109 del 1994, art. 10, avendo in tale atto il Comune espressamente dichiarato, in conseguenza dell’intervenuto fallimento (della garante Compagnia Cauzioni s.p.a., di voler “procedere all’escussione della somma dovuta nei confronti dei debitori principali”;

la domanda proposta in giudizio dall’ente pubblico, contrariamente alle deduzioni delle ricorrenti, non sia, pertanto, fondata su di una pretesa obbligazione solidale delle imprese appaltatrici con la compagnia garante, estranea alla struttura ed alla funzione del contratto autonomo di garanzia, nella cui figura andrebbe inquadrata la cauzione in discussione, bensì nell’obbligazione – garantita dalla predetta compagnia assicuratrice – assunta dalle imprese costituenti il RTI per effetto della partecipazione alla gara d’appalto, ai sensi della L. n. 109 del 1994, art. 10;

di conseguenza, sia del tutto evidente che la polizza in questione – la cui natura giuridica di fideiussione o di garanzia a prima richiesta non rileva, pertanto, nel presente giudizio – sia stata invocata e prodotta a soli fini della prova del credito, avendo l’ente creditore inteso chiedere in giudizio il pagamento di una somma equivalente a quella oggetto della garanzia ai debitori principali, inadempienti agli obblighi scaturenti dalla legge;

l’avvenuta prestazione da parte di un terzo (assicurazione o istituto di credito) di una garanzia a prima richiesta non escluda, invero, che il creditore possa richiedere l’adempimento del debito principale, nel rapporto cd. di valuta intercorrente tra il debitore ed il creditore laddove il secondo rapporto, cd. di provvista, intercorre tra debitore e futuro garante, “con esso pattuendosi l’impegno a garantire il creditore del primo rapporto”, mentre il terzo rapporto intercorre tra creditore e garante “quest’ultimo senz’altro obbligato ad adempiere alla prestazione del debitore a semplice richiesta del primo”, in caso di inadempimento del debitore -, agendo direttamente nei confronti del debitore inadempiente agli obblighi assunti (Cass. Sez. U. 18/02/2010, n. 3947);

di conseguenza, nessun rilievo sia, altresì, da attribuirsi al mancato esperimento, da parte del Comune di San Cataldo, dell’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c., atteso che il medesimo ha agito in giudizio forza del rapporto principale intercorso con i debitori inadempienti, non certo in forza della polizza, surrogandosi alla compagnia assicuratrice nell’azione di regresso nel confronti delle imprese debitrici;

per tutte le ragion esposte, pertanto, le doglianze debbano essere disattese;

Considerato che:

con il terzo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione della L. n. 109 del 1994, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – le ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che il termine di dieci giorni previsto dall’art. 10 succitato fosse perentorio, nulla disponendo il testo della norma, ed essendo il ritardo nella consegna dei documenti imputabile alla sola impresa capogruppo, che vi avrebbe provveduto con soli quattro giorni di ritardo;

Ritenuto che:

come ha costantemente affermato anche la giurisprudenza amministrativa, il termine di dieci giorni, assegnato dalla L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 10 comma 1 quater, al partecipante a gara pubblica per ottemperare alla richiesta documentale della stazione appaltante, sia perentorio, con la conseguenza che le sanzioni connesse alla sua inosservanza (incameramento della cauzione e segnalazione all’Autorità) non possono trovare applicazione soltanto allorquando sia comprovata da parte dell’impresa l’assoluta impossibilità di produrre la documentazione, per cause oggettive del tutto estranee al comportamento della medesima, con la conseguenza che, al di fuori delle ipotesi di forza maggiore, tempestivamente segnalate alla stazione appaltante (ipotesi non ricorrente nel caso di specie), il ritardo nella consegna delle certificazioni richieste ai sensi della L. n. 109 del 1994, succitato art. 10 comma 1 quater, è indice di segno negativo in ordine all’affidabilità dell’impresa, che costituisce requisito ulteriore e di autonoma rilevanza rispetto a quelli richiesti dal bando di gara (cfr., ex plurimis, Cons. Stato 15/07/2013, n. 3791; Cons. Stato 21/06/2012, n. 3657; Cons. Stato 07/03/2011, n. 1420; Cons. Stato 15/06/2009, n. 3804; Cons. Stato);

quanto precede trovi, per vero, conferma, oltre che nel chiaro dato letterale della disposizione che impone l’assolvimento di detto onere “entro 10 giorni dalla data della richiesta medesima”, anche nella ratio ad essa sottesa, volta a dare certezza, sul piano temporale, alle diverse fasi in cui si articola il procedimento (di scelta del contraente, con esclusione di ogni dilazione “ad libitum” della sua conclusione per ritardi od omissioni dei partecipanti al concorso, nonchè ad evitare che l’Amministrazione sia costretta a tenere in piedi sine die la struttura organizziativa predisposta per la gara, al fine di esaminare la necessaria documentazione (Cons. Stato 02/03/2011, n. 1288; Cons. Stato 27/12/2006, n. 7948; Cons. Stato: 11./11/2004, n. 7294);

per tali ragioni, anche il motivo di ricorso in esame debba essere disatteso;

Ritenuto che:

di conseguenza, il ricorso debba essere integralmente rigettato, con condanna delle ricorrenti soccombenti alle spese del presente giudizio.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti, in favore del controricorrente, alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA