Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25325 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 12/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.12/12/2016),  n. 25325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16513/2013 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI

4, presso lo studio dell’avvocato CRISTIAN ARTALE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GAETANO MARIA FERDINANDO BLOISE, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA S.P.A., P.IVA (OMISSIS), in persona del Procuratore

Generale, elettivamente domiciliata in ROMA VIA RONCINOTTO 1, presso

lo studio dell’avvocato IOLANDA GIORDANELLI, che la rappresenta e

difende in virtù di mandato speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2013 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI,

emessa il 15/05/2013 e depositata il 15/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. Nel 2007 S.M. convenne la società Telecom Italia s.p.a. dinanzi al Giudice di pace di Spezzano Albanese, deducendo:

-) di avere stipulato con la società convenuta un contratto di utenza telefonica;

– di non essere stata inserita, in violazione dei patti contrattuali, nell’elenco telefonico dell’anno 2007;

-) di avere patito un danno in conseguenza dell’inadempimento della convenuta.

Il Giudice di pace accolse la domanda con sentenza 14.11.2008 n. 914.

2. Il Tribunale di Castrovillari, adito dalla Telecom Italia, con sentenza 15.5.2013 n. 389 riformò la decisione di primo grado e rigettò la domanda attorea, sul presupposto dell’inesistenza della prova di danni di sorta.

Tale sentenza è stata impugnata per cassazione da S.M., con ricorso fondato su due motivi.

Tale ricorso, già assegnato ad altro magistrato, è stato riassegnato al sottoscritto relatore con provvedimento presidenziale del 18.5.2016.

3. Con ambedue i motivi di ricorso la ricorrente (ad onta della loro intitolazione formale, con la quale si denunciano i vizi di cui ai numeri 3, 4 e 5 dell’art. 360 c.p.c.) lamenta nella sostanza che:

(a) il Tribunale avrebbe errato nell’escludere che vi fosse la prova dell’esistenza del danno;

(b) le prove testimoniali raccolte dimostravano il contrario;

(c) essendo l’attrice una commerciante, il danno doveva ritenersi “evidente”;

(d) l’art. 23 delle condizioni generali del contratto di utenza telefonica poneva a carico della Telecom Italia una penale giornaliera in caso di omessa inclusione dell’abbonato nell’elenco telefonico.

3.1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Con le censure sopra riassunte la ricorrente, infitti, sollecita da questa Corte il riesame delle prove già valutate dal primo giudice, il che non è consentito in sede di legittimità.

Inammissibile, invece, è la censura nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 23 delle condizioni generali di contratto: dalla stessa descrizione del fatto contenuta nel ricorso risulta in fatti che la ricorrente domandò con l’atto di citazione il solo risarcimento del danno, e non il pagamento della penale.

Ove, poi, tale domanda fosse stata effettivamente formulata in primo grado, il ricorso sarebbe comunque inammissibile per difetto di autosufficienza, giacchè in esso non si indica dove ed in quali termini la suddetta domanda venne formulata.

4. Si propone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna alle spese.

2. Nessuna delle parti ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Il ricorso va di conseguenza rigettato.

4. Le spese del presente giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

5. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna S.M. alla rifusione in favore di Telecom Italia s.p.a. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 918, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di S.M. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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