Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25321 del 11/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2018, (ud. 03/05/2018, dep. 11/10/2018), n.25321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14652-2017 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliata in ROMA piazza Cavour

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’avvocato UGO VESCIO, e STEFANO VESCIO;

– ricorrente –

contro

FERRETTI S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. AVEZZANA n.

1, presso lo studio dell’avvocato ORNELLA IANFREDINI, che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

MASSIMO ZATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2112/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 25/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/05/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con contratto del 5 gennaio 2005 C.V. aveva concesso in locazione un immobile ad uso commerciale sito in (OMISSIS) alla Srl Ferretti per il canone annuo di Euro 29.280 e nell’anno 2010 la società conduttrice aveva comunicato la volontà di recedere anticipatamente dal contratto, entro il 31 dicembre di quell’anno. Nel gennaio 2011, nonostante le contestazioni della proprietaria, la conduttrice aveva provveduto a smantellare impianti e arredi fissi. A causa di ciò, con ricorso del 24 giugno 2011 la proprietaria aveva richiesto un accertamento tecnico preventivo al Tribunale di Pistoia con sopralluogo eseguito il 25 ottobre 2011. In data 1 novembre 2011 la C. concludeva un nuovo contratto di locazione commerciale;

sulla base di tali elementi C.V. evocava in giudizio la società Ferretti davanti al Tribunale di Pistoia chiedendo l’accertamento dell’inadempimento della conduttrice, l’indebita occupazione dell’immobile per il periodo successivo alla scadenza del contratto, il risarcimento dei danni subiti dal locale e quelli relativi al mancato guadagno successivo. Si costituiva la Srl Ferretti rilevando di essere stata ingannata per avere sottoscritto un secondo contratto, sulla base delle assicurazioni della proprietaria, secondo cui il testo era eguale al precedente contratto del settembre 1993, aggiungendo di avere comunque riconsegnato l’immobile il 14 gennaio 2011 nelle stesse condizioni del settembre 1993. Offriva a definizione l’importo di Euro 30.000;

il Tribunale di Pistoia con sentenza del 27 maggio 2016 condannava la resistente al risarcimento del danno determinato in Euro 30.000 respingendo, nel resto, la domanda della C.;

con ricorso del 29 giugno 2016 Vincenza C. impugnava davanti alla Corte d’Appello di Firenze la decisione di primo grado con la quale, in particolare, era stata rigettata la domanda di danno. L’appellante lamentava il mancato riconoscimento dell’indennità di occupazione, della voce relativa al lucro cessante e gli interessi, la quantificazione del danno nella somma di Euro 30.000, il mancato riconoscimento e la erroneità della compensazione delle spese. Si costituiva la Ferretti Srl proponendo appello incidentale riguardo alla nullità della clausola che poneva le spese per la manutenzione straordinaria a carico della società;

la Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 25 gennaio 2017 confermava la correttezza della statuizione relativa al risarcimento del danno nella misura indicata, poichè i contratti del 1993 e 2005 facevano riferimento ad un immobile in buono stato che avrebbe dovuto essere riconsegnato nelle stesse condizioni. Riconosceva fondato il gravame riguardo all’applicazione degli interessi a far tempo dalla riconsegna dell’immobile, sino al saldo escludendo, invece l’indennità di occupazione, sia con riferimento alla locazione a condizioni deteriori rispetto a quelle che la proprietà avrebbe potuto conseguire, sia per la ritardata consegna. Sotto il primo profilo non vi era la prova rigorosa dell’offerta del terzo City Mode, che la C. assumeva essere interessata alla locazione a condizioni più vantaggiose per la locatrice. La Corte territoriale riconosceva, infine, gli esborsi sostenuti per la procedura di accertamento tecnico preventivo. Conseguentemente, in accoglimento parziale dell’impugnazione, condannava la Ferretti Srl a pagare alla C. l’ulteriore somma di Euro 392,95, nonchè quella relativa agli interessi legali sulla somma complessiva di Euro 30.392,95 dal 14 gennaio 2011 all’effettivo saldo, le somme relative all’accertamento tecnico e provvedeva sulle spese di primo e secondo grado;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Vincenza C. affidandosi a sei motivi. Resiste in giudizio con controricorso Ferretti Srl. Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 1590 e 1223 c.c. in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che la proprietaria non aveva potuto disporre materialmente dell’immobile sino al secondo sopralluogo del consulente e ciò era stato determinato dal grave inadempimento della conduttrice;

con il secondo motivo deduce la violazione del’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 111 Cost., comma 6, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. La motivazione sarebbe viziata poichè dalle risultanze processuali era emerso che la consegna delle chiavi era stata fatta a persona diversa dalla proprietaria ed una copia delle stesse era rimasta in possesso della società conduttrice, al fine di verificare eventuali acquirenti interessati agli arredi, per cui alla data del 14 gennaio 2011, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, la proprietaria non era stata immessa nel possesso esclusivo dell’immobile libero da persone o cose;

con il terzo motivo deduce la violazione delle medesime disposizioni oggetto della precedente censura riguardo al mancato riconoscimento dell’indennità di occupazione fondata sul fatto che, solo alla data del 14 gennaio 2011, prossima a quella di scadenza contrattuale del 31 dicembre 2010, l’immobile era stato consegnato. Contraddittoriamente la Corte non attribuisce alcuna valenza giuridica alla rilevata esistenza del “ritardo nella riconsegna del bene locato”;

con il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 1591 c.c. poichè pur avendo accertato il ritardo non sarebbe stato possibile rigettare la domanda di pagamento dell’indennità di occupazione formulata dal locatore;

con il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. riguardo alla ritenuta insussistenza di una prova rigorosa circa l’offerta di una terza società interessata a prendere in affitto l’immobile a condizioni più vantaggiose. Sotto tale profilo la C. ha documentato la proposta contrattuale di City Mode per un canone superiore che, al contrario, la Corte di Firenze ha omesso di valutare nei termini consentiti all’art. 115 c.p.c.;

con l’ultimo motivo lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c. nella parte in cui la Corte, pur riconoscendo in favore della odierna ricorrente gli esborsi sostenuti per la procedura di accertamento tecnico preventivo, esclude le somme relative al compenso del consulente di parte, in mancanza di atto quietanzato e di prova del pagamento. Rileva la ricorrente che le spese per la consulenza tecnica di parte rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsare;

il primo motivo è inammissibile perchè introduce in sede di legittimità una questione nuova. Quella che si impugna non costituisce la motivazione riguardante il mancato riconoscimento del danno da occupazione. La ricorrente non individua il motivo di appello con il quale era stato richiesto il danno per le attività, pur successive alla consegna del bene ritenuta dalla corte di merito, correlate all’ATP ed alla CTU. La sentenza non tratta la questione; pertanto la ricorrente avrebbe dovuto allegare che la Corte di appello avrebbe dovuto esaminare la problematica in quanto dedotta ritualmente in sede di merito;

in ogni caso, parte ricorrente non censura la decisione della Corte d’Appello che rileva che il conduttore ha consegnato l’immobile in data prossima al 14 gennaio 2001, mentre introduce un profilo nuovo quando deduce che, pur avendo la locatrice ottenuto la disponibilità dell’immobile alla predetta data, il danno da occupazione deve riferirsi al tempo necessario per l’esecuzione di lavori di rimessione in pristino, da ritenersi coincidenti con i tempi processuali dell’accertamento tecnico preventivo;

il secondo motivo censura la motivazione per contraddittorietà e, pertanto, esula dalla fattispecie prevista dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Non ricorre, invece, l’insanabile contrasto tra le argomentazioni della decisione impugnata, quale vizio dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 132, n. 4 medesimo codice;

il terzo e quarto motivo sono inammissibili per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 poichè parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere il contenuto della prova testimoniale al fine di dimostrare che la consegna dell’immobile, due settimane più tardi (ove un siffatto ritardo possa avere rilievo ai fini della pretesa, riferita all’occupazione indebita dell’immobile), non era riferibile all’indisponibilità del locatore e, neppure, si trattava di data concordata tra le parti. Il quarto motivo, oltre a tale rilievi, è del tutto generico (Cass. S.U. n. 7074 del 2017);

il quinto motivo è inammissibile per la novità delle questioni. La decisione impugnata non si occupa della problematica e, analogamente a quanto osservato per il primo motivo, la ricorrente avrebbe dovuto allegare di avere sottoposto la questione al giudice di appello;

inoltre, il motivo è inammissibile per difetto di specificità. La Corte territoriale non contesta l’esistenza del documento, ma lo ritiene insufficiente ai fini probatori quale mera dichiarazione di intenti, priva di data e non confortata da altri elementi idonei a sopportarne la valenza giuridica. Sotto tale profilo vi è, altresì, violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 riguardo al contenuto dell’atto, oltre che una errata deduzione dell’art. 115 c.p.c;

il sesto motivo è fondato, trattandosi di allegazione difensiva tecnica che non è stata esclusa in quanto ritenuta eccessiva o superflua, come consentito all’art. 92 c.p.c. (Cass. n. 84 delle 2013). La pronunzia della Corte di Cassazione, che a sua volta richiama un precedente più risalente (Cass. n. 3897 del 1985) ribadisce che non è necessario che la parte abbia pagato il consulente di parte prima della sentenza, ma è necessaria la prova documentale della spesa relativa all’attività del professionista. Profilo, quest’ultimo, che deve ritenersi sussistente, atteso che la Corte territoriale individua numericamente il costo di tale attività di parte, in sentenza;

la controversia può essere decisa nel merito non richiedendo ulteriori accertamenti diversi dall’individuazione dell’ammontare delle competenze spettanti alla professionista (arch. A.F.) come documentate (all. 10 e 11 del fascicolo di parte ricorrente di primo grado: fatt. n. (OMISSIS) dd. (OMISSIS) e fatt. (OMISSIS) dd. (OMISSIS)) pari rispettivamente ad Euro 624 ed Euro 629;

in questi termini va disposta condanna della Ferretti Srl ai sensi dell’art. 384 c.p.c.. Le spese processuali del giudizio di appello vanno confermate e quelle di legittimità, in considerazione dell’esito della controversia, devono essere integralmente compensate, stante la soccombenza reciproca.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i primi cinque motivi; accoglie il sesto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, pronunciando nel merito, condanna Ferretti Srl a pagare in favore di C.V. la somma di Euro 1253,00; conferma le statuizioni della sentenza di appello relative alle spese legali; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione Sesta della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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