Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2531 del 05/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2531 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 16732-2011 proposto da:
GIANGIACOMO

GIUSEPPE

GNGGPP54E29H501G,

elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE
TRIONFALE 1, presso lo studio dell’avvocato GIANGIACOMO
CLAUDIO, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;

– ricorrente –

Contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

Data pubblicazione: 05/02/2014

avverso la sentenza n. 255/14/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 27/04/2010, depositata
il 04/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

udito l’Avvocato Giangiacomo Claudio difensore del ricorrente che si
riporta agli scritti.
l

Ric. 2011 n. 16732 sez. MT – ud. 23-01-2014
-2-

CARACCIOLO;

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Roma ha accolto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.226/53/2008 della CTP di Roma che aveva accolto il ricorso di
Giangiacomo Giuseppe- ed ha così confermato le cartelle di pagamento per IRAP
relativa agli anni d’imposta 2002-2003 per le somme iscritte a ruolo a seguito di
controllo automatizzato della dichiarazione ex art.36-bis del DPR n.600 del 1973, in
conseguenza di omesso versamento e per quanto risultasse compilato in dichiarazione
il quadro relativo all’anzidetta imposta.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo (per quanto qui ancora interessa)
che la eventuale omessa previa comunicazione (cui comunque era stata inviata,
secondo le allegazioni dell’Agenzia) al contribuente —come previsto dal comma 5
dell’art.6 della legge n.212 del 2000- non costituisce ragione di nullità della cartella
esattoriale e ritenendo che compete comunque al contribuente fornire la prova
dell’assenza di autonoma organizzazione ai fini di godere della non imponibilità ed
ottenere il rimborso dell’IRAP asseritamente dovuta.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore – può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione art.6 della
legge 27.7.2000 n.212) la ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello non
abbia condizionato l’esito del controllo automatizzato sulla dichiarazione ad una
previa comunicazione al contribuente, il quale —diversamente da quanto
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letti gli atti depositati

apoditticamente affermato nella motivazione della sentenza- non aveva mai ricevuto
l’avviso in questione.
La doglianza appare manifestamente infondata, alla luce della pregressa
giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 17396 del 23/07/2010) secondo la
quale:”L’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt.36-

comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 (in materia di IVA) non è condizionata dalla
preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il
controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori essendovi, solo in tale ipotesi di
irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la
liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi”.
Nella specie di causa, è pacifico che il contribuente avesse provveduto a dichiarare il
tributo astrattamente dovuto, nel mentre non ha alcun incidenza ai fini del decidere il
rilievo del giudice del merito (fatto ad abundantiam e privo di effetto ai fini dell’esito
della lite) circa l’effettiva ricezione dell’avviso.
Con il secondo motivo di ricorso (improntato alla violazione dell’art.2697 cod civ) il
ricorrente si duole del fatto che il giudice dell’appello —in controversia concernente
non già il rimorso dell’imposta versata ma l’adempimento dell’obbligo postulato
dall’A.F.- abbia addossato alla parte contribuente l’onere di dimostrare la sussistenza
dei requisiti ai fini dell’esenzione dall’imposta e non invece all’Agenzia (che dispone
di tutti i dati relativi all’attività del ricorrente) l’onere di dimostrare l’esistenza dei
presupposti ai fini dell’applicabilità dell’imposta.
Il motivo appare manifestamente infondato.
Ed invero —prescindendo dall’equivoco (correggibile da questa Corte) nel quale è
caduto il giudice del merito, il quale ha (nell’argomentare in diritto le ragioni della
reiezione dell’appello) ragionato come se la domanda fosse volta ad ottenere il
rimborso della somma già pagata- è la stessa parte ricorrente a riconoscere di avere
dichiarato la propria astratta soggezione al tributo a mezzo della compilazione del
correlato quadro della dichiarazione dei redditi ed ulteriormente in questa sede,

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bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di tributi diretti) e 54-bis,

riconoscendo di avere espletato attività libero-professionale, perciò astrattamente
soggetta ad IRAP, in presenza degli ulteriori requisiti di legge. In tal modo esponendo
i fatti di causa, la parte ricorrente ha esonerato l’A.F. dall’onere di offrire in giudizio
la prova delle circostanze di cui la stessa è astrattamente gravata, sicchè altro non
resta che concludere che grava sulla parte contribuente (anche per ragioni di

propria attività di lavoro autonomo, ai fini del conseguente accertamento della
sussistenza o meno del requisito dell’autonoma organizzazione.
Le conclusioni a cui è giunto il giudice del merito, perciò, sia pure sulla scorta di un
sillogismo erroneo nella premessa maggiore, sono da qualificarsi corrette in punto di
applicazione dei principi di diritto.
Con il terzo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art.7 della legge
n.212/2000 e dell’at.24 Cost) la parte ricorrente si duole del fatto che la cartella
notificatagli fosse priva di una pur minima motivazione, pur essendo principio
ribadito da questa Corte quello secondo cui, se la cartella costituisce il primo ed unico
atto con cui l’ente impositore esercita la propria pretesa, questa deve contenere tutti
gli elementi utili a consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla
correttezza dell’imposizione.
Il motivo appare inammissibilmente formulato, alla luce della giurisprudenza di
questo giudice di legittimità secondo cui, in base al principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, sancito dall’art.366 cpc, qualora il ricorrente censuri la
sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del
giudizio espresso in ordine alla motivazione di un provvedimento impositivo -il quale
non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei
presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce
imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso- è necessario, a pena di
inammissibilità, che il ricorso riporti (cosa che nella specie non è accaduta)
testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente
interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di

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prossimità con le fonti di prova) ricostruire le modalità dello svolgimento della

cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso
medesimo (v. Cass. n. 15867 del 2004).
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza ed inammissibilità.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2014
Il Presidente

Roma, 30 ottobre 2012.

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