Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2532 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/01/2017, (ud. 29/11/2016, dep.31/01/2017),  n. 2532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20298/2012 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato EBE FRANCA SCALIA GEMMA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CIRILLO;

– ricorrente –

contro

L.V., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO GOLDONI

47, presso lo studio dell’avvocato FABIO PUCCI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIACOMO CARINI;

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATANASIO

KRCHER 7, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PROCACCINI;

F.E., E.A., S.G., C.A.,

CO. O CU.AU., c.g. erede di

c.c., G.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ATANASIO KIRCHER 7, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA,

rappresentati e difesi dall’avvocato ERNESTO PROCACCINI;

D.M.R., D.M.A. nella qualità di eredi di

D.M.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATANASIO

KIRCHER 7, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA,

rappresentati e difesi dall’avvocato A.C.;

R.A., nella qualità di erede di M.V. vedova

D.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LOMBARDIA 23, presso lo

studio dell’avvocato ANTONIO JACOPO MANCA GRAZIADEI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONIO MARIA DI LEVA;

D.L.I., nella qualità di erede di M.V. vedova

D.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LOMBARDIA 23, presso lo

studio dell’avvocato ANTONIO JACOPO MANCA GRAZIADEI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONIO MARIA DI LEVA;

– controricorrenti –

e contro

GR.VI. DECEDUTO E PER ESSO EREDI, M.V. DECEDUTA

E PER ESSI EREDI, c.c. DECEDUTA E PER ESSA EREDI,

D.M.C. DECEDUTO E PER ESSO EREDI, D.C.G.,

D.C.F., D.C.P., c.m.,

D.F.C., MA.VI., RA.AM., D.L.L.,

g.m., D.L.A., DE.LU.AL., D.L.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2537/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato CIRILLO Antonio, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PROCACCINI Francesco, difensore dei resistenti

F. + altri, che ha chiesto l’accoglimento delle difese in atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due

motivi di ricorso e per l’assorbimento del resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A., con atto di citazione, regolarmente notificato, premettendo di avere acquistato da Ge.Id., con atto notarile la proprietà dell’appartamento, sito in (OMISSIS), con i proporzionali diritti di comproprietà sulle parti comuni comprese le aree scoperte, che il tutto era pervenuto alla venditrice in virtù di successione ereditaria di Ca.Ar., la quale aveva a sua volta acquistato dall’INPS; dopo aver acquistato l’appartamento esso istante con lettera raccomandata del 1999 chiedeva all’amministratore del condominio di conoscere i criteri per la utilizzazione delle aree scoperte che risultavano occupate da autovetture in sosta venendo a conoscenza che alcuni condomini avevano locato la predetta area a F.R., che, quindi, aveva contestato la circostanza a detti condomini i quali avevano risposto di essere i proprietari di detta area, sulla quale esso attore non poteva vantare alcun diritto, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli i predetti condomini, chiedendo che venisse dichiarato nullo o invalido ed inefficace il contratto di locazione delle aree scoperte circostanti al fabbricato perchè stipulato senza il consenso di Ge.Id., comproprietaria del bene comune e di esso istante, e venisse condannato il conduttore F.R. a rilasciare tale area oltre al risarcimento del danno per l’uso del bene comune, che venisse reso il rendiconto della gestione e i convenuti venissero condannati, comunque, al risarcimento danni per l’illecita disposizione del bene.

Ad eccezione di D.C.G., D.C.F. e D.C.P., si costituivano tutti gli altri convenuti (condomini), chiedendo il rigetto della domanda attorea.

Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 7454 del 2004 rigettava la domanda dell’attore e lo condannava al pagamento delle spese del giudizio.

Tale sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 2537 del 2011, l’appellante veniva condannato al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio. Secondo la Corte di Napoli, l’attore, il quale per altro pretendeva il risarcimento dei danni per l’uso della cosa, di cui si afferma comproprietario, non avrebbe dato la dimostrazione del diritto di cui assume di essere il titolare

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da A.A. con ricorso affidato a cinque motivi. F.E., S.G., Cu.Au., G.A., E.A., C.A., c.g. hanno resistito con controricorso. Hanno resistito con separato controricorso anche D.M.A., D.M.R. e con altro controricorso F.R. e con ulteriore controricorso R.A.. Gli altri intimati condomini in questa fase non hanno svolto attività giudiziale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare va rigettata: a) l’eccezione avanzata da R.A. circa il difetto di legittimazione passiva e di totale estraneità ai fatti di causa per mancanza di specificità, posto che la ricorrente non indica le ragioni per le quali la stessa sarebbe totalmente estranea ai fatti di causa. b) l’eccezione avanzata da D.L.I. di improcedibilità e di inammissibilità del ricorso per cassazione, atteso l’analogo vizio dell’atto introduttivo del giudizio di appello, per essere stato notificato al procuratore costituito di M.V. sei mesi dopo la sua morte. Infatti, come insegnano le SSUU di questa Corte (Sent. n. 15295 del 04/07/2014): “in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300 c.p.c., comma 4.

1.- Con il primo motivo A.A. lamenta la violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 e conseguente nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Il ricorrente ritiene che la Corte avrebbe dovuto rimettere la causa al Primo Giudice e dichiarare la nullità della sentenza impugnata per l’insufficienza e parzialità del contraddittorio, che avrebbe dovuto essere esteso a tutti i condomini e anche all’Amministratore, perchè A.A. l’aveva chiesto previo, accertamento della natura condominiale dell’area annessa al fabbricato di (OMISSIS) e, in ragione dell’eccezione riconvenzionale proposta dai convenuti costituiti.

1.1. – Il motivo è infondato.

Come in segnano le SSUU di questa Corte (sent. n. 25454 del 13/11/2013) in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprietà degli altri soggetti.

Nel caso in esame, la domanda di A.A. era diretta far dichiarare la nullità del contratto di locazione e in modo indiretto ad accertare la natura condominiale dell’area circostante il fabbricato di cui si dice, i convenuti, a sua volta, non svolgevano alcuna domanda riconvenzionale di accertamento della proprietà, ma si limitavano a difendersi, eccependo di essere proprietari in forza ed in ragione dei loro titoli di acquisto.

2.- Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 n. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, ante riforma in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale nel ritenere che l’area scoperta destinata a verde non risultava nell’elencazione dei beni comuni e/o di uso comune di cui all’art. 1117 c.c., non avrebbe tenuto conto che per costante giurisprudenza nell’espressione “cortile” di cui dell’art. 1117 c.c., comma 1, sarebbero ricompresi gli spazi liberi esterni al fabbricato e tra essi le aree scoperte annesse destinate a verde.

2.1. – Il motivo è fondato.

Va qui premesso che il cortile, tecnicamente, è l’area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti. Ma avuto riguardo all’ampia portata della parola e, soprattutto alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell’edificio – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – che, sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 c.c., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione (Cass. n. 7889 del 09/06/2000). La comunione condominiale dei beni di cui all’art. 1117 c.c., è presunta e, tale presunzione legale può essere superata dalla prova di un titolo contrario, che si identifica nella dimostrazione della proprietà esclusiva del bene in capo ad un soggetto diverso.

Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale avrebbe dovuto accertare, e non sembra lo abbia fatto, l’eventuale sussistenza di un titolo contrario che escludesse la natura condominiale del bene di cui si dice e/o attributiva della proprietà dello stesso bene ad uno a più soggetti.

3.- L’accoglimento del secondo motivo assorbe il terzo ed il quarto motivo con i quali il ricorrente lamenta:

a) l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la controversa natura condominiale della detta area scoperta, affermata, anche, contrattualmente, decisiva per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ante riforma in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo il ricorrente, la Corte di merito avrebbe omesso di rilevare e, quindi, di motivare che la natura condominiale dell’area circostante il fabbricato (OMISSIS) era stata contrattualmente affermata a favore della generalità degli acquirenti condomini in modo non dissimile delle altre aree annesse ad ulteriori fabbricati del complesso edilizio.

b) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 2644 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale nell’escludere la natura condominiale delle aree di cui si dice non avrebbe tenuto conto che l’INPS, anche contrattualmente ed in ognuna delle occasioni documentali, avrebbe esplicitato la natura condominale dell’area contornante il fabbricato (OMISSIS), sottolineando che le aree scoperte destinate a giardini risultavano annesse ai fabbricati, e, per di più, con attitudine e concreta destinazione al godimento comune.

c) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., comma 1, art. 1103 c.c., comma 1, artt. 1150 e 1108 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la controversia legittimazione del condomino pretermesso ad opporsi alla locazione di un bene comune, negoziata a favore di terzi e contro il diritto a goderne direttamente anche in ragione della divisibilità dell’area e del godimento. Circostanza decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale nel ritenere l’inammissibilità della domanda diretta a far valere la nullità del contratto di locazione non solo perchè A. non aveva dimostrato di essere comproprietario dell’area di cui si dice ma anche perchè avrebbe dovuto, eventualmente, far valere la invalidità della delibera condominiale con cui il bene comune era stato sottratto all’uso diretto del condomino comproprietario, non avrebbe tenuto conto che nel caso in esame era stata dedotta la nullità radicale dell’iniziativa dei locatori non solo perchè adottata senza il suo assenso ma perchè difettavano le condizioni per locare la cosa comune e ciò sotto il duplice profilo della possibilità del godimento diretto, per tutti i partecipi al condominio e della possibilità del separato godimento dell’area anche per la sosta di autovetture.

In definitiva, va accolto il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo e dichiarati assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo de ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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