Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25319 del 11/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2018, (ud. 03/05/2018, dep. 11/10/2018), n.25319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12448/2017 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO

REGOLO n. 19, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LIPERA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI n. 4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FIORETTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO BARILI;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA – COMANDO GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI,

in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELL’INTERNO in

persona del ministro pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

e contro

GENERALI S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO n.

28, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1381/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/05/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 9 aprile 2009, D.R., vedova di G.A., conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Viterbo B.C., unitamente al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, al Ministero della Difesa e al Ministero dell’Interno al fine di ottenere la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni subiti per la morte del marito il quale, dopo avere partecipato ad una rapina a mano armata presso l’ufficio postale di (OMISSIS), mentre era inseguito dalla pattuglia dei Carabinieri, veniva raggiunto mortalmente da un proiettile asseritamente partito dalla mitraglia in dotazione a B.C.. Per i medesimi fatti B. era stato dapprima condannato in sede di giudizio abbreviato dal GUP di Viterbo con sentenza n. 609 del 2002, successivamente assolto in sede di appello, con sentenza n. 7067 del 2004 della Corte d’Appello di Roma. Nel giudizio civile si costituiva B.C. eccependo la preclusione dell’azione civile sensi dell’art. 652 c.p.p.e, nel merito, l’assenza di colpa nella condotta, chiamando comunque in causa l’assicuratore, Generali S.p.A;

il Tribunale di Viterbo con sentenza del 28 marzo 2012 rigettava la domanda dell’attrice poichè il giudice penale aveva riconosciuto l’uso legittimo delle armi durante il servizio e che non vi erano i presupposti di un comportamento colposo riguardo all’utilizzo delle stesse;

avverso tale decisione la D. proponeva appello con atto notificato il 17 maggio 2012. Si costituiva B. rilevando l’inammissibilità del gravame e comunque ritenendo infondate le doglianze;

la Corte d’Appello di Roma con sentenza del 2 marzo 2017 con doppia e autonoma motivazione dichiarava inammissibile ai sensi art. 342 c.p.c. l’appello e, comunque, ne rilevava la infondatezza. Sotto il primo profilo evidenziava che l’atto di impugnazione avrebbe dovuto presentare una parte argomentativa di contrasto delle ragioni addotte dal primo giudice e cioè la esposizione delle ragioni sulle quali si fonda il gravame. Sotto altro profilo la censura risultava non specifica, non contrastando l’argomentazione del Tribunale secondo cui la Corte d’Appello penale di Roma aveva assolto il militare affermando l’uso legittimo delle armi e la mancanza di colpa nella condotta. Profili non censurati in appello. Quanto al secondo aspetto, l’acquisizione del fascicolo penale avrebbe dovuto essere richiesto dalla parte e, in difetto di ciò, doveva prendersi atto dell’assenza di responsabilità di B.;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione D.R. affidandosi a due motivi. Resistono in giudizio con controricorso B.C., il Ministero della Difesa e Generali Italia S.p.A. La ricorrente deposita memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato inammissibile l’atto di appello per mancanza di specificità dei motivi di impugnazione, nonostante gli stessi fossero puntuali e specifici. Infatti, parte attrice aveva chiarito che l’acquisizione del fascicolo del Pubblico Ministero avrebbe consentito di valutare elementi rilevanti e sotto tale profilo, con l’atto di appello, era stata evidenziata una carenza di motivazione da parte del Tribunale. Sarebbe stato rilevante analizzare le dichiarazioni rese da B. nel processo penale. Con l’atto di appello era stato evidenziato il fatto che il Tribunale si era appiattito sulle decisioni del giudice penale, senza procedere ad un autonomo accertamento dei fatti;

con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di artt. 118,210 e 213 c.p.c., per non avere disposto d’ufficio l’acquisizione del fascicolo del Pubblico Ministero, sebbene parte attrice non potesse produrre tale documentazione. Appare censurabile la decisione della Corte territoriale secondo cui l’acquisizione del fascicolo del processo penale non poteva avvenire d’ufficio, ma costituiva onere dell’appellante. Al contrario, parte attrice non avrebbe potuto produrre i documenti del processo penale poichè la stessa non era costituita parte civile;

il primo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè la deduzione non consente di apprezzare quali specifici motivi di impugnazione siano stati obliterati dalla Corte territoriale. La ricorrente avrebbe dovuto allegare o trascrivere il testo dei motivi di appello e i relativi passaggi della sentenza del Tribunale (Cass. 7 aprile 2017, n. 9122);

la ricorrente non precisa neppure ai sensi di quale disposizione la Corte d’Appello penale ha assolto il B. e, quindi, quale tra le ipotesi dell’art. 652 c.p.c., penale trova applicazione e se il giudice penale ha statuito che l’imputato ha compiuto il fatto nell’adempimento di un dovere;

il secondo motivo è inammissibile per carenza ci interesse (Cass. S.U. 20 febbraio 2007, n. 3840, rel. Morelli), e comunque se fosse stato esaminabile perchè non si confronta con la motivazione della Corte territoriale. Ricorre, altresì, violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, rispetto alla tesi della mancata costituzione di parte civile. Infine, parte ricorrente censura un potere discrezionale del giudice civile, non sindacabile in cassazione (Cass. n. 22196 del 29 ottobre 2010). Infatti, il provvedimento di cui all’art. 210 c.p.c., è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, la cui mancata adozione non può formare oggetto di ricorso per cassazione. Sotto altro profilo opera l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’esibizione dei documenti non può essere disposta per supplire ad una inerzia della parte;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore di ciascuno dei controricorrenti, liquidandole in Euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2018

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