Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25307 del 11/11/2020
Cassazione civile sez. I, 11/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 11/11/2020), n.25307
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10957/2019 proposto da:
E.M., elettivamente domiciliato in Brescia (BS), via Moretto
n. 70, presso lo studio dell’avv. Luca Zuppelli, che lo rappresenta
e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il
06/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1.- E.M., proveniente dal (OMISSIS), ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Brescia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e della protezione umanitaria.
Con provvedimento emesso in data 6 marzo 2019, il Tribunale ha rigettato il ricorso.
2.- Il giudice del merito ha rilevato, in particolare, che il racconto effettuato dal richiedente circa le ragioni del suo espatrio, risultava contraddittorio e inverosimile: il ricorrente sarebbe fuggito per le minacce subite dopo aver denunciato il figlio del Presidente dell’Unione, colpevole di aver molestato la sorella “tirandole le mani, levandole il velo o la sciarpa”. Anche in caso di veridicità del racconto – ha aggiunto il Tribunale “non sussisterebbero nel caso in esame i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione internazionale in ragione dell’assenza di seri e gravi pericoli in caso di rimpatrio”. Con riguardo al tema della protezione sussidiaria, il Tribunale ha rilevato pure che, secondo quanto riferito dai report COI, il Bangladesh non risulta presentare, nell’attuale, indici specifici e peculiari di pericolosità. Il quadro complessivo di questa Regione – ha annotato il decreto – non segnala alcuna “rilevante e stabile perdita di controllo da parte delle autorità governative”.
Quanto poi alla protezione umanitaria, il giudice ha rilevato che non risultano riscontrabili specifiche situazioni soggettive che legittimino il riconoscimento di siffatta concessione.
3.- Avverso questo provvedimento E.M. ha presentato ricorso, affidato a tre motivi di ricorso.
Il Ministero non ha svolto difese nell’ambito del presente grado di giudizio.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- I motivi di ricorso presentanti dal ricorrente censurano il decreto del Tribunale: (i) col primo motivo, per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nonchè violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e dell’art. 5, comma 6 T.U.I., per non avere il Tribunale di Brescia preso atto della documentazione prodotta e per non avere attivato i poteri officiosi necessari ad una adeguata conoscenza della situazione del paese di provenienza del ricorrente; (ii) col secondo motivo, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su questioni controverse e decisive ai fini del giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5; (iii) col terzo motivo, per illegittimità del D.L. n. 13 del 2017, per violazione del requisito di straordinaria necessità e urgenza; nonchè violazione dell’art. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15.
5.- Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo si risolve in un’affermazione di tratto meramente generico e non si confronta con i contenuti della decisione del giudice bresciano: che si è basata sulla valutazione di non credibilità del racconto del richiedente. Non diverso è da ripetere per il secondo motivo, posto che il giudice del merito ha correttamente motivato il decreto, rilevando che, nel caso di specie, il ricorrente “anche all’esito dell’audizione disposta dal Tribunale, non chiariva gli aspetti rimasti oscuri all’esito del colloquio con la Commissione. Le dichiarazioni rese, infatti, appaiono contraddittorie e inverosimili e, pertanto, impongono di rigettare la domanda di protezione invocata con riferimento alla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria”. Inoltre, il Tribunale ha aggiunto che “l’uomo, richiesto dal Collegio di fornire maggiori dettagli (in merito alle presunte molestie recate alla sorella) rivelava trattarsi di comportamenti estremamente modesti, rendendo di fatto inverosimile che si fosse recato dalla polizia per denunciare simili comportamenti. A ciò deve aggiungersi che nonostante la denunci fosse stata fatta congiuntamente dal richiedente e dai suoi fratelli, questi vivono tutt’ora in Bangladesh e risultano al sicuro”.
Il terzo motivo di ricorso, come i precedenti, risulta del tutto inammissibile, atteso che il provvedimento del giudice del merito è nullo solo qualora lo stesso fissi l’udienza di comparizione senza procedere all’audizione e in assenza di videoregistrazione (cfr. Cass., 24 luglio 2020, n. 15954; Cass., 17 aprile 2019, n. 10786).
6.- Non ha luogo provvedere alla liquidazione delle spese del presente procedimento, stante la costituzione tardiva del Ministero.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020