Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25321 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. II, 09/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 09/10/2019), n.25321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11637-2015 proposto da:

RANCE’ & C SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA PRATI DEGLI STROZZI 26,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO MORICONI, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO ENRICO ZARBIN;

– ricorrente –

contro

RDB SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4459/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La srl RDB ebbe ad evocare in causa avanti il Tribunale di Milano la srl Rancè & C. chiedendo la restituzione della somma di Euro 21.040,38 pagata in relazione alla concordata fornitura di prodotti cosmetici, poi risolta per comune consenso delle parti anche desumibile da fatti concludenti.

Resistette la srl Rancè & C. rilevando l’infondatezza della prospettazione attorea ed, anzi, svolgendo domanda riconvenzionale per aver pagato l’intero prezzo della fornitura concordata, stante l’inadempimento al riguardo posto in essere dalla società avversaria.

Il primo Giudice ebbe a rigettare la tesi attorea che il contratto avesse natura di vendita con patto di riservato dominio e ad accertare l’inadempimento della srl RDB che condannò al pagamento dell’intero prezzo concordato.

Avverso detta decisione propose appello la srl RDB, resistette la srl Rancè ed, all’esito della trattazione, la Corte d’Appello di Milano accolse parzialmente il gravame,rigettando anche la domanda riconvenzionale,proposta dalla srl Rancè, d’aver pagato anche il residuo prezzo ancora non corrisposto.

Osservava la Corte ambrosiana come effettivamente intervenne inadempimento della srl RDB poichè la merce, regolarmente speditale, non potè esserle consegnata stante l’errato indicazione del luogo di consegna fornito al mittente, ma che, tuttavia,successivamente a detto inadempimento per fatti concludenti – riebbe la merce non esitata – la società mittente ebbe a rinunciare alla parte del corrispettivo ancora non pagata.

Avverso detta decisione la srl Rancè & C. ha proposto ricorso per cassazione articolando quattro ragioni di doglianza.

La srl RDB regolarmente vocata è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dalla srl Rancè & C. s’appalesa fondato in ordine al quarto motivo di impugnazione e va in relazione allo stesso accolto.

Con il primo mezzo d’impugnazione spiegato, la società ricorrente denunzia violazione del disposto ex art. 112 c.p.c. poichè la Corte ambrosiana non aveva rilevato che la srl RDB non ebbe a prendere alcuna posizione o conclusione avverso la sua domanda riconvenzionale.

La censura appare priva di pregio alla sola osservazione che la srl RDB propose domanda di accertamento della risoluzione del contratto per mutuo dissenso, sicchè,evidentemente, implicitamente ma chiaramente, contestò la pretesa avversaria, che si fondava su sua condotta di inadempimento al contratto.

Con la seconda doglianza la srl Rancè & C. rileva violazione del disposto ex art. 1510 c.c. poichè la Corte ambrosiana ebbe a cennare alla circostanza che la merce non venne mai consegnata presso la sede sociale della srl RDB, mentre invece fu consegnata al vettore per l’invio presso la destinazione indicata dalla società acquirente e presso la quale mai fu ritirata.

La censura appare priva di significato posto che la stessa parte impugnante sottolinea come la Corte ambrosiana, da detto cenno, non trasse alcuna conseguenza contraria alla sua domanda, posto che confermò che la srl RDB rimase inadempiente al contratto poichè non provvide a ritirare la merce presso il recapito dalla stessa indicato per l’invio.

Con il terzo mezzo d’impugnazione la società ricorrente lamenta violazione della norma ex art. 1453 c.c. nell’ipotesi che il rigetto della sua domanda riconvenzionale fosse stato disposto dalla Corte territoriale sulla scorta dell’accertamento della risoluzione del contratto, poichè un tanto espressamente correlato a colpa della società acquirente.

Anche tale doglianza s’appalesa siccome astratta e svincolata dall’effettiva motivazione espressa dalla Corte ambrosiana nella sentenza impugnata che ha, difatti, ribadito – rigettando sul punto l’appello principale mosso dalla srl RDB – l’accertamento che la società acquirente era rimasta inadempiente al contratto, sicchè il rigetto della domanda riconvenzionale non appare fondato sull’accertamento dell’inesistenza d’inadempimento della controparte,in positivo invece confermato.

Con la quarta ragione di doglianza la srl Rancè & C. deduce violazione del disposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nonchè violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, poichè il Collegio ambrosiano ebbe a ritenere che essa società venditrice, con suo comportamento concludente, avrebbe palesato volontà di rinunciare al residuo prezzo una volta recuperata la merce non ritirata dall’acquirente.

La censura coglie nel segno quanto alla denunzia di omesso esame di fatto decisivo che, come insegna questo Supremo Collegio – Cass. sez. 3 n 16812/18, Cass. sez. 2 n 8986/17, Cass. sez. 5 n 19150/16 -, può anche ricollegarsi ad omessa valutazione di prove versate in atti, allor quando ex se aventi valenza tale da imporre,se apprezzate, una diversa decisione.

Per altro l’omesso esame di documento decisivo incide anche sull’esistenza stessa della motivazione – ipotesi di nullità ex art. 360 c.p.c., n. 4 – poichè il vizio tale da consentire di ritenerla meramente apparente posto che l’esposta motivazione non risulta più supportata dalla ratio decidendi scardinata appunto dalla valenza decisiva in contrario della prova documentale, della quale il Giudice di merito ha omesso l’esame e l’apprezzamento.

Nella specie la Corte ambrosiana ha individuato non tanto una risoluzione del contratto per mutuo consenso anche desumibile da condotte concludenti, siccome postulato dalla società resistente, poichè ha ritenuto questa inadempiente per non aver ritirato e pagato la merce regolarmente inviata presso la destinazione da essa indicata, bensì ha opinato che la condotta, successiva all’inadempimento di controparte, tenuta dalla società venditrice – ripresa della merce senza alcuna intimazione a contro parte di ritirarla – configurasse rinunzia alla pretesa dell’ulteriore prezzo pattuito non ancora pagato.

A sostegno di detta conclusione la Corte ambrosiana ha evocato insegnamento di questo Supremo Collegio circa l’effetto ex nunc dell’accordo solutorio intercorso tra le parti, sicchè gli effetti dell’antecedente inadempienza – come nella specie – rimanevano inalterati, mentre ciò che veniva meno, a seguito dell’accordo solutorio tra le parti, era la pretesa d’adempimento di quanto non eseguito.

Dunque la questione risulta esser stata apposito oggetto di contrasto tra le parti in grado d’appello, nonchè di assoluto rilievo posto che la Corte ambrosiana ha rigettato la domanda riconvenzionale della srl Rancè proprio individuando dai documenti in atti l’esistenza di accordo solutorio tra le parti negato dalla parte impugnante.

La società ricorrente ha riprodotto il contenuto dei suoi documenti di cui lamenta l’omesso esame ovvero il travisamento macroscopico del loro significato, così osservando il requisito della specificità della contestazione.

In effetti a ragione parte impugnante contesta la conclusione della Corte territoriale poichè fondata su asserto di fatto – recupero della merce non ritirata “senza alcuna intimazione alla contro parte di provvedere al ritiro” – desunto da una parziale lettura dei documenti acquisiti in atti – citati in sentenza – e senza anche esaminare le contrastanti risultanze evidenziate dai documenti non esaminati.

Documenti, lumeggianti invece che non intercorse condotta fattuale di recupero della merce – fu trasportata presso la propria sede esclusivamente per procedere all’approfondito controllo del suo stato di conservazione in contraddittorio dopo che era rimasta in deposito presso il vettore per tre anni proprio in dipendenza dell’inadempienza della società acquirente – e soprattutto che mai fu evidenziata alcuna volontà di abbandonare il residuo credito, anzi detta pretesa venne diligentemente coltivata ed in sede stragiudiziale e con la stessa condotta processuale di proposizione della domanda riconvenzionale.

Di conseguenza l’impugnazione va accolta relativamente al quarto motivo di ricorso ossia l’omesso esame delle prove documentali versate in atti dalla ricorrente con relazione all’esistenza o non di condotta lumeggiante rinunzia al credito vantato con la domanda proposta in via riconvenzionale dalla srl Rancè & C. e la sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che anche provvederà a disciplinare le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui al quarto motivo di ricorso, rigettati i primi tre, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che provvederà anche a regolare le spese di questo procedimento di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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