Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25312 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. I, 11/11/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 11/11/2020), n.25312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 34466/2018 proposto da:

S.S., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Trucco, (Pec:

lorenzotrucco.pec.ordineavvocatitorino.it) giusta procura speciale

in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 639/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2020 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’avv. Lorenzo Trucco per il ricorrente, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso;

udito l’avvocato generale dello Stato Ilia Masserelli, che ha

concluso per il rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte d’appello di Torino del 9-4-2018, la quale ha respinto l’impugnazione contro la pronuncia di primo grado a sua volta reiettiva della domanda di protezione internazionale.

Il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

La causa è stata rimessa in pubblica udienza in relazione alla prima censura, afferente alla mancata audizione del richiedente in sede giurisdizionale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – Il ricorso è affidato a tre motivi.

Col primo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7, 8, 11 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non avere la corte d’appello disposto l’audizione dell’odierno ricorrente e per non aver concesso a quest’ultimo la protezione sussidiaria, pur in presenza dei relativi presupposti.

Col secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non avere la corte di merito concesso la protezione sussidiaria, pur essendo il ricorrente un omosessuale ed essendo tale situazione a rischio di danno grave in Gambia.

Col terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19 del T.U. Imm. (D.Lgs. n. 286 del 1998), nonchè dell’art. 10 Cost., per avere il giudice di merito ritenuto non idoneo a fondare il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari l’avere il ricorrente subito terribili esperienze, essere di giovane età all’epoca dei fatti e vissuto una situazione negativa durante il soggiorno in Libia, e senza che nel suo paese siano garantite le libertà democratiche.

II. – Il primo motivo è infondato.

Si sostiene che la corte d’appello avrebbe dovuto disporre l’audizione del richiedente ai fini della valutazione della sua credibilità, e si eccepisce che il richiedente non era stato sentito neppure dinanzi al tribunale.

Al riguardo va data continuità all’orientamento formatosi sul testo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, per cui il giudice che sia investito del ricorso contro il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale può esimersi dall’audizione del richiedente se a quest’ultimo, nella fase amministrativa, sia stata data la facoltà di essere sentito e il verbale del colloquio, ove avvenuto, sia stato reso disponibile (Cass. n. 15318-20). Difatti nel giudizio d’impugnazione innanzi all’autorità giudiziaria, ove sia mancata la videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla commissione territoriale, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia stata garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni o davanti alla commissione territoriale o, se necessario, innanzi al tribunale (Cass. n. 2917-19, Cass. n. 5973-19, Cass. n. 108820).

Ciò è quanto, in base alla sentenza, si evince esser avvenuto nel caso di specie.

III. – Occorre precisare che la ripetuta interpretazione è conforme agli artt. 12, 14, 31 e 46 della direttiva 2013/32-UE, secondo l’interpretazione che ne ha dato la Corte di giustizia con la sentenza 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko, e che i suddetti principi assumono rilevanza anche nel procedimento in grado di appello nelle controversie, come quella in esame, soggette al D.Lgs. n. 150 del 2011. Nel senso che anche in tal caso non è ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poichè l’audizione comunque non si traduce in un incombente automatico neppure dinanzi all’affermata non credibilità del racconto.

Vi è semmai il diritto della parte di richiedere l’audizione personale a fronte di specifiche circostanze di fatto che si intendano chiarire. Diritto cui si collega tuttavia il potere officioso del giudice di valutare la rilevanza di quelle circostanze nel complesso degli elementi acquisiti, ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dagli atti e di quelli emersi attraverso l’audizione svoltasi nella fase amministrativa (v. Cass. n. 893120, per quanto correlata a fattispecie soggetta del D.Lgs. n. 25 del 2008, previgente art. 35).

IV. – Contigua a codesti principi appare anche la recente affermazione della sentenza di questa sezione n. 21584 del 2020.

In quel caso è stato all’esito di ampia motivazione fissato il principio per cui: “Nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile”.

Sennonchè affermare l’inesistenza dell’obbligo di audizione a meno che nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi, ovvero il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti, ovvero ancora l’istanza sia corredata da precise indicazioni sui singoli aspetti da chiarire, e “sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile”, equivale a costruire l’audizione pur sempre come oggetto di una facoltà, non di un obbligo; sebbene di una facoltà che, laddove esercitata in un senso o nell’altro, presupponga (come ovvio) l’esplicitazione dei motivi della afferente decisione.

Cosicchè anche in base al citato precedente l’istanza di audizione non può essere dal ricorrente considerata come finalizzata all’esercizio di un diritto potestativo, come sarebbe se al fondo di essa fosse riscontrabile un incombente processuale automatico, necessariamente insito nella fissazione dell’udienza e tale da impedire al giudice di rigettare altrimenti la domanda. Questo rafforza l’orientamento dominante di questa Corte, inaugurato da Cass. n. 17717-18.

V. – Ben vero nel solco di quanto affermato dalla citata Cass. n. 21584-20 vi è semmai da aggiungere che il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; nel senso che il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza.

Tale onere nella specie non risulta adempiuto.

VI. – Il secondo motivo è inammissibile, poichè la corte d’appello ha pregiudizialmente e motivatamente escluso l’affidabilità delle dichiarazioni del richiedente in ordine alla propria condizione di soggetto omossessuale, con ciò negando in punto di fatto – il presupposto stesso della domanda di protezione.

VII. – Il terzo motivo è inammissibile poichè postula una critica di merito.

La corte d’appello ha difatti considerato irrilevante la situazione dedotta in rapporto al transito e alla successiva permanenza in Libia, rettamente reputando che anch’essa dovesse venire in esame nella valutazione comparativa richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4455-19 e Cass. Sez. U. n. 29549-19).

Nel censurare la decisione il ricorso soddisfa il fine di specificità, non essendo puntualizzato neppure quanto lunga sia stata la permanenza nel paese di transito e quali conseguenze personali, eventualmente determinative dell’insorgere di uno stato soggettivo di vulnerabilità, si siano determinate per effetto di tale permanenza.

VIII. – In conclusione il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 2.100,00 Euro oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

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