Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25320 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 12/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.12/12/2016),  n. 25320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28242-2014 proposto da:

Avv. N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

CAROZZE 3, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO NASTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LEONARDO ANTONINO BUFFA giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.E., M.S., C.V.,

S.G. elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 294,

presso lo studio dell’avvocato ANGELO VALLEFUOCO, rappresentati e

difesi dagli avvocati FRANCESCO MESSINA e ROSARIO TRIOLO giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.M.G., P.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 975/2014 del TRIBUNALE di MARSALA, depositata

il 30/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA;

udito l’Avvocato Maurizio Visca (delega Avvocato Leonardo Buffa), per

il ricorrente, che si riporta agli scritti e chiede la compensazione

delle spese.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“il ricorso è inammissibile, poichè proposto per ottenere la cassazione di una sentenza di primo grado pronunciata a seguito di opposizione, qualificata dal giudice a (pro come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. (e ciò sia nell’epigrafe che nella parte motiva della sentenza, ed ancora nel dispositivo, essendo espressamente richiamato l’art. 615 c.p.c., comma 1, in ciascuna di dette parti del provvedimento);

a seguito della L. 18 giugno 2009, n. 69, il cui art. 49, comma 2, ha modificato nuovamente l’art. 616 cod. proc. civ., eliminandone l’inciso finale introdotto con la L. n. 52 del 2006, art. 14 attualmente, sono soggette all’ordinario rimedio dell’appello, e quindi al doppio grado di impugnazione, le sentenze conclusive sia dei giudizi di opposizione c.d. pre-esecutiva che dei giudizi di opposizione all’esecuzione;

è sufficiente ribadire il principio, espresso anche ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, per il quale ai fini dell’individuazione del regime di impugnabilità di una sentenza, occorre avere riguardo alla legge processuale in vigore alla data della sua pubblicazione. Pertanto, le sentenze che abbiano deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006, restano esclusivamente appellabili; per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e fino al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l’appello, in forza dell’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ., introdotto dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza dell’esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7; le sentenze, infine, in cui il giudizio di primo grado sia ancora pendente al 4 luglio 2009. e siano quindi pubblicate successivamente a tale data, tornano ad essere appellabili, essendo stato soppresso l’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ., ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, comma 2 (Cass. ord. n. 17321/11, seguita da numerose altre nello stesso senso);

nel caso di specie, essendo stata la sentenza pubblicata il 30 settembre 2014, l’avv. Giuseppe Nastasi avrebbe dovuto proporre appello; il ricorso per cassazione è inammissibile.

La relazione è stata notificata come per legge.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione, riconosciuti fondati anche nella memoria del ricorrente.

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese non possono che essere regolate secondo il criterio della soccombenza, non sussistendo gravi ed eccezionali ragioni di compensazione. Vanno perciò poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore dei resistenti, in solido tra loro, nell’importo complessivo di Euro 3.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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