Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25320 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. II, 09/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 09/10/2019), n.25320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15707-2015 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SABOTINO-2/A STUDIO AVV. VALENTINO VULPETTI, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO GUANTARIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANICIO GALLO

150, presso lo studio dell’avvocato GABRIELLA TOTA, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE NICOLA TOTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2125/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere, Dott. SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.A. – deceduta nelle more del procedimento di prime cure – ebbe ad avviare lite avverso M.M. avanti il Tribunale di Trani, chiedendo la declaratoria di trasferimento, ex art. 2932 c.c., dell’alloggio a lei promesso in vendita dal M. stante l’intervenuto pagamento del prezzo ed il rifiuto del promissario venditore di concorrere alla stipula del contratto definitivo avanti il Notaio.

Resistette il M. per ottenere, bensì, la declaratoria del trasferimento, chiesta dall’attrice, ma previo pagamento dell’integrazione del prezzo di vendita, siccome stabilito in forza della normativa in tema di Edilizia economico popolare, secondo la cui disciplina era stato realizzato l’immobile.

Il Tribunale di Trani adito ebbe ad accogliere la pretesa svolta in via riconvenzionale dal M., subordinando il trasferimento del diritto di proprietà al pagamento del conguaglio del prezzo,individuato secondo le prescrizioni in materia di Edilizia economico popolare.

Avverso detta decisione proposero appello i consorti R. ed C.A., quali eredi della S., insistendo nell’originaria domanda ex art. 2932 c.c. senza il pagamento di alcun conguaglio.

Resistendo il M., la Corte d’Appello di Bari, con la sentenza impugnata,ebbe ad accogliere il gravame, rilevando come prevaleva il prezzo fissato nel contratto preliminare stipulato dalle parti siccome “complessivo”, posto che la relativa clausola risultava estesa a penna su modulo formulario a stampa, predisposto dal costruttore, a preferenza di quella riprodotta stampa e correlata alla disciplina propria degli interventi di Edilizia economica popolare.

Avverso detta sentenza M.M. ha proposto ricorso per cassazione, strutturato su tre motivi.

Ha resistito con controricorso C.A.,anche quale erede del padre C.R.,a ministero del suo tutore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da M.M. s’appalesa infondato e va rejetto.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione delle norme ex artt. 1339 e 1419 c.c. in relazione alla L. n. 865 del 1967, art. 35 ed art. 8 Convenzione stipulata tra esso costruttore ed il Comune di (OMISSIS), in quanto la Corte barese aveva erroneamente ritenuto che il contratto preliminare fosse governato esclusivamente dall’autonomia negoziale delle parti, mentre l’alloggio oggetto di cessione,in quanto realizzato nell’ambito di intervento di edilizi economico popolare, era soggetto alla relativa disciplina normativa inderogabile, la quale appunto prevedeva il conguaglio del prezzo stabilito in dipendenza di alcuni parametri, previsti nella Convenzione tra Comune e costruttore L. n. 865 del 1971, ex art. 35.

La censura svolta s’appalesa siccome priva di pregio giuridico posto che il ricorrente lumeggia nullità della clausola appositamente stipulata tra le parti poichè contraria a quanto previsto nella Convenzione stipulata, a sensi della norma di carattere imperativo ex L. n. 865 del 1971, con il Comune di (OMISSIS) con conseguente inserzione,ex art. 1339 c.c., del prezzo stabilito ex lege.

La prospettazione della questione, siccome lumeggiata nella doglianza esaminata, non appare coerente con il disposto della legge invocata, siccome desumibile dal costante insegnamento di questo Supremo Collegio.

Difatti – Cass. SU n. 18135/15, Cass. sez. 2 n. 21/17, Cass. sez. 2 n. 10987/13 – il prezzo, fissato nell’evocata Convenzione ex art. 35 citata legge in tema di Edilizia economico popolare, risulta essere quello massimo consentito di cessione non anche l’unico possibile alle parti, proprio perchè la normativa evocata persegue lo scopo di assicurare un alloggio alle fasce più deboli della popolazione.

A questa regola consegue – Cass. sez. 2 n. 8138/04 – che, in presenza esclusivamente di limite normativo alla fissazione del prezzo massimo, è consentito all’autonomia delle parti di concordare un prezzo inferiore a quello massimo stabilito nella Convenzione Comune-costruttore stipulata L. n. 865 del 1971, ex art. 35.

Nella specie un tanto risulta esser accaduto,posto che – come ben evidenziato dalla Corte pugliese pur in presenza della clausola a stampa su modulo formulario portante il contratto preliminare di vendita, predisposto dal M., di previsione, della possibilità di conguaglio per individuare il prezzo massimo di cessione consentito, le parti ebbero a vergare clausola a penna, in cui fissavano specificatamente il prezzo in misura sicuramente inferiore,come accertato dal consulente tecnico.

Per altro, come si desume dall’argomento critico sviluppato nel ricorso sulla scorta degli esiti della consulenza effettuata, l’integrazione del prezzo prevista in Convenzione conseguiva alla possibilità di adeguare il prezzo agli indici Istat in correlazione allo scorrere del tempo.

Quindi, in presenza di pacifico pagamento integrale del prezzo specificatamente pattuito in contratto preliminare da parte della S., appare conseguenza logica che le parti abbiano escluso l’adeguamento del prezzo in conseguenza dell’incremento ex Indici Istat sul valore dell’alloggio,posto che il costruttore aveva già ricevuto l’intero corrispettivo entro la dati di consegna.

Dunque non può che esser ribadita la regola iuris che la Convenzione tra Comune e costruttore sulla base della norma L. n. 865 del 1971, ex art. 35, fissa inderogabilmente limite massimo del prezzo di alienazione consentito, con conseguente nullità della diversa pattuizione delle parti, ma non limita la loro autonomia negoziala nello stabilire un prezzo inferiore al massimo consentito, siccome avvenuto nella specie.

Con la seconda doglianza il M. deduce violazione della norma ex art. 345 c.p.c. posto che la pretesa degli acquirenti C. di considerare la vendita avvenuta a corpo era questione nuova in appello.

Anzitutto deve al riguardo questa Corte osservare come la norma evocata siccome violata vieti la proposizione in appello di domande ovvero eccezioni non rilevabili ex officio Cass. su n. 13902/13 – non anche questioni nuove intese come nuove argomentazioni giuridiche afferenti i fatti ritualmente acquisiti al processo inerenti alla domanda svolta tempestivamente.

Quindi questa Corte rileva come la critica svolta si compendia in buona sostanza nella proposizione d’ipotesi – alternativa rispetto a quella adottata dalla Corte di merito – d’interpretazione della domanda proposta in prime cure dalla S., che pacificamente risulta essere il trasferimento del diritto di proprietà su alloggio e posto macchina ex art. 2932 c.c. poichè pagato integralmente il prezzo pattuito.

Dunque la questione agitata nel ricorso non si correla con le ragioni della statuizione assunta dalla Corte di prossimità, che s’è limitata ad interpretare la volontà pattizia delle parti, quale evidenziata in contratto,in relazione alla qual operazione il cenno alla natura del prezzo – e non della vendita -, siccome a misura od a corpo, appare utile al solo scopo di evidenziare la diversa finalità perseguita dalle due clausole apposte sul modulo formulario utilizzato.

Con la terza ragione di doglianza il ricorrente rileva e violazione delle regole sull’interpretazione dei contratti ed omesso esame di fatti decisivi.

Sotto il primo autonomo profilo trattato, il M. lamenta che la Corte barese non abbia colto la comune volontà pattizia – esaminando il contratto nell’interezza delle sue pattuizioni – che la vendita non fosse a corpo bensì a misura.

In effetti la denunzia di violazione di legge si limita a contrapporre una propria lettura della volontà contrattuale, desumibile dalle pattuizioni di contratto, rispetto a quella elaborata dai Giudice di merito e fondata sull’apprezzamento dell’apposita clausola, vergata a penna su modulo formulario predisposto dal M., in aderenza al canone ex ad 1342 c.c..

Dunque non risulta ricorrere alcuna violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, bensì esatta applicazione di apposita norma di legge posta a disciplina dello specifico caso, relativamente alla quale significativamente parte ricorrente omette ogni argomentazione critica.

Con relazione alla questione se la vendita fosse a misura ovvero a corpo, già esaminando il precedente motivo di ricorso s’è evidenziato come la Corte pugliese ha operato riferimento a “prezzo” stabilito a misura ovvero a corpo e, non già, all’istituto della “vendita” a corpo o misura, proprio in stretta connessione con la specifica clausola afferente la determinazione del prezzo. Quanto al denunziato vizio di omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, il M. individua lo stesso nell’omesso cenno in sentenza alle sue deduzioni difensive, riproducendo passi della sua comparsa conclusionale in sede d’appello. Tuttavia,come insegna questo Supremo Collegio – Cass. SU n. 8053/14 -, ciò che assume rilievo ai fini del vizio denunziato sono i fatti principali o secondari di rilievo in causa, non già le argomentazioni difensive elaborate dalle parti sugli stessi.

Come s’apprezza leggendo quanto riprodotto in ricorso, tutte le argomentazioni elaborate dal M. tendevano a lumeggiare la ritenuta – corretta – interpretazione della volontà contrattuale delle parti nello stipulare il preliminare e tale questione appare puntualmente esaminata dalla Corte territoriale anche se in senso contrario alle optata del ricorrente.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del M. al pagamento in favore della C. delle spese di questa lite di legittimità liquidate in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario siccome precisato in motivazione.

Concorrono in capo al M. le condizioni di legge per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente a rifondere alla resistente le spese di questo giudizio di legittimità che tassa in complessivi Euro 5.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo la tariffa forense nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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