Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25324 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 12/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.12/12/2016),  n. 25324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29031-2014 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATANASIO

KIRCHER 7, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA,

rappresentato e difeso, unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

Ernesto Procaccini e PAOLINO NATALE, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

S.G.A. S.P.A. – SOCIETA’ PER LA GESUONE DI ATTIVITA’, C.F. e P.IVA

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO III 6,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MANGAZZO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PASQUALE MONACO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE, DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati IGNAZIO MAIORANO e VICENZO ROMANO in virtù di mandato

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2097/2014 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA

VETERE, emessa il 03/06/2014 e depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. BARRECA Giuseppina

Luciana;

udito l’Avvocato Pasquale Monaco, per la controricorrente S.G.A.

S.p.A., che si riporta agli scritti ed insiste nel rigetto del

ricorso.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1.- Con la sentenza impugnata il Tribunale di S.M.C.V. ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi proposta da F.A., datore di ipoteca e comproprietario del bene immobile subastato, avverso il decreto di trasferimento emesso in favore dell’aggiudicatario C.L., nella procedura esecutiva immobiliare n. (OMISSIS).

Il ricorso è proposto con due motivi.

Resistono con distinti controricorsi l’aggiudicatario, Luigi C., e l’istituto di credito procedente, S.G.A. S.p.A..

Non si difende il debitore principale, F.A..

2.- Col primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 136, 176, 485, 599, 602, 603 e 604 c.p.c., della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 5, aggiunto dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2 quater, convertito con la L. n. 31 del 2008; sono dedotti inoltre vizi riconducibili all’art. 360 c.p.c., n. 5 (sia con riferimento al testo previgente che con riferimento al testo attuale della norma).

Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondato il motivo di opposizione concernente l’omessa notificazione ad F.A. degli atti e dei provvedimenti relativi all’esecuzione immobiliare, ex artt. 599, 603 e 604 c.p.c..

Il ricorrente assume che la notificazione dell’ordinanza di vendita sarebbe invalida perchè effettuata a mezzo posta non in mani del destinatario, senza l’osservanza delle formalità di cui alle norme della L. n. 890 del 1982 indicate in rubrica.

2.1.- Il motivo è inammissibile.

Dal ricorso risulta soltanto che uno dei motivi di opposizione avverso il decreto di trasferimento consisteva nel “difetto di notifica degli avvisi ex art. 599 c.p.c.”.

Il Tribunale ha constatato che nei confronti di F.A., sia quale comproprietario del bene sia quale terzo datore di ipoteca, erano stati notificati l’atto di pignoramento ed anche l’ordinanza di vendita.

Le questioni poste dal ricorso circa l’asserito irregolare procedimento notificatorio seguito dall’Ufficiale giudiziario per notificare l’ordinanza di vendita non risultano affatto dalla sentenza impugnata: questa, in risposta al dedotto assoluto difetto di notificazione degli avvisi ai sensi dell’art. 599 c.p.c. nei confronti del comproprietario, ha dato atto della manifesta infondatezza dell’assunto, atteso che il comproprietario, essendo anche terzo datore di ipoteca, era stato destinatario delle notificazioni e comunicazioni di tutti gli atti della procedura (sicchè l’art. 599 c.p.c. posto a fondamento del motivo di opposizione risultava del tutto irrilevante).

Date le risultanze processuali di cui sopra, sarebbe stato onere del ricorrente – che pone la questione giuridica implicante accertamenti di fatto concernenti il procedimento notificatorio, non trattato in alcun modo nella sentenza impugnata – al fine di evitare la statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr., tra le tante, Cass. n. 20518/08).

In mancanza, il primo motivo è inammissibile per novità della censura.

3.- Col secondo motivo si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c. e art. 164 bis disp. att. c.p.c., nonchè vizi riconducibili all’art. 360 c.p.c., n. 5 (dedotti sia con riferimento al testo previgente che con riferimento al testo attuale della norma).

Il ricorrente lamenta che, a fronte della determinazione del prezzo base nella misura – reputata incongrua – di Euro 119.870,00, sarebbe stata palesemente illegittima la vendita avvenuta per il prezzo di Euro 61.368,00 incontestabilmente “dimezzativo” dell’importo corrispondente al valore di tale bene immobile.

3.1.- Il motivo è manifestamente infondato.

Il Tribunale ha rigettato il corrispondente motivo di opposizione riscontrando come la valutazione di non congruità del prezzo finale rispetto al valore di mercato del bene “non prende però in considerazione nè l’abbattimento iniziale rispetto al valore venale del bene in quanto oggetto di procedura espropriativa, nè l’iter processuale che ha condotto alla riduzione del prezzo a seguito degli abbattimenti del 20% per ogni vendita andata deserta”. Ha aggiunto che la vetustà della procedura e la presenza di un’unica offerta sopraggiunta dopo svariati ribassi costituiscono indici della scarsa appetibilità del bene.

3.2.- La sentenza è corretta perchè conforme al principio di diritto, secondo cui “il potere di sospendere la vendita, attribuito dall’art. 586 c.p.c. (nel lesto novellalo dalla L. n. 203 del 1991, art. 19 bis) al giudice dell’esecuzione dopo l’aggiudicazione perchè il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all’aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l’aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all’aggiudicazione, non conosciuti nè conoscibili dalle altre parti prima di essa, purchè costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l’esercizio del potere del giudice dell’esecuzione (così Cass. n. 18451/15); il potere di sospendere la vendita non è invece esercitabile quando il prezzo finale, pur inferiore a quello di mercato, risulti raggiunto a seguito di regolare espletamento del procedimento di vendita, con progressivi ribassi resi necessari dalla mancanza di offerte.

Poichè nessuna delle evenienze di cui sopra è stata prospettata dal ricorrente, il quale si è limitato a ribadire l’asserita incongruità del prezzo finale, rispetto al valore di mercato del bene, si propone il rigetto del ricorso.

La relazione è stata notificata come per legge.

Parte ricorrente ed S.G.A. S.p.A. hanno depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione.

La memoria depositata da parte ricorrente non offre argomenti per superare questi motivi. Quanto al primo mezzo, il ricorrente reitera l’affermazione della nullità della notificazione dell’ordinanza di vendita effettuata nei suoi confronti il 17 aprile 2007, senza tenere conto del rilievo del relatore concernente la novità della questione e la mancanza nel ricorso di qualsivoglia indicazione atta a dare conto del fatto che identica questione fosse stata posta nei gradi di merito, negli stessi termini in cui è stata posta col ricorso. Quanto al secondo mezzo, le considerazioni svolte in memoria prescindono del tutto dalla motivazione e dal principio di diritto del precedente di legittimità di cui a Cass. n. 18451/15, richiamato nella relazione, che qui si ribadiscono.

Il ricorso va perciò rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in favore di ciascuno dei resistenti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuno dei resistenti, nell’importo complessivo di Euro 2.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, per ciascuno.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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